Parlano le Stelle dello Skeet
La campionessa del mondo individuale Diana Bacosi e gli iridati a squadre Gabriele Rossetti, Elia Sdruccioli e Tammaro Cassandro raccontano il loro confronto planetario di Osijek
(di Massimiliano Naldoni)
Diana, nei mesi scorsi hai più volte dichiarato di non amare l’attuale tipologia di gara che prevede il meccanismo delle semifinali e della finale: per ottenere questo brillantissimo risultato hai lavorato molto su questo tipo di gara prima del Mondiale per adeguarti appunto ai suoi ritmi, oppure sei arrivata a Osijek così preparata che avresti vinto con qualunque regolamento?
“Diciamo: un po’ tutte e due. Sono sicuramente arrivata a questo Mondiale molto preparata dopo la delusione del Campionato d’Europa in cui avevo sfiorato la conquista della carta. L’Europeo aveva effettivamente prodotto molta amarezza ma in effetti ha scatenato anche un po’ di cattiveria agonistica. Il mio obbiettivo principale e dichiarato del Mondiale era entrare in semifinale e in finale e poi conquistare la carta per Parigi. Sinceramente questa vlta non ho pensato troppo al fatto che che ero in semifinale e in che modo si stava appunto disputando quella semifinale. Diciamo piuttosto che ho concentrato la mia attenzione sul fatto che c’era un’ottima opportunità da cogliere perché si stava verificando una situazione favorevole: in corsa per la finale c’era l’inglese Amber Hill che era già in possesso della carta e c’erano due atlete degli Stati Uniti e quindi soltanto ad una sarebbe stata assegnata la carta se anche entrambe fossero arrivate ai primissimi posti. Certamente però mi ero preparata molto per la finale e soprattutto, nei giorni che hanno preceduto il Mondiale, ero entrata nella condizione mentale giusta. Poi avevo curato anche qualche aspetto che a prima vista sembra secondario: per fare un esempio, Osijek è un campo particolare perché la visibilità, specialmente per noi dello Skeet, è scarsa dal momento che c’è il bosco sullo sfondo e le condizioni variano molto con il variare della luce. Per questo motivo ho lavorato accuratamente sulla scelta delle lenti degli occhiali.”
Ma anche la fase di qualificazione, con il livello tecnico molto alto che hanno manifestato molte tue colleghe straniere, è stato probabilmente un segmento difficile?
“Innanzitutto abbiamo avuto la possibilità di provare poco l’impianto in cui avremmo poi gareggiato. Inoltre la gara di qualificazione è stata sofferta perché tutte noi abbiamo compreso che il margine di errore doveva essere molto basso. Uno zero per ogni serie era tutto quello che ci si poteva permettere, nonostante che, per le difficoltà dell’impianto, la probabilità di fare errori è sempre stata abbastanza alta per tutta la gara. Sono sempre stata consapevole che commettere più di un errore per serie avrebbe potito compromettere la gara e farmi finire fuori dalle prime otto posizioni.”
Qualche recriminazione per l’esito della gara a squadre?
“Nella gara a squadre tanto di cappello alle atlete americane che hanno sparato divinamente. Le finali a squadre sono molto simpatiche, sono avvincenti in senso televisivo e sono divertenti anche per noi che siamo in gara. Io ritengo che per la gara a squadre la formula attuale sia quella giusta: è una formula che appunto diverte il pubblico ed esalta le capacità delle atlete o degli atleti in gara. Ed è ad esempio molto bello anche il confronto diretto con un’altra squadra: diciamo che fa molto più sport rispetto a quello che era il confronto a squadre tradizionale del tiro a volo in cui si sommavano semplicemente i risultati individuali.”
Il panorama generale di Parigio 2024 per lo Skeet femminile sarà molto diversio da Rio 2016 o anche da Tokyo 2020?
“Sicuramente con il nuovo regolamento troveremo un bel po’ di volti nuovi. Basta considerare che le carte destinate all’Europa sono poche: nel corso del prossimo anno saranno in palio agli Europei, ai Mondiali e agli European Games e poi ad un Gran Premio che probabilmente sarà calendarizzato nel 2024. Quindi, da qui alle Olimpiadi, ci sono in prospettiva soltanto altre quattro possibilità e sono davvero poche per immaginare che tutte le atlete europee con un rango tecnico e agonistico da Olimpiade riescano a strappare la promozione. Per intendersi, ci saranno alcune atlete che hanno occupato ruoli di vertice nelle competizioni internazionali di questi ultimi anni che non riusciranno a qualificarsi. Ci saranno poi delle promozioni attraverso il ranking, ma al momento il regolamento non permette di capire quali e quante gare verranno considerate. Certamente, però, quantomeno quello dello Skeet femminile sarà davvero un mondo nuovo rispetto a quello che avevamo visto a Rio!”
Gabriele, il Dt Benelli ha avuto parole di eologio per te valutando la tua prova complessiva al Mondiale: condividi questa visione?
“Effettivamente so di aver sparato bene; mi sono preparato accuratamente e mi sono fatto trovare pronto facendo in realtà, nella gara individuale, soltanto tre errori. È vero che uno di quegli errori potevo risparmiarmelo, ma va detto che nell’ultima serie, in cui davvero lo zero non era permesso per entrare in semifinale, di errori non ne ho commessi. Direi che è il miglior sintomo per spiegare che in gara ci sei: che sei pronto! Nel Mixed Team, poi, ho fatto certamente un buonissimo punteggio e nella gara a squadre in pratica non ho mai sbagliato. Posso dire che in questo Mondiale ho dato tutto quello che avevo e non ho mai mollato. Sicuramente mi aspettavo un piattello in più e, superando la semifinale, mi sarei aspettato la carta e una medaglia: proprio appunto perché mi sono presentato pronto a questo appuntamento. Si vede che non doveva essere questa la gara!”
C’è un episodio singolo di questo Mondiale nel quale, se si trattasse di un film, vorresti girare di nuovo la scena?
“Considerando che tecnicamente, prima di partire, avevo acquisito una solida sicurezza, direi che non ho niente da recriminare. Nella semifinale ho rotto subito la prima doppia inversa. Vuol dire che c’ero. Nella pedana 5 poi la visibilità non era ottimale: è una considerazione che ricordo di aver fatto anche l’anno scorso nell’Europeo che allora vinsi, ma anche allora sbagliai proprio uno di quei piatttelli. Diciamo che questa volta mi sono trovato in difficoltà in quello specifico momento, su quella specifica pedana. Nelle finali attuali con due doppie ti giochi tutta la gara e se quell’episodio interviene proprio nella semifinale o nella finale a cui stai partecipando, cambia ovviamente tutto. In questo caso, ad esempio, aver fatto lo stesso punteggio degli altri non è bastato perché è intervenuto il pettorale. Eravamo tre tiratori a parimerito e infatti uno dei tre ha preso la carta. Non ho fatto peggio: ho fatto come gli altri. E se vado ad esaminare la gara individuale, quella del Mixed Team e la gara a squadre io ho fatto solo un piattello in meno di Vincent Hancock. Questo, ripeto, è sintomo che in gara ci sei!”
Elia, anche nel tuo caso il coach Benelli ha formulato giudizi positivi e ha elogiato il tuo modo di stare in gara nel tuo debutto iridato da Senior.
“Infatti anche io giudico il Mondiale in modo positivo e so di aver vissuto questo mio primo Mondiale da Senior in maniera serena. È mancato semmai quel piattello per accedere alla finale. Sappiamo, però, che non ci sono piattelli facili e non ci sono piattelli difficili, quindi non avrebbe senso proporre una distinzione di quel tipo. Forse, ripercorrendo con la mente tutta la gara, su un piattello ho prestato meno attenzione: nella terza serie su un 3 mark in doppia. Devo dire che ho fatto molta difficoltà ad approcciare il campo sotto il profilo della visibilità. A Osijek c’è uno sfondo scuro con molte piante e tonalità di colori, tutti tendenti allo scuro, che variano dal marrone al verde con quel tipico effetto ‘vedo / non vedo’. I campi sono belli, ma impegnativi, e sono campi in cui può uscire uno zero alla pedana 7 come alla 2 oppure alla 3. Era difficile soprattutto la visione sulla direttrice canna/piattello prima dello sparo. Proprio in quel momento in cui il tiratore compie il movimento prima di tirare il grilletto: ecco, proprio in quella fase, la visione risultava poco nitida. E questo aspetto congiurava con l’illuminazione generale: quindi magari andavi in pedana con una lente scura perché c’era il sole, poi andava via il sole e ti ritrovavi nel buio totale!”
Elia, che cosa è successo in occasione di quel doppio errore nella gara a squadre?
“Di certo mi ricorderò per sempre quel doppio zero! Ho visto la fumata in buca del fumogeno e lì per lì l’ho considerato no-target. Invece subito dopo mi sono visto questo piattello intero che mi veniva incontro. Ho provato a far di tutto per agguantarlo, ma quando perdi quell’attimo della partenza sei già in ritardo. Ed è un problema che naturalmente si ripercuote anche sul secondo piattello. Ho rivisto il filmato della gara e dalle immagini non sembra effettivamente un no-target. In realtà va detto che abbiamo finito la finale alle 17.30 con una visibilità già molto ridotta. D’altronde i tre errori che ho fatto sono stati dovuti proprio alla visibilità come il 4 Pull nella seconda doppia. Lo ha sbagliato prima Tammaro e poi io. Sparando il primo e non vedendo il secondo sono rimasto a testa alta. Puoi essere più o meno bravo, ma quando tu i bersagli non li vedi perché manca la visibilità, nemmeno un robot può romperli. Certamente la possibilità di provare di più i campi avrebbe aiutato. È come se un motoclicista dovesse correre un Gran premio senza poter fare i giri di qualificazione e le prove. Di certo arriverà in curva con una certa velocità e andrà fuori strada perché non avrà avuto appunto la possibilità di valutare quale velocità adottare in quel segmento di pista. La prima confidenza che prendi con il campo è proprio in allenamento ed è lì che prendi sicurezza. Capisci dove mettere le canne che specialmente per noi dello Skeet è fondamentale. Ad esempio nelle prime due serie di gara dell’individuale mi sono trovato a sparare su un campo che aveva sfondi che non avevo verificato. Io invece in ogni campo adotto il mio particolare sistema di riferimento: c’è ad esempio una pianta sullo sfondo e so che alla pedana 3 le canne le metto lì, in prospettiva con quella pianta. Ed è questo il metodo che devo applicare sempre per poter gareggiare nella condizione migliore.”
Tammaro, è vero che la prima serie di allenamento sul campo di gara di Osijek ha travolto le tue sicurezze e ha condizionato tutto il tuo Mondiale?
“È proprio così. In realtà io sono partito da casa sapendo che potevo fare un gran Mondiale perché mi ero preparato veramente bene e Osijek è anche il campo in cui ho vinto una prova di Coppa del Mondo nella stagione 2021, ma il ridotto allenamento sul campo di gara incide molto e questa volta noi non abbiamo avuto la possibilità di condurre un allenamento corretto. Praticamente ci siamo allenati su un campo di Compak, mentre ovviamente poi in gara i piattelli erano regolamentari e consentivano di fare anche risultati elevati come si è visto dai risultati. In quella prima serie di allenamento in Croazia però sono andato completamente in confusione e questo ha pregiudicato la gara individuale. Infatti nella gara a squadre mi sentivo di nuovo il Tammaro dei momenti migliori, quello delle medie alte, e sono riuscito ad esprimermi nella maniera giusta. Certamente la delusione per non essere riuscito ad entrare nelle fasi finali della gara è tanta: mi aspettavo certamente di entrare nel lotto dei semifinalisti. Poi, semifinale e finale sono un’altra gara: si sa. Ma riuscire a giocarsela nelle fasi finali era quello che intendevo fare. Io so per certo che ero arrivato perfettamente in forma a questo appuntamento. Mi sono allenato facendo sacrifici: rispettando un allenamento rigoroso ogni mattina e ogni pomeriggio per settimane, affrontando anche 500 piattelli al giorni in allenamento e curando la preparazione fisica. Del resto anche in Italia ormai le gare si svolgono al livello di quelle internazionali: con due o tre zeri rischi di fare lo shoot-off per poter accedere alla semifinale e con 121 probabilmente resterai fuori. Con questo livello in Italia e nelle gare internazionali non c’è alternativa: l’allenamento deve essere estremamente rigoroso se vuoi raggiungere dei traguardi elevati!”