Giovanissimevolmente: Francesco Tanfoglio

Il diciannovenne bresciano racconta la sua affermazione tra gli Juniores del Trap al Grand Prix di Porpetto

(di Massimiliano Naldoni)

Gara da manuale è una di quelle formule che nel giornalismo sportivo finiscono per essere dispensate anche con troppa generosità, ma alla vittoria di Francesco Tanfoglio al Gran Prix internazionale under 21 di Porpetto la definizione si attaglia invece perfettamente. All’impianto udinese il diciannovenne bresciano (nella foto di copertina al vertice del podio di Porpetto con Andrea Diana e Cristian Zonetti) ha scolpito un percorso tutto in crescendo nella prima giornata con un 23, un 24 e un 25: poi nei due round che hanno concluso la qualificazione un rotondo 50/50 ha tradotto la prova dell’atleta delle Fiamme Oro in un prezioso 122/125 che ha proiettato lo stesso Tanfoglio in finale da primo della classe. Un  ottimo 44/50 ha poi sancito la supremazia dell’azzurrino allievo di Emilio Poli nella classifica definitiva degli Juniores davanti ad Andrea Diana e a Cristian Zonetti. Ecco le impressioni di Francesco Tanfoglio a qualche giorno dal conseguimento della vittoria sulle pedane friulane.

Francesco, a Porpetto sei sceso in campo con un proposito preciso?

Il primo obbiettivo era quello di entrare in finale, subito dopo di raggiungere uno dei gradini del podio: possibilmente la vetta.

122 in qualificazione fra l’altro è quello che possiamo chiamare: un signor punteggio.

Sì, e fra l’altro avrebbe potuto essere anche perfino un po’ superiore perché alla prima serie c’è stata un’interruzione della pedana che in quel momento mi ha tolto un po’ di concentrazione: ho fatto un 23 e quindi in realtà uno zero di troppo. Però ho subito ben recuperato perché già in allenamento mi ero trovato bene sul campo e quindi avevo fiducia nelle mie risorse.

Francesco Tanfoglio

Del resto Porpetto è un campo nel quale in carriera hai già gareggiato: sfondi e lanci non erano una novità.

Però erano due anni che non sparavo a Porpetto, quindi è servito un attimo per riprendere i riferimenti.

Tornando al punteggio di qualificazione, si tratta di un livello sensibilmente più alto rispetto al Gran Premio di Cieli Aperti e anche rispetto al Fitav di Umbriaverde: in queste settimane hai avvertito che il tuo livello tecnico stava crescendo?

Sicuramente sì: proprio in allenamento ho sentito che stavo crescendo sul piano mentale ancora di più che sul piano tecnico. Ma devo dire che in questa gara di Porpetto quello che mi ha aiutato molto è stata la serenità che i tecnici hanno saputo creare e trasmettere a tutti noi e la bella collegialità che si è stabilita con tutto il gruppo. Che ci fossero buone premesse per questa gara lo aveva capito anche il mio allenatore Emilio Poli appunto nell’allenamento di queste ultime settimane. Per me Emilio è prima di tutto un grande amico, ma è poi la persona che contribuisce moltissimo alla mia crescita tecnica perché è soprattutto un atleta fortissimo. Ma certamente anche qualche accorgimento tecnico che ha suggerito Emanuele Bernasconi nell’allenamento a Porpetto è servito moltissimo.

Qual è l’allenamento-tipo che svolgi con Emilio Poli?

Emilio è sempre molto attento ai dettagli: ad esempio per noi la sede abituale di allenamento è il Concaverde, ma in queste settimane abbiamo dirottato alcune sedute di allenamento anche a Uboldo o a Cieli Aperti per sviluppare la capacità di adattarsi in ogni momento a situazioni nuove di sfondo e di luce e alle diverse caratteristiche dei piattelli. Un altro metodo importante suggerito da Emilio è il lavoro sui piattelli ripetuti: quindi sui lanci a direzione già conosciuta. Perché ci sono tante situazioni in cui in effetti spari su traiettorie previste: in uno shoot-off, ad esempio, ma anche nel corso della finale, e anche in una serie normale in cui, a un certo punto, arrivi a sapere quale piattello affronterai. Emilio sostiene appunto che occorre avere grande sicurezza anche sul piattello che conosci già prima del pull, altrimenti se il lancio già noto rappresenta una particolarità sei portato in modo quasi naturale a partire in anticipo. E poi in allenamento cerchiamo di riprodurre il più possibile le condizioni della gara: magari nella stessa giornata non facciamo tante serie, ma molto concentrate come se fosse un giorno di gara per sentirsi obbligati a cercare di totalizzare il punteggio appunto sul totale della giornata. In questo modo spari tre o quattro serie concentrate in un breve intervallo di tempo, ma non devi pensare che sia un allenamento: devi immedesimarti nella situazione di gara e cercare di considerarle tre o quattro serie di gara per andare a cercare il punteggio.

Francesco Tanfoglio sul podio delle squadre nazionali con Luca Gerri e Andrea Diana

Al Fitav di Umbriaverde e al Gran Premio di Cieli Aperti ti sei classificato terzo: qualcosa quindi forse ancora non aveva funzionato alla perfezione. A Porpetto frattanto invece evidentemente c’era stato un passaggio al livello superiore.

Dopo i due Gran Premi con Emilio abbiamo lavorato tanto sulla serie a un colpo. Posso dire: veramente tanto! E anche nel giovedì della settimana di Porpetto ho provato a lungo a un colpo il campo della finale. Ho capito subito che mi trovavo bene: più di una volta ho fatto 23 a un colpo. Questo mi ha convinto che questa volta in finale avevo la possibilità di fare un buon risultato. Poi, d’accordo: la vera finale è sempre un gioco a parte in cui si fa sentire la tensione. E quello è un fenomeno che, pur con tutto l’impegno, in allenamento non puoi simulare. Comunque poi in effetti anche i primi 25 lanci della finale di Porpetto li ho chiusi proprio con 23 com’era successo appunto varie volte in allenamento. Malgrado i 35/36 gradi di temperatura sotto la pedana del campo centrale con un grado di umidità allucinante che non permetteva di respirare…

Francesco, fino da giovanissimo sei stato chiamato a misurarti con atleti già affermati e di esperienza: un caso su tutti, le convocazioni con la squadra della Lombardia al Trofeo delle Regioni: in quel caso è stato difficile o è stato anzi determinante per la tua crescita tecnica?

Posso dire che per me è stata una fortuna dimostrare subito e molto presto che avevo delle doti da tiratore ed è stato anche molto bello disputare quelle gare, ma il passaggio tra gli Juniores subito nei primi anni di attività è stato anche difficile perché mi ha messo a confronto immediatamente con tiratori di grande esperienza. Anche se magari non sembra, in realtà c’è un abisso tra essere Esordiente o Giovane Speranza ed essere invece Junior. Il divario tecnico è molto ampio, ma anche la pressione che avverti in gara è totalmente diversa. Però è un’emozione bellissima quando sperimenti quelle sensazioni. Devo dire poi che nel caso della partecipazione al Trofeo delle Regioni con la squadra della Lombardia è stato, sì, difficile, ma non nego che mi sono sempre anche divertito moltissimo.

La parola all’allenatore Emilio Poli

Francesco Tanfoglio è un atleta caparbio: è uno di quegli atleti che non molla mai, anche se naturalmente nel corso della sua carriera ci sono stati momenti difficili, magari determinati magari dal progredire dell’età. Però è un atleta in possesso di una grande volontà di fare: in lui il desiderio di riuscire è qualcosa di insito. E poi dispone della giusta umiltà di sapere che nello sport c’è sempre tantissima strada da fare. Francesco, con cui lavoro ormai da più di tre anni, festeggia naturalmente volentieri i suoi successi, ma il giorno dopo è già in pedana a cercare di migliorarsi. Per lui ogni gara, sia che si risolva in una vittoria come è accaduto recentemente a Porpetto, oppure che abbia invece un responso non soddisfacente, è un’occasione per imparare cose nuove. Anzi, direi che se il responso è negativo, ecco che allora Francesco manifesta davvero il suo carattere. Quella mancata vittoria diviene un motivo di lavoro in più: perché sa bene che è nelle difficoltà che si cresce. Mi chiedono spesso perché il nostro lavoro si concentra molto sulle direzioni conosciute. Io sostengo che è una scelta tecnica che aiuta moltissimo in caso di piattello rotto o in caso di piattello ripetuto. Conoscere la traiettoria di un piattello ti permette di acquisire il giusto modo di trattare il lancio e in più ti trasmette padronanza nello shoot-off in cui si spara sempre su bersagli a direzione conosciuta. E quando fai agonismo, sai bene che sono dettagli come questi che poi producono la vittoria.