La parola ai Tecnici: Rodolfo Viganò

Intervista al Commissario Tecnico degli Azzurri della Fossa Olimpica

(di Massimiliano Naldoni)

Nel nuovo assetto del comparto tecnico delle Nazionali il segmento degli Azzurri della Fossa Olimpica è stato affidato a Rodolfo Viganò. Al Ct nominato dal Consiglio federale all’inizio dell’anno abbiamo rivolto alcune domande.

D: Coach Viganò, se dovesse descrivere con una pennellata il gruppo di atlete e atleti con cui sta lavorando, quale aspetto riterrebbe più emblematico?

R: “Se considero i più giovani e quelli invece più navigati si tratta di un nutrito gruppo di atlete e atleti inquadrati in una significativa “forchetta” anagrafica: le atlete e gli atleti in questione rappresentano pertanto anche modi diversi di vedere e affrontare le situazioni. Questo aspetto, secondo me, identifica più di ogni altro quel segmento della Nazionale che mi è stato affidato. È inevitabilmente anche un gruppo in cui convivono le differenze maggiori in termini di “scuola” e di esperienza di pedana.”

D: È quindi un accurato lavoro di sintesi quello a cui è chiamato?

R: “Possiamo certamente dire così. Fino da quando ho ricevuto l’incarico, oltre a dichiararmi molto grato nei confronti del Presidente e del Consiglio federale per la scelta operata, ho subito realisticamente compreso che mi apprestavo a svolgere un compito difficile perché qui non si tratta di formare semplicemente dei praticanti, ma di mettere delle atlete e degli atleti, che sono in possesso di doti tecniche e agonistiche indiscusse, nella condizione di andare a sostituire nelle prossime stagioni quelle che sono state le riconosciute leggende del tiro a volo italiano.”

Rodolfo Viganò in pedana con un Tiratore

D: Quali sono i capisaldi del suo programma di lavoro?

R: “Come ho detto prima, mi trovo appunto a lavorare con un gruppo molto eterogeneo. Ci sono età diverse, ci sono appunto esperienze diverse di vita e di pedana e, aspetto davvero non trascurabile e neppure così ovvio, ci sono in realtà anche traguardi diversi. C’è il giovane o la giovane atleta che vogliono emergere, ma c’è anche l’atleta che ha già una considerevole storia agonistica sulle spalle che vuole invece riscattare qualche sua fase magari meno luminosa. Sono convinto di aver creato un’atmosfera serena nel gruppo che permette a tutte queste diverse situazioni di coesistere e di trasmettersi reciprocamente forza. Ho notato che in alcune atlete e in alcuni atleti dominava la convinzione che ogni prova costituisse un esame e il giudizio su quell’esame rappresentasse qualcosa di drasticamente qualificante. Ho subito cercato di sgombrare il campo da questa visione del nostro lavoro. Ho fatto presente che per me non è una gara nella sua unicità a determinare il giudizio. Chi, come me, ha trent’anni di trascorsi agonistici sa benissimo che anche i più grandi tiratori della storia hanno avuto crolli e hanno letteralmente sbagliato delle gare. Non può esserci il terrore di essere subito mal giudicati o addirittura estromessi dalla squadra per una gara andata male.”

D: Questo significa che valuterà il rendimento essenzialmente sulla lunga distanza?

R: “Esattamente. Stilerò un ranking della Nazionale in cui inserirò anche gli atleti che non appartengono direttamente al mio segmento. Il mio proposito è definire questo ranking al meglio di almeno mille piattelli, considerando, quali prove qualificanti, i tre Gran Premi Fitav, il Campionato italiano, l’Emir Cup e la Green Cup. Sarà un ranking trasparente, perché tutti, in qualunque momento, potranno vedere esattamente qual è la situazione tecnico-agonistica di ciascuno. Il cambio di rotta che sto proponendo si sintetizza in un concetto molto facile: le atlete e gli atleti non devono essere terrorizzati dall’approccio con la gara e da un possibile flop agonistico, ma devono essere responsabilizzati e stimolati a guardare le loro prove nell’insieme.”

D: Ha ricevuto già dei segnali interessanti dal lavoro di questi primi mesi?

R: “Io sono abituato a osservare tutto in modo molto realistico e le cifre in questo senso sono un microscopio perfetto. Guardiamo ad esempio al Grand Prix dell’Oman in cui hanno gareggiato alcune atlete e atleti del mio gruppo. In quella gara Simone Lorenzo Prosperi ha prodotto un 124/125. Gaia Ragazzini ha elevato il suo primato personale dal precedente 115 al 121 e Alessandra Della Valle dal suo precedente 113 al 119. Tre dei miei elementi sui sei presenti hanno quindi ritoccato ampiamente il proprio record personale in gara. E che cosa ho detto a queste atlete e a questi atleti prima della trasferta? Che affrontassero questa gara come se si trattasse del Campionato del Mondo, ovvero senza sottovalutare la concorrenza che sicuramente, con il dovuto rispetto, non era neppure autorevolissima, impegnandosi a dare il massimo in ogni momento, ma anche senza attribuire a questa o a qualsiasi altra prova il significato sacrale di gara della vita.”

D: Immediatamente all’orizzonte che cosa c’è?

R: “A stretto giro di orizzonte c’è la World Cup del Perù in cui porterò tre atlete e tre atleti che incarnano proprio quella variegata filosofia del mio gruppo. Verrà con me Frasca che deve tornare ad essere l’Erminio che abbiamo imparato ad apprezzare per le singolari doti e ci saranno Simone Prosperi e Luca Miotto che in forma diversa hanno necessità di un palcoscenico importante sul quale dimostrare di poter recitare parti da protagonista. Ci sarà Erica Sessa che deve ritrovare quella fiducia che l’ha portata ad essere una delle più promettenti giovani specialiste del Trap negli scorsi anni. Ci sarà Gaia Ragazzini che è al suo primo anno fuori dal Settore Giovanile e che appunto in Oman ha già dimostrato di poter competere con le più forti. E ci sarà Alessandra Della Valle che peraltro proprio in queste ore mi ha confidato di vivere davvero con molta apprensione questa vigilia dell’impegno agonistico del Perù: io le ho risposto che mi meraviglierei semmai se questo non avvenisse perché tutti, nella nostra carriera, abbiamo avuto letteralmente paura di affrontare una gara importante. Ma ho ribadito, per il principio espresso prima, che questa del Perù rimane soltanto una gara: nel bene e nel male. Ci diciamo da decenni che nello sport non si capitalizza niente: che se vinci il Campionato del Mondo, dalla gara successiva devi comunque tornare a lavorare sodo come prima perché in realtà non vivrai degli interessi di quella pur eccezionale vittoria. E allora? Varrà anche per il negativo, evidentemente. Una gara, torno a dire, è soltanto una gara. Io ho dato a queste atlete e a questi atleti le mie indicazioni, gli obbiettivi da perseguire, la responsabilità da assumere e ho precisato naturalmente che è necessario, davvero necessario, tutto il loro impegno. Diamo allora tempo a tutto questo di maturare!”

Rodolfo Viganò