SuperSimo colpisce ancora

Simona Scocchetti analizza la prestazione che sul terreno di Rabat ha prodotto una scintillante vittoria nello Skeet nella seconda tappa del circuito Issf

(di Massimiliano Naldoni)

Nello Skeet la World Cup di Rabat ha rivelato un’assoluta protagonista e il suo nome è Simona Scocchetti. L’atleta del mister Andrea Benelli è stata autrice di una gara esemplare: dopo il 118/125 che ha collocato l’azzurra tra le primissime qualificate alla finale, nei sessanta piattelli decisivi ha saputo fronteggiare un passaggio difficile nel primo step lungo (grazie ad un mantra efficacissimo che la stessa SuperSimo ci illustra nell’intervista), ma è risultata poi letteralmente impeccabile nei successivi segmenti andando a conquistare un oro di grande prestigio con 54/60 davanti all’altra azzurra Martina Maruzzo e alla francese Lucie Anastassiou. Ecco il racconto di quella impresa del Marocco nelle parole dell’atleta dell’Esercito.

Simona, iniziamo l’analisi della tua gara di Rabat proprio dalla finale. Sembra che ci siano state in realtà due Scocchetti in quel segmento conclusivo: la prima Simona è quella che si salva con molto affanno al traguardo dei primi venti piattelli e poi invece c’è una Simona travolgente che non sbaglia praticamente più niente. Qual è la spiegazione di queste due situazioni così differenti in finale?

Non c’è una spiegazione vera e propria: dentro di me mi sentivo tranquilla e percepivo che gli errori stavano arrivando un po’ per tutte. C’era molto vento e nei primi piattelli si sono concentrati momenti di forti folate che nel mio caso hanno prodotto ad esempio il doppio zero sulla doppia alla 4 nel secondo passaggio. Con quelle condizioni atmosferiche non erano certamente piattelli semplici, ma nemmeno impossibili. Alla chiusura dei primi venti piattelli, quando ho realizzato che ero ancora in gara, mi sono detta: continuiamo a fare quello che stai facendo a casa, non mollare. E non pensavo ad altro.

Simona Scocchetti leader della World Cup di Rabat davanti a Martina Maruzzo e Lucie Anastassiou

Il momento più critico è stato probabilmente appunto il doppio zero alla 4 nel secondo passaggio dei primi venti piattelli: cosa hai pensato immediatamente dopo quel doppio errore che configurava anche una situazione di rischio?

Diciamo che non si può dire cosa ho pensato: ho passato qualche brutto minuto, ero abbastanza furiosa con me stessa per quel doppio zero perché ha prevalso il pensiero della difficoltà del vento e mi ha portato fuori concentrazione. Però, dopo lo sfogo con la povera bottiglia di acqua, mi sono ricomposta: sono stati due schiaffi che sono serviti a svegliare quello che forse mancava, mi sentivo bene, avevo sensazioni positive. Personalmente non guardo mai i risultati o la differenza dei piattelli ai passaggi della finale, cerco anche di non ascoltare lo speaker, ma ero consapevole di aver sbagliato troppo e da lì ho iniziato a ripetermi: fai quello che stai facendo a casa, niente di diverso.

Quanto conta il “tifo da stadio” di Andrea Benelli che partecipa sempre in modo molto attivo alla finale?

È stato molto bello: forse è la prima volta che mi capita di sentirlo così imponente… Avere due atlete in finale che arrivano a lottare per una medaglia e poi addirittura per le due medaglie più importanti deve essere stata anche per lui una grandissima soddisfazione.

118/125 in qualificazione con una gara sostanzialmente regolare: era il punteggio che immaginavi in prova?

No, si doveva e si poteva sicuramente fare di più, ma è stata una gara condizionata dal vento. Soprattutto nel primo giorno il vento ha inciso molto e dunque si sono abbassati i punteggi.

SuperSimo Scocchetti celebra la sua vittoria con il Dt Andrea Benelli, con Tammaro Cassandro e Martina Maruzzo

In allenamento a Rabat eri già sulle medie della gara di qualificazione?

Praticamente non ci siamo potuti allenare. Personalmente ho fatto tre serie il primo giorno e le sensazioni erano positive. Il giorno successivo negli allenamenti ufficiali abbiamo preferito non scendere in campo: c’era vento ad oltre 70 chilometri orari e la pioggia. Per quanto sia stata combattuta dentro perché era forte la voglia di provare i campi e di cercare sensazioni, ha prevalso il buon senso.

E come stava andando invece nelle settimane precedenti quando hai fatto la preparazione in Italia?

Ho ripreso ad allenarmi il 10 gennaio: venivo da una Finale di Coppa del Mondo andata male e in preparazione di quella gara avevo dovuto affrontare dei cambiamenti tecnici che non hanno funzionato. Ero completamente persa, non riuscivo a ritrovare il mio modo di sparare, le mie sensazioni, le mie sicurezze… Mi alleno da sola da qualche anno e uscire da una situazione del genere senza l’aiuto di nessuno è stato davvero difficile, ma per fortuna grazie al mio compagno e agli amici che hanno sopportato ogni mio momento no, piano piano mi sono ritrovata. Negli ultimi giorni è stato un crescendo costante sia nei risultati che nelle sensazioni positive.

In qualificazione nelle serie in cui hai fatto 23 ci sono stati errori che si sono ripetuti ogni volta oppure hai sbagliato piattelli diversi?

Sempre piattelli diversi.

Questa vittoria quanto trasforma il tuo sguardo verso i prossimi mesi? C’è un orizzonte diverso d’ora in poi grazie a questo successo?

Sicuramente è un bel mattoncino che ho messo nella mia costruzione: gli ultimi due anni sono stati molto positivi, tanti punteggi importanti, gare belle e anche diverse medaglie. Questo 2024 è iniziato bene, all’orizzonte ci sono tanti sogni: io continuerò a percorrere la mia strada cercando di dare sempre il meglio di me e colgo l’occasione per ringraziare il Centro Sportivo dell’Esercito che crede in me e mi permette di dedicarmi a pieno al mio lavoro.

In termini di numero di piattelli come si svolge il tuo allenamento in questo momento?

Ho preparato la gara allenandomi sei volte alla settimana: ho preferito avere continuità piuttosto che quantità. Ho affrontato dai 75 ai 150 e anche 175 piattelli e ho fatto post-allenamento in palestra per la parte fisica.

Il tuo giudizio in senso strettamente tecnico del campo di Rabat: da 0 a 10 che grado di difficoltà presenta e perché?

Tolta la difficoltà del vento a cui darei un bell’8, per il resto i campi sono belli, ampi, distanziati tra loro, la visibilità è buona, gli stand dietro spaziosi e accoglienti. Campi facili non esistono: questo però di sicuro non è tra i più difficili.

È stato più facile o più difficile affrontare in finale gli ultimi dieci piattelli contro Martina Maruzzo, quindi una compagna di squadra, piuttosto che contro un’avversaria generica?

È stato bellissimo condividere tutto questo con una compagna di squadra, ma mentre sparavo non pensavo né ai piattelli né alle avversarie: ero concentrata su me stessa, pensavo a sparare i miei piattelli nella maniera consueta. Prima di entrare alla 5, l’ultima pedana, per quanto abbia cercato di non ascoltare lo speaker – ma c’era troppo silenzio per riuscirci – a quel punto ho realizzato che potevo vincere.

Foto Issf