Si Scrive Skeet, si legge spettacolo!

Diana Bacosi, Gabriele Rossetti, Martina Bartolomei e il Direttore Tecnico Andrea Benelli sono il primo gruppo di protagonisti della Coppa del Mondo di Lonato a raccontare le loro impressioni

(di Massimiliano Naldoni)

 

Lo Skeet esce dalla Coppa del Mondo di Lonato premiato per la solidità tecnica delle singole atlete e dei singoli atleti e per la compattezza del collettivo. Piena soddisfazione per l’esito della gara l’ha espressa a chiare lettere il Direttore tecnico della specialità Andrea Benelli.

“In questa Coppa del Mondo ho schierato una squadra molto giovane e sono davvero molto soddisfatto delle scelte e del risultato che è stato prodotto. Le ragazze e i ragazzi giovani di questa squadra devono naturalmente crescere ed è importante dar loro fiducia come avviene quando siano impegnati in una competizione di questa importanza e di questo valore. Di questa gara ricorderemo certamente alcuni risultati di alto livello, ma devo dire che, dal punto di vista strettamente tecnico, vedere che alcuni dei giovani che ho schierato e che, pur non avendo esperienza di gare internazionali di questa portata, hanno ottenuto dei bei risultati, è di grande soddisfazione. Il caso emblematico in questo caso è Elia Sdruccioli che avevo già schierato in squadra a Cipro: dal momento che il ragazzo ha certamente dei numeri ho voluto riprovare a sottoporlo a una pressione di gara importante e con il 123 di Lonato ha pienamente confermato la mia impressione. Che il livello dei punteggi sia altissimo nello Skeet non è una novità: è qualcosa che ormai si verifica da anni. Questo ci spiega che non ci possiamo mai considerare arrivati a un traguardo, ma, pur conseguendo buoni e talvolta ottimi risultati, dobbiamo continuare a lavorare possibilmente anche più di prima. Va detto che in realtà non abbiamo mai abbassato la guardia. Se alcune volte non siamo riusciti a vincere e magari neppure a centrare una medaglia, questo è avvenuto perché gli avversari si sono presentati a un livello altissimo e hanno offerto prove stellari.”

Il Direttore Tecnico Nazionale dello Skeet Andrea Benelli

Un giudizio complessivamente positivo sul responso della Coppa del Mondo di Lonato lo esprime anche Diana Bacosi che è consapevole di dover percorrere ancora un discreto tratto di strada per conseguire quella preparazione che in carriera ha condotto l’atleta dell’Esercito ai più alti traguardi.

“Nella gara individuale c’è sicuramente ancora da lavorare: sento chiaramente che mi manca quella cattiveria che produce il risultato. Evidentemente c’è ancora un po’ appagamento della medaglia di Tokyo che impedisce di ritrovare lo slancio necessario. Il risultato ottenuto alle Olimpiadi è stato sofferto per tanti motivi, ma ha anche rappresentato un traguardo importantissimo, pertanto non è facile ricominciare da zero in tempi rapidi. Con molta obbiettività mi rendo conto che ho appunto ancora da lavorare per raggiungere il livello giusto, ma so anche che c’è tempo se si considera che l’appuntamento importante è nella parte finale dell’estate e sono certa che mi farò trovare pronta per quel momento. È vero che a volte, come si dice banalmente in questi casi, sbatterei la testa nel muro per poter ritrovare prima possibile quella cattiveria agonistica e quell’atteggiamento mentale che serve per vincere, ma devo anche accettare che il graduale ritorno a quella condizione mi imponga dei tempi relativamente lunghi. Se analizziamo la mia gara individuale a Lonato, si vedono chiaramente le tracce di questa situazione: passo magari da un perfetto 25 a un 22 un po’ sbiadito nella stessa giornata. In realtà ho già vissuto momenti e situazioni di questo genere anche dopo la medaglia di Rio, quindi so bene di cosa si tratta.”

Diana Bacosi, Campionessa Olimpica a Rio 2016 e medaglia d’argento a Tokyo 2020

“La gara a squadre – dice ancora Diana Bacosi – è andata certamente bene, come anche il Mixed Team. Diciamo semmai che è necessario un po’ di tempo per assimilare pienamente le modalità di svolgimento perché la gara a squadre si svolge in un modo, il Mixed Team in un altro e la gara individuale in un altro ancora. Il Mixed Team, però, è bellissimo: posso dire che ci divertiamo davvero a gareggiare. In queste ultime stagioni nel Mixed Team ho avuto la fortuna di avere due compagni di squadra eccezionali come Tammaro Cassandro e Gabriele Rossetti. Ho già vinto delle gare sia con l’uno che con l’altro e sappiamo che possiamo capirci anche solo con uno sguardo. Proprio a Lonato Gabriele, prima di entrare in pedana, mi ha dato grande sicurezza dicendomi: fai del tuo meglio, al resto ci penso io! Sapeva che mi sentivo un po’ insicura in questa fase della stagione ed è intervenuto nella maniera giusta. Poi insieme, nella fase finale, in realtà siamo stati una bella macchina da piattelli!”

Inevitabile, dunque, che si parli della nuova tiplogia delle fasi finali della gara, ma su questo tema il Direttore tecnico Benelli è perentorio.

“Il tema delle nuove finali è in certo modo un falso problema. Questa è la finale che affrontiamo e questa è la finale al termine della quale bisogna vincere. Non possiamo rimanere ancorati a quello che era lo Skeet dieci o venti anni fa. Io giudico questo meccanismo molto appassionante: a livello televisivo, ad esempio, le nostre finali sono molto migliorate. Certamente dobbiamo riconoscere che dal punto di vista etico-sportivo, specialmente ad esempio per chi era abituato alle gare sulla distanza di 225 piattelli, qualche riserva si può sollevare su questa tipologia di gara, però questo non può rappresentare la creazione di un alibi. Noi dobbiamo andare lì in pedana e vincere con quella finale. D’altronde, tanto per scendere ancora all’esempio, Gigi Lodde è un atleta che ha vinto tanto con le vecchie finali e questa volta ha fatto 40/40 e ha vinto di nuovo. Io lo dico sempre ai miei ragazzi: dimenticatevi di quello che lo Skeet è stato in passato! Noi dobbiamo vivere il presente, proiettati nel futuro. Chi parte con l’idea che queste finali siano troppo lunghe, siano perfino brutte o siano non eque: chi parte con tutta questa sovrastruttura di pensiero perde già qualcosa rispetto a chi le affronta con la determinazione e la volontà di vincere.”

Certamente soddisfatta della reazione sfoderata al momento opportuno in una gara difficile come la Coppa del Mondo di Lonato è Martina Bartolomei.

Martina Bartolomei in pedana a Lonato del Garda

“Ho affrontato la prima serie probabilmente con un po’ di emozione. Questa Coppa del Mondo era un appuntamento importante in cui sentivo di dover fare bene e questo forse ha prodotto molta pressione. Ho reagito bene: sapevo che dopo il 22 iniziale non potevo premettermi di sbagliare nient’altro e sono riuscita a chiudere bene la giornata. Nella seconda giornata si è ripetuta la situazione e di nuovo ho dovuto far appello a tutte le mie forze per reagire. Lo shoot-off è stato poi un altro momento impegnativo e molto importante perché mi giocavo la presenza nella fase finale e quello era un traguardo che a quel punto volevo decisamente conseguire. La prima semifinale è stata quasi perfetta: ho ritrovato molto slancio e avevo la volontà ferma di entrare nel gruppo delle finaliste.”

“Per come si era prospettata la gara in alcuni momenti iniziali – precisa ancora Martina Bartolomei – già ritrovarsi in finale è stato un successo. Nella finale certamente ho fatto qualche valutazione non completamente corretta sulle doppie inverse. Il quarto posto però per me è ha un grande valore ed essere stata in finale a un passo dal podio mi dice che comunque ho lavorato bene nella preparazione di questa gara. Sono orgogliosa del lavoro che ho fatto: adesso si torna a lavorare per riuscire la prossima volta a scalare quel gradino che consente di arrivare alla medaglia.”

Ancora la Bartolomei in azione

Quanto alla tipologia delle finali l’atleta toscana esprime un pensiero di chiaro segno positivo.

“È un meccanismo di finale certamente lungo, d’accordo. Se poi devi affrontare lo shoot-off come è accaduto a me questa volta, tra fase di qualiificazione, lo shoot-off stesso, la semifinale e la finale, in realtà ti ritrovi a competere in quattro gare diverse. Però a me piace molto questa suddivisione in vari step perché mi consente di concentrarmi sui singoli segmenti di gara ogni volta.”

Chi riconosce di essersi complicato la vita nelle prime battute della competizione di Lonato è Gabriele Rosseti.

“Ci tenevo a fare bene in questa Coppa del Mondo giocata in casa e mi ero preparato per il massimo risultato. Purtroppo il primo giorno di gara ho commesso un errore banale che mi ha costretto a inseguire. Se n’è andato un 7 Mark nella seconda serie: un piattello sostanzialmente innocuo senza particolari variazioni di traiettoria o strane angolazioni. Malgrado questo sono arrivato allo shoot-off e sono poi riuscito a entrare tra i semifinalisti. Ma naturalmente, per effetto di quell’errore banale all’inizio, la mia gara è stata tutta in salita e io sono stato costretto a giocarmela imponendomi di non mollare mai. Sicuramente per aver inseguito praticamente proprio per tutta la gara sono arrivato inevitabilmente più stanco degli altri alla fase finale. Ma devo dire che per me il bronzo vale come una vittoria. A Vincent Hancock e a Gigi Lodde non si può veramente che fare tutti i  complimenti possibili per la gara straordinaria che hanno saputo fare!”

Quanto alla tipologia della finale, che è inevitabilmente uno dei temi più dibattuti del momento, Gabriele Rossetti ha le idee molto chiare.

“È fondamentale adattarsi alle formule di gara del momento. Fermarsi a pensare se questa formula mi piace o non mi piace oppure se mi piace meno di quella precedente ma più di quella che si adottava cinque o sei anni fa è soltanto qualcosa che toglie serenità. E invece dobbiamo serenamente pensare alle prossime gare e alle prossime vittorie!”