La parola ai Tecnici: Andrea Benelli

Intervista al Direttore Tecnico Nazionale dei Probabili Olimpici di Skeet

(di Massimiliano Naldoni) –

Il nuovo organigramma tecnico varato dalla Fitav all’inizio dell’anno privilegia indiscutibilmente la specializzazione e quindi, a livello si gestione delle squadre, prevede una distribuzione più capillare di compiti. Nello Skeet, ad esempio, per quanto riguarda il comparto più alto, quello dei Probabili Olimpici, Andrea Benelli è stato confermato nel ruolo di Direttore tecnico. Il segmento degli Azzurri sarà invece di pertinenza del Commissario tecnico Andrea Filippetti, mentre al Commissario tecnico Sandro Bellini è stato affidato il comparto del Settore Giovanile. Si tratta di un criterio di distribuzione degli incarichi che incontra totalmente il gradimento di un selezionatore di lungo corso come Andrea Benelli a cui spetterà appunto, da qui a Parigi 2024, la supervisione del reparto di élite dello Skeet italiano e a cui abbiamo rivolto alcune domande.

D: Coach Benelli, quello promosso dal Consiglio federale è il provvedimento che serviva per restituire slancio alle selezioni azzurre?

R:“Decisamente sì! Ho accolto molto favorevolmente questa riforma dell’area della nazionale che il Presidente Rossi e il Consiglio federale hanno deciso. È certamente una scelta giusta che va nella direzione corretta per consentirci di lavorare meglio. È assolutamente questa la strada per aumentare il livello tecnico delle nostre atlete e dei nostri atleti: elevare la qualità è poi, nella sintesi estrema, proprio quello che occorre per conseguire le vittorie in un ambito sportivo che a livello mondiale, come sappiamo, vede alzarsi continuamente l’asticella.”

D: Con questo meccanismo di precisa ripartizione di compiti dovrà evidentemente esserci una forte interazione tra voi tecnici.

R: “Siamo costantemente in contatto. D’altronde, se anche la configurazione dell’organigramma è di recente definizione, con Andrea Filippetti e Sandro Bellini ci conosciamo ovviamente da decenni, quindi si tratta in realtà di sviluppare i contatti che già c’erano e di consolidare una visione tecnica che è anche già condivisa. L’aspetto importante, che certamente mi lusinga, è che questa precisa ripartizione di ruoli è un forte segno di fiducia e di stima che la Federazione ha voluto manifestare a tutti noi. Il nostro lavoro in questo modo sarà certamente più specialistico e ci permetterà di concentrare le energie in modo più mirato. È vero, ad esempio, che mi piaceva molto lavorare con i giovani, anche se in realtà non c’erano molte occasioni per vederli all’opera e poter intervenire con suggerimenti e indicazioni. A questo proposito abbiamo anche concordato con la Federazione che le squadre saranno di fatto aperte: ci potranno essere dei passaggi da un’area a un’altra qualora alcune atlete e alcuni atleti fossero legittimamente meritevoli di accedere ad un livello superiore. Del resto questo nello Skeet si è anche già verificato in tempi relativamente recenti con grande successo e quindi l’idea di “ascensori” tra le aree tecniche mi trova perfettamente d’accordo.”

D: Come ha trovato le atlete e gli atleti in questo inizio del 2022 dopo l’anomalo anno olimpico e dopo due anni di difficilissima gestione dell’attività internazionale?

R: “Ho trovato tutte e tutti molto motivati e con una gran voglia di far bene in un’annata che prospetta un relativo ritorno alla normalità. Anche se occorre andar cauti con le definizioni, dal momento che il previsto esordio internazionale della stagione è già stato in realtà corretto per esigenze sanitarie. Posso dire che ho trovato tutte e tutti in una condizione fisica ottima, con una buona preparazione atletica. Io peraltro credo molto da sempre che i buoni risultati nel tiro a volo vadano di pari passo con una corretta condizione fisico-atletica e non per niente ho sempre lavorato a stretto contatto con il Preparatore Fabio Partigiani e continuerò a farlo. Quello che d’ora in poi però conterà moltissimo sarà poter rispettare il calendario e quindi svolgere con certezza l’attività agonistica che avremo programmato. Nelle ultime stagioni, per i noti motivi, non abbiamo fatto abbastanza gare. Basta considerare che a Tokyo siamo arrivati con due sole competizioni importanti sulle spalle nell’arco di tutta la prima parte della stagione.”

D: Recentemente si è innescato un dibattito, esteso anche ad alcune discipline non olimpiche, nel quale si è cercato di capire se esiste il picco perfetto di forma di ogni atleta e se è davvero quello il momento in cui si vincono le gare. Il parere di Andrea Benelli qual è?

R: “Posto che non c’è mai una verità assoluta nelle questioni di sport e posto anche che la forma è un concetto molto astratto, è vero però che per un’atleta o per un atleta ci sono momenti in cui è molto più facile fare tutto. Dal punto di vista della programmazione è certamente necessario fissare due o tre obbiettivi ogni anno che coincidono con gli eventi più importanti in cui si presuppone che agonisticamente si intenda dare il meglio di noi stessi. Su questo argomento, naturalmente, si potrebbe parlare molto a lungo. Per esperienza però posso dire che in una stagione un tiratore forte nell’arco di otto gare, tanto per fare un esempio, farà certamente bene sette gare e due molto probabilmente le vincerà. Alle mie atlete e ai miei atleti sistematicamente dico che devono dare il loro massimo sempre, anche negli allenamenti. Anzi, a maggior ragione negli allenamenti in cui ovviamente non c’è il contesto che ti aiuta a riprodurre la situazione della gara. Ma è proprio in questo modo che alleni la mente ad affrontare i grandi eventi: replicando il grande evento in ogni momento della tua preparazione. Poi, certo, la vittoria strepitosa o invece la clamorosa mancata affermazione finiscono per essere separate anche da differenze minime: e infatti è difficile per tutti, atleti e tecnici, lavorare su questi dettagli. Ricorderemo certamente l’Olimpiade di Tokyo per quella splendida medaglia d’argento di Diana Bacosi che in Giappone ha saputo confermare lo straordinario successo di Rio de Janeiro. Ma ai Giochi di Tokyo si sono verificate altre situazioni che devono essere valutate con attenzione. Possiamo forse ad esempio bollare frettolosamente come negativa una gara come quella di Tammaro Cassandro che in qualificazione, alla prima Olimpiade della sua carriera, ha saputo totalizzare il punteggio di 124/125? Oppure liquidare come una prestazione sbiadita quella di Gabriele Rossetti che ha concluso con 121, quindi a un solo piattello dallo shoot-off che poi ha promosso alla finale il vincitore dell’oro Vincent Hancock? Vorrei anche ricordare che a Tokyo, alla prima serie, Gabriele è incorso in una “bicicletta” alla pedana 5 dopo un no target: una situazione a dir poco rarissima che gli ha impedito l’ingresso in una finale che era a portata di mano e che ha perciò trasformato completamente la sua gara. Ma ugualmente dobbiamo considerare il modo in cui Vincent Hancock ha vinto la gara: con uno scivolone alla quinta serie che l’ha costretto allo shoot-off in cui poteva anche non essere promosso alla finale e quindi non ottenere la sua terza vittoria olimpica. Tutto questo ci dice chiaramente che l’Olimpiade di Tokyo, nelle sue tante sfaccettature, è finita, nel senso, molto virgolettato, che è un passato, sì, molto recente che però ormai dobbiamo analizzare con uno sguardo storico. Adesso ci dobbiamo occupare del futuro: che è già iniziato!”