Sandro Polsinelli: di fronte al nuovo sono ancora curioso come da ragazzo
Il Presidente della Commisione medica federale che è stato recentemente promosso al rango di membro della Commissione medica dell’Issf spiega la sua visione del presente e del futuro nell’ambito del tiro con la lente dell’uomo di scienza
(di Massimiliano Naldoni)
Sandro Polsinelli, che il mondo tiravolistico italiano conosce quale Direttore tecnico di successo della Nazionale di Fossa Universale ma anche come stimato Presidente della Commissione medica federale, non esita a definirisi molto lusingato per la recente nomina a membro del Medical Committee dell’Issf e non nasconde di aver provato una vivida emozione quando ha appreso del conferimento dell’incarico.
“Sebbene eserciti da molto tempo, – precisa il medico di Sora – non sono ancora stanco della mia professione: mi sento ancora giovane e pronto a emozionarmi di nuovo per un incarico prestigioso come questo. Quello che mi è stato assegnato nell’ambito della Commissione medica dell’International Shooting Sport Federation è un ruolo che mi gratifica molto e quindi ringrazio innanzitutto Luciano Rossi in qualità di Presidente e nel suo insieme la Federazione italiana per aver formulato il mio nome. L’ingresso in una Commissione internazionale, e nello specifico in un organismo di una Federazione internazionale dell’ambito olimpico, è un incarico di grande responsabilità che mi permetterà di occuparmi di tutte le questioni legate al doping ma anche alla salute e al benessere delle atlete e degli atleti del tiro.”
Dottor Polsinelli, ha già avuto l’opportunità di conoscere i suoi colleghi del Medical Committee e come prevede che sarà impostato il lavoro di quel consesso?
“Tra i miei nuovi colleghi conosco James Galea che è un medico di Malta che ho avuto modo di incontrare sui campi di tiro. Il curriculum che contraddistingue tutti i componenti descrive comunque questa Commissione come altamente qualificata: a partire dal Presidente James Lally per arrivare a tutti gli altri membri. Per me si tratta davvero di un grande traguardo, non esito a ribadirlo, perché si andrà ad operare in un consesso di esperti che si muovono in ambito olimpico: il confronto con questi colleghi rappresenterà un aspetto importante sia per la mia crescita professionale che per quella sportiva. Andrò a confrontare le nostre realtà con quelle degli altri paesi. Peraltro ogni nazione ha le sue direttive in ambito medico-scientifco per lo sport, anche se naturalmente le linee fondamentali sono comuni e condivise, quindi il lavoro collegiale sarà entusiasmante e molto proficuo.”
In questi ultimi anni in ambito medico è stato compiuto un lavoro molto importante anche a livello nazionale e forse non sempre sufficientemente noto ai non addetti ai lavori.
“Innanzitutto anche a livello nazionale ho certamente dei ringraziamenti da fare. È estremamente gratificante lavorare con il professor Antonio Spataro che, in qualità di Medico federale, ha un’esperienza consolidata ed è stato altrettanto proficuo lavorare a fianco del dottor Francesco Fazi che è stato il presidente della Commissione medica federale di cui sono stato membro. In questi due anni da quando a mia volta ho assunto la presidenza della Commissione, che peraltro è un incarico a titolo gratuito come del resto quello per il Medical Committee dell’Issf, abbiamo provveduto a redigere un nuovo regolamento sanitario nel quale abbiamo introdotto novità importanti. Ad esempio abbiamo applicato delle differenziazioni che sono state molto apprezzate dai tesserati. Va detto che al mio arrivo al vertice della Commissione medica Fitav ci siamo trovati subito a dover affrontare problemi spinosi. Come è noto, in precedenza la presentazione del certificato medico sportivo rappresentava un obbligo praticamente per tutte le atlete e per tutti gli atleti e invece abbiamo circoscritto questo documento soltanto a coloro che sono inclusi tra gli atleti e le atlete di interesse nazionale. Per fare un esempio molto indicativo, possiamo dire che in precedenza qualunque atleta della qualifica Ladies era obbligata a presentare il certificato medico sportivo perché nei fatti qualunque atleta del comparto femminile era considerata di interesse nazionale. Questo però avveniva con il dettaglio non trascurabile che talvolta si trattava di dirigenti societarie che in realtà effettuavano un’attività di pedana veramente molto saltuaria. Si verificava pertanto una contraddizione di fatto: si chiedeva un documento molto specifico a molte persone che svolgevano un’attività generica e spesso episodica. Oggi invece devono presentare il certificato medico sportivo soltanto gli atleti e le atlete che appartengono alla Prima categoria e all’Eccellenza, tutti gli Juniores e tutti i tiratori di interesse nazionale che sono inclusi nell’elenco che viene redatto dalla Federazione all’inizio dell’anno. Non sono tenuti invece a presentare il certificato medico sportivo tutti gli altri tesserati praticanti che non sono inclusi in questi gruppi: il tiratore di Terza categoria che fa attività soltanto domenicale, tanto per fare un altro esempio facile, dovrà presentare soltanto quel documento che una volta si definiva certificato di sana e robusta costituzione che può essere rilasciato dal medico di famiglia o da un pediatra del Servizio Sanitario Nazionale oppure da un medico iscritto alla Federazione medico sportiva. Il certificato medico sportivo viene invece rilasciato soltanto da un medico specialista di medicina dello sport. Peraltro quel documento deve essere corredato da altri certificati: nel caso del nostro sport, ad esempio, a quel documento si affianca il certificato dell’otorino e altre analisi. Non si è trattato soltanto di evitare di imporre una spesa ragguardevole al tesserato non agonista per il rilascio del documento, ma è piuttosto una trasformazione concettuale che consiste in questo: l’attività agonistica presuppone una certificazione medica distinta e più specialistica rispetto alla pratica sportiva amatoriale.”
Sul versante doping come si sta muovendo la Commissione medica della Fitav?
“La questione doping è certamente qualcosa di trasversale e c’è senz’altro la necessità da parte della Commissione medica di trasmettere a tutti lo stesso tipo di informazione. Il doping è aspetto che interessa nello stesso modo tutti i praticanti: per fare un esempio semplice, un qualsiasi diuretico assunto come ipertensivo è doping perché aumenta la velocità di eliminazione delle eventuali altre sostanze dopanti. Peraltro, in caso di controllo antidoping e di positività al controllo stesso, qualsiasi atleta è responsabile in prima persona: ne consegue che l’informazione su questo tema è assolutamente fondamentale.”
Dottor Polsinelli, grazie alla sua opera in questi anni è aumentata la sensibilità al problema del doping anche in una disciplina non olimpica come la Fossa Universale?
“La Fossa Universale, paradossalmente, pur non essendo disciplina olimpica, è tra le pratiche tiravolistiche più esposte al doping e spiegherò il motivo: in questa specialità da Direttore tecnico lavoro con i giovani fino a 20 anni, con i Men che anagraficamente arrivano ai 55 anni, con i Senior che vanno dai 56 ai 66 anni, con i Veterani che vanno dai 67 anni di età ai 73 e con i Master che hanno più di 73 anni. La statistica sulla popolazione italiana ci dice che una larga fetta di persone fa uso di farmaci e certamente nell’ampia platea che ho menzionato ci sono atleti, in particolar modo nelle fasce anagrafiche più alte, che hanno fatto e fanno uso di betabloccanti. Mi è accaduto di convocare per trasferte della Nazionale alcuni atleti in quella situazione e in quel caso ho dovuto contattare prontamente il cardiologo dell’interessato per trovare una soluzione alternativa. Mi è capitato poi tempo dopo di andare ad esaminare il rendimento agonistico di questi atleti sia in presenza del farmaco consueto che con un farmaco sostitutivo ed è risultato che il rendimento era analogo a riprova del fatto che il doping nel nostro sport è qualcosa di attinente più alla sfera psicologica che a quella clinica. Per quel motivo sono contrario anche alla somministrazione di un semplice integratore ad un giovane, se non necessario o richiesto da situazioni particolari e specifiche, perché è un modo per abituare ad associare il risultato all’assunzione di quel determinato alimento o prodotto. Ma per non perdere il filo del discorso, ecco che torno a ribadire l’importanza di una corretta informazione su questa materia. Perché è evidente che determinati farmaci sono assunti per chiari motivi sanitari, ma spesso si trascura il fatto che l’assunzione di taluni farmaci va in collisione con le norme antidoping che sono comprensibilmente molto severe e prefigurano gravi conseguenze per la persona in termini di giustizia sportiva.”
Per dirla con il Maurizio Costanzo di una volta: cosa c’è dietro l’angolo per Sandro Polsinelli?
“Io ho 65 anni di età, ma quando si tratta di tiro a volo e di medicina mi sento sempre un ragazzo in cerca di nuove esperienze e di nuove conoscenze, quindi ad esempio sono molto stimolato anche dal lavoro che svolgerò nella Commissione dell’Issf con il tiro a segno che è un ambito del tiro per me molto nuovo. Come in parallelo mi stimola tantissimo il lavoro che sto svolgendo già da tempo con la Commissione tecnica della Fitasc che mi permette di avere scambi di pareri con persone di ogni parte del mondo. Nell’arco della mia vita il connubio tra il camice del medico e il fucile del tiravolista è stato motivo di crescita professionale, culturale, umana e caratteriale e quindi torno a ringraziare il tiro a volo e in generale il mondo del tiro per queste opportunità che mi sono state offerte. Per sintetizzare la mia situazione con un’immagine spiritosa, potrei dire che in pedana, da tiratore, mi inquadrano in una qualifica che non mi appartiene. Mi descrivono infatti come Senior, ma garantisco che io mi sento assolutamente uno Junior!”