Sara Bongini e Andrea Galardini: il nostro super Europeo
La formazione under 21 che ha dominato nello Skeet al confronto continentale di Mixed Team racconta nel dettaglio l’impresa di Osijek
(di Massimiliano Naldoni)
A proposito del comparto giovanile dello Skeet, il Campionato europeo di Osijek del 2023 sarà indiscutibilmente ricordato per l’impresa galattica realizzata da Sara Bongini e Andrea Galardini che nel Mixed Team hanno dominato la qualificazione con 145/150 e hanno sfiorato l’en-plein in finale concludendo con 47/48 e si sono assicurati il titolo continentale infliggendo un distacco abissale al team coetaneo dell’Ucraina. C’è inevitabilmente un aspetto anche profondamente emotivo in questo nuovo primato stabilito dalla squadra fiorentina: Sara Bongini, che appunto ha contribuito al nuovo record, era già stata protagonista di un’impresa analoga nell’ottobre del 2021 quando a Lima il team azzurro fissò il miglior risultato in qualificazione a quota 144. Insieme a Sara, su quelle pedane del Mondiale del Perù, c’era anche l’indimenticato Cristian Ghilli che in quell’occasione, come peraltro già aveva fatto in altre situazioni precedenti, dette prova del suo talento straordinario allora destinato a luminosi orizzonti. Il nuovo record stabilito da Sara Bongini e Andrea Galardini in realtà è dunque proprio un grande omaggio al giovanissimo skeettista toscano scomparso troppo prematuramente. Ed è in certo modo proprio per perpetuare la memoria di Cristian Ghilli che lo Skeet azzurro under 21 ha saputo cogliere le recenti straordinarie imprese.
L’Europeo di Osijek per le azzurrine e gli azzurrini dello Skeet del Ct Sandro Bellini ha certamente avuto molteplici espressioni. Ci sono state giornate di nubi nere e altre di un sole abbagliante. Proviamo allora a capire proprio dalle parole di Andrea Galardini e Sara Bongini quali sono state le fasi più coinvolgenti della gara croata.
Andrea, quando ti sei piaciuto di più e quando ti sei piaciuto meno in questo lungo e difficile Campionato d’Europa?
“Partiamo dal lato negativo. Mi sono piaciuto di meno il secondo giorno perché non sono riuscito a fare il punteggio che meritavo in quel momento considerando il modo in cui stavo sparando. È venuta fuori l’ansia, lo stress determinato dalla mia volontà di chiudere in fretta il conto con la qualificazione per approdare alla finale. È ovvio che sinceramente volevo avere l’opportunità di partecipare alla finale in questo mio ultimo anno da Junior. Sapevo che in quell’impianto di Osijek i piattelli erano buoni e che i punteggi sarebbero sati alti: ecco che allora è arrivata l’ansia. È stata certamente l’ansia che mi ha fatto chiudere due serie con 23, fra l’altro sbagliando, in una di quelle, nientemeno che un 7 Mark. E la cosa più brutta è stata che con quello zero al 7 Mark avevo quasi la certezza che non sarei entrato in finale perché dalle previsioni sembravano accreditati per la finale soltanto i 120 e i punteggi superiori. In realtà altri due ragazzi di altre nazionali dovevano ancora sparare: uno di loro è addirittura sceso sotto il 119 e l’altro si è attestato con me a 119, quindi si sono improvvisamente riaperte le possibilità. A quel punto sono passato in un breve spazio di tempo dalla quasi certezza di non andare in finale alla possibilità invece di avere uno spiraglio. Il momento più bello è stato invece lo shoot-off. Avevo già fatto degli shoot-off, d’accordo, ma questo era il mio primo shoot-off in una gara internazionale per entrare in finale. Eravamo in sette per soli due posti e quindi la situazione ha prodotto un’emozione molto forte. Avevo certamente paura di sbagliare, ma mi sono convinto che dovesse essere una gara con me stesso e non contro gli altri: ovvero io non dovevo mai fare zero, indipendentemente dal risultato degli altri. Dentro di me ho detto: devi pensare a te stesso, devi fare quello che sai fare e rompere più piattelli possibile. Poi si vedrà se entri o non entri.”
Quello shoot-off lungo ti ha tolto energie in vista della finale o invece anzi le ha amplificate?
“Era certamente uno shoot-off di alto livello ed era quindi molto difficile, ma ho trovato una concentrazione così intensa che mi sembrava di essere completamente isolato. Mi sembrava di poter dire: adesso posso fare bene. Tutto molto diverso da quello che era accaduto durante la giornata, perché anzi in qualche momento, durante la qualificazione, duravo veramente fatica a rimanere concentrato. In quel momento invece ho sentito di poter far bene: ho trovato la bolla giusta in cui sentivo di poter effettuare bene i movimenti e mi sentivo sciolto. Dallo shoot-off ho certamente ricevuto forza in vista della finale. Diciamo che c’era inoltre anche quella giusta rabbia trasformata in determinazione che è la ricetta giusta per queste situazioni.”
Andrea Galardini sul terzo gradino del podio dell’Europeo individuale di Skeet insieme al neo-campione Panagiotis Gerochristos e al runner-up Andreas Pontikis
Sara, che cosa è accaduto esattamente nella gara individuale?
“Come dice il detto: il troppo stroppia. Io ho voluto troppo e questo non mi ha aiutato. Alla fine della gara individuale mi sono parlata e mi sono detta: vogliamo che il nostro ultimo Mondiale da Junior finisca così..? La risposta è stata: no! Allora mi sono rimboccata le maniche anche parlando a lungo con Sandro Bellini e dopo sono ritornata me stessa…”
Cosa significa esattamente che in questo Europeo hai voluto troppo?
“È fuori discussione che l’obiettivo di tutti quando andiamo a fare una gara è vincere. Forse io, però, volevo fare anche qualcosa di più. Certamente, sì, vincere ma fare anche un punteggio molto alto. E volere troppo mi ha portato in una condizione di troppa pressione e troppa tensione. Sapevo di poter ottenere la vittoria e un bel punteggio ma proprio quella consapevolezza non mi ha aiutato poi a realizzare il proposito.”
Il podio del Mixed Team dello Skeet Junior
Andrea, il bronzo individuale è comunque un brillante risultato.
“Tra restare fuori dalla finale, come sembrava a un certo punto, e invece arrivare terzo com’è andata, c’è davvero una bella differenza. Se avessi concluso l’annata e la mia militanza nel Settore Giovanile rimanendo fuori da una delle finali più importanti dell’anno per colpa di un 7 Mark, sicuramente me lo sarei ricordato a lungo. Ho capito chiaramente che non ci sono piattelli facili: ci sono piattelli a cui noi diamo più o meno importanza. In verità a tutti i piattelli dovremmo dare la stessa importanza e dedicare la stessa attenzione. A volte, però, non dedichiamo la giusta attenzione a piattelli che giudichiamo facili, ma che in realtà non sono appunto più facili di altri.”
Sara, sicuramente ricorderai a lungo quella pedana 3 della prima serie della gara individuale di questo Europeo?
“Ho fatto tre zeri in quella pedana 3. Fare una pedana vuota non è il massimo e scarica molto. Fra l’altro stavo sparando bene: i primi sei piattelli di quella serie lo ho fatti veramente bene. Poi sono arrivati quei tre zeri e ho chiuso la serie con 20. E in quel momento è intervenuto il pensiero negativo che mi ha ispirato la convinzione di non riuscire a recuperare. E cerchi ovviamente di scacciare quel pensiero negativo, ma non ci riesci. Dici: sì, ho chiuso la prima serie con 20 ma posso recuperare e nel momento stesso in cui lo dicevo mi accorgevo di non crederci. In quel momento davvero non mi sentivo in grado di recuperare un 20.”
Un tema molto dibattuto in questo momento è se per ottenere un buon risultato nel Mixed Team occorra un allenamento in tandem o se si possa anche fare una preparazione separata: cosa ne pensi?
“Con Andrea c’è stato un percorso comune fino dall’inizio della nostra carriera tiravolistica. Attualmente ci alleniamo tutte le settimane insieme, siamo molto amici, c’è molta fiducia. La combinazione di tutti questi fenomeni ha sicuramente prodotto quel risultato. Secondo me allenarsi insieme vale molto. E vale aver gareggiato molto insieme. Oltre alle gare internazionali, anche nelle gare del Settore Giovanile e ai Gran Premi con Andrea abbiamo sempre fatto un percorso che si incrociava.”
Andrea, sei dello stesso parere?
“Io non so dare una risposta esatta se occorre allenarsi insieme. È certamente importante che ci sia una buona intesa agonistica tra i due elementi della squadra perché, specialmente nei momenti di difficoltà, basta magari uno sguardo o semplicemente una parola o un gesto per riprendere il filo. Durante le finali, ad esempio, il Ct è un po’ più distante oppure non riesce a percepire proprio tutto nei minimi dettagli. Invece tu, l’altro elemento della squadra, sei lì e se c’è qualcosa che non va, sei quello o quella che può intervenire e risolvere. Questo è fondamentale per il gioco di squadra. Però io sono altrettanto convinto che ogni elemento della coppia deve pensare a fare la propria gara. Che significa poi in realtà comunque sostenere la squadra, perché se, come ad esempio nel mio caso, la mia compagna di squadra sta facendo qualche zero in più del previsto, sono io a quel punto che non devo abbattermi e anzi devo sostenere il team anche dal punto di vista del punteggio e compensare quegli zeri. Il Mixed Team è una gara in due, ma essere in due serve per darsi forza; ognuno dei due membri, poi, deve sparare i propri piattelli.”
Sara, un voto in pagella a questo Europeo e la descrizione di quello che c’è oltre l’orizzonte
“Il voto è: otto meno. Il dieci ci sarebbe stato con il titolo individuale! Quanto al futuro: inizia un’epoca più impegnativa. Occorrerà lavorare non il doppio, ma il triplo rispetto a quello che faccio adesso. Lo so già benissimo fino da ora!”
Il Ct Sandro Bellini e il Preparatore atletico Carlo Alberto Zandomeneghi con le azzurrine e gli azzurrini presenti all’Europeo