Antonio Borrelli: lo Skeet è bello perché complicato
Parla il campione italiano di Terza categoria della disciplina del semicerchio: un atleta che sta interpretando perfettamente il concetto di attività ludica in pedana
(di Massimiliano Naldoni)
Per gioco e per divertimento. Le motivazioni che hanno condotto Antonio Borrelli in pedana sono il distillato della visione ludica dello sport. Borrelli è un sessantenne, nato nella salernitana Tramonti, che ha intrapreso in giovane età l’attività di ristoratore. Approdato prima in Calabria, poi a Punta Ala e in numerosi celebri ristoranti di Firenze, da alcuni anni Antonio Borrelli ha aperto un proprio esercizio a Reggello, ma per compensare il forte stress di un’attività professionale che concede poche pause e costringe invece a ritmi indiavolati a un certo punto ha deciso di dedicarsi al tiro a volo. Esperienze sportive nella sua vita ce n’erano già state: il calcio in gioventù e poi la mountain-bike che è l’attività che Antonio Borrelli continua a praticare tuttora con assiduità. L’impianto di Laterina era quello geograficamente più comodo per provare a concretizzare la volontà di avvicinarsi al tiro a volo. E a quel punto è scattata la scintilla che ha condotto il neo-tiratore di Tramonti a vincere il titolo di Terza categoria nello Skeet al Campionato italiano che si è disputato nello scorso settembre proprio all’impianto aretino.
Antonio, perché lo Skeet?
Forse la domanda dovrebbe essere: perché un ultracinquantenne che si avvicina al tiro a volo sceglie proprio lo Skeet? A me, cioè a quell’ultracinquantenne di qualche anno fa, lo Skeet è piaciuto subito per la sua complessità: la difficoltà era proprio la sfida che mi ha attratto. Ma voglio anche essere sincero dicendo che c’è stata una componente di casualità: tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019 ho provato a sparare allo Skeet a Laterina sollecitato da alcuni amici e sono rimasto favorevolmente colpito. Devo anche ringraziare molte persone per avermi fatto amare questa disciplina e per avermi dato suggerimenti tecnici importanti: Marco Becatti, ad esempio, è stato un eccezionale motivatore, Riccardo Filippelli è stato un istruttore competente, Martina Bartolomei e Niccolò Sodi mi hanno aiutato con altri consigli. E poi ci sono alcune dritte determinanti che mi ha trasmesso nientemeno che Andrea Benelli…
Antonio Borrelli
L’agonismo però è arrivato in un secondo momento.
Sì, naturalmente. L’epoca del Covid mi ha anche costretto a interrompere il percorso che avevo intrapreso. Poi sono tornato in pedana nel 2021 e ho iniziato a fare qualche gara regionale. Il 2022 e il 2023 sono state le stagioni laboratorio: ho iniziato a gestire l’emozione perché all’inizio, quando mi ritrovavo in batteria con qualche nome noto, mi sentivo un ragazzino spaesato.
Quella del Campionato italiano 2024 sul terreno amico di Laterina non è stata però la prima finale importante.
No, ero stato già in finale al Campionato italiano del 2023 e a un certo punto avevo addirittura sei piattelli di vantaggio su tutti gli altri finalisti. Per inesperienza evidentemente ho pensato che il gioco fosse già fatto e invece mi sono ritrovato terzo. È stata una lezione utile di cui ho tenuto conto nelle finali successive.
Nel 2024 avevi collezionato ottime prove nei Gran Premi: possiamo dire che alla finale di Laterina nella tua categoria eri il favorito?
Sicuramente avevo dalla mia parte il pronostico, anche perché frattanto ero già stato promosso in Seconda. Ma questo, se vogliamo, non è mai un vantaggio specialmente per un praticante che, come dico sempre, continua a divertirsi con lo Skeet: cioè, non ha fatto, né mai farà, di quello sport una professione.
Antonio Borrelli al vertice del podio della Terza categoria al Campionato italiano di Skeet di Laterina davanti a Matteo Soffredini e Alessandro Zatini
In qualificazione c’è stato un passo falso alla quarta serie, anche se poi il 18 di quella serie non ha pregiudicato la tua corsa verso la finale: che cosa è successo?
Ho sparato al mattino abbastanza presto con una visibilità che improvvisamente si è complicata. Ero pieno fino alla pedana 5. Poi, in quella pedana ho fatto due zeri e a cascata un altro alla 6, alla 7 e perfino alla 8.
Ha prodotto dei contraccolpi quel passo falso?
Ho dovuto fare un’attenta riflessione su quello che avevo fatto in gara fino a quel punto e questa riflessione è avvenuta davanti a una consistente prima colazione. So che avevo affrontato quella serie con la giusta concentrazione, ma evidentemente era emerso qualche problema imprevisto nella gestione della gara. Quell’operazione di riassetto comunque è riuscita perché dalla quinta serie sono uscito con un 22 che è il mio punteggio medio.
E ti ha permesso di affrontare la finale con la giusta mentalità?
Sì, anche se in finale qualche incertezza qua e là si è affacciata di nuovo. È vero che sono sempre stato in testa di due o tre piattelli, ma negli ultimi due giri quel vantaggio è stato un po’ minacciato. Intanto va detto che l’80% degli zeri della finale sono maturati alla pedana 3 e alla 5. Sono approdato alla 5 per le ultime due doppie con due piattelli di vantaggio su Matteo Soffredini e ho fatto uno zero all’inversa. Ho vinto quindi per un piattello, 50/60 a 49, ma ho capito che in finale è meglio non contare i piattelli: né quelli presi, né gli zeri.
E il 2025, cosa riserva?
Quando ho iniziato a praticare lo Skeet, proprio per la semplice volontà di divertirmi che era contenuta nei miei propositi, non avrei mai immaginato di andare oltre la Terza categoria. Adesso essere in Seconda con lo scudetto della categoria precedente è sicuramente stimolante, ma rappresenta anche un impegno che dovrò conciliare con il lavoro. Dai primi Gran Premi arriverà il segnale importante: mettiamocela tutta!