Parlano i Campioni i Planetari
Davide Gasparini, Carla Flammini e Cristian Camporese raccontano la loro strepitosa impresa al Campionato del Mondo di Compak nella Repubblica Sudafricana
(Testo di Massimiliano Naldoni – Foto Clikkami)
SECONDA PARTE
“Nel Compak attuale puoi anche assemblare sette 25 in fila, ma se poi infili un 21, sei sicuramente fuori dal giro delle medaglie.”
A parlare è Davide Gasparini che al recente Campionato del Mondo di Compak a Cape Town si è aggiudicato il titolo open con due soli errori sui duecento bersagli della gara.
“198/200, – prosegue l’atleta di Gabicce Mare – che è anche un risultato eccezionale, ormai non ti garantisce aritmeticamente di vincere come accadeva nelle passate stagioni: con quel punteggio all’Europeo in Spagna sono finito addirittura terzo!”
Ma questa volta il neo-campione iridato è approdato al massimo cimento di Compak della stagione, se non con la certezza di vincere (dal momento che quella è prerogativa esclusiva attribuita soltanto dal responso di ogni gara) quantomeno con la consapevolezza di avere le carte in regola per aggiudicarsi l’alloro mondiale.
“Tutti i più forti del mondo c’erano a Cape Town, ma io sinceramente sentivo di poter vincere. Ho fatto grandi punteggi tutto l’anno, avevo preparato bene questa gara e sapevo che nei quattro giorni poteva maturare il risultato giusto per conquistare il titolo. Il problema però è proprio questo: che la nostra è una gara lunga. Nei quattro giorni devi conservare la stessa concentrazione e guardare al tuo risultato senza calcoli di nessun tipo.”
A chi gli rimprovera di aver avuto qualche esitazione in altre gare nel momento della verità, ovvero nella serie finale quando il responso lo designava magari già virtualmente vincitore, Davide Gasparini replica energicamente:
“L’ultima serie è difficile per qualunque atleta che abbia un cuore! A meno che tu non sia davvero un marziano, ma a dire la verità nelle gare di Compak di marziani veri non ne ho ancora incontrati, tutti gli atleti pensano alla propria gara quando sono all’ultima serie e sanno bene che il punteggio di quell’ultimo pezzetto di competizione può significare il titolo oppure invece una medaglia o magari neanche quella. E ci pensano ancora di più da quando anche un solo errore appunto può voler dire scendere di molte posizioni in classifica come sta avvenendo nel Compak dei nostri tempi. Io ho avuto vere difficoltà soltanto nel campo in cui ho fatto 23: gli unici due zeri della mia gara. Erano lanci strani, non saprei come altro definirli. Qualcosa che in Italia non vedo: piattelli lenti che si presentano di taglio. In quello stesso campo anche altri miei compagni di squadra hanno avuto difficoltà: Michael Spada ne è uscito con 21, Daniele Valeri con 22. Se guardo adesso a ritroso tutta la gara, capisco che probabilmente essere uscito da quel campo con un danno minimo è stata la vera chiave della vittoria. Perché ormai il Compak è proprio quello che ho detto prima: puoi infilare sette 25 come ho fatto io, ma se sbagli proprio del tutto una serie e non vai oltre il 21, sei fuori. Sei proprio fuori dal Mondiale, intendo!”
Immediatamente dopo la vittoria di Cape Town Carla Flammini ha affidato ad un post sui social tutte le emozioni di quel momento. Ho guardato sempre da lontano quel gradino, – ha scritto la neo-campionessa del mondo – mi è sempre sembrato irraggiungibile in questi anni. Ma negli ultimi due è cambiato qualcosa, sono cambiata io.”
“Pensare di vincere con avversarie in circolazione del livello di Beatriz Laparra – precisa Carla Flammini – era francamente un pensiero difficile, eppure dando il massimo ci sono riuscita.”
Al conseguimento del titolo iridato da parte dell’atleta teramana, oltre naturalmente ad una perfetta condotta di gara in special modo dal secondo al quarto giorno della competizione di Cape Town, ha certamente contribuito il luminoso 25 della serie finale che, come sottolineava anche Davide Gasparini, è il vero momento decisivo di ogni confronto.
“Io non guardo mai le classifiche durante la gara, – conferma Carla Flammini – pertanto non so davvero mai se sto vincendo oppure se per vincere mi serve un certo punteggio oppure è sufficiente un altro punteggio. So per certo che in questi ultimi anni ho capito come gestire la mia gara, soprattutto so come gestire la tensione che si genera in ogni momento e che è quell’elemento che altre volte non mi ha permesso di conseguire il risultato. Poi magari ci sono aspetti che sembrano marginali ma che invece possono dare una qualità determinante alla gara come ad esempio la corretta scelta delle lenti per gli occhiali. Certamente da qualche tempo c’è anche un entusiasmo diverso che riesco a mettere nella mia attività sportiva.”
Se infine volete chiedere a Carla Flammini quale motto può sintetizzare il percorso che ha condotto l’azzurra a questo grande risultato del Mondiale di Cape Town, non resta che leggere con attenzione quello che l’atleta di Bellante ha scritto nel proprio profilo di Whatsapp: le cose belle hanno il passo lento. Con una postilla importante: che d’ora in poi invece le belle prove sugli itinerari di Compak di tutto il mondo per Carla Flammini potrebbero avvicendarsi a ritmi vertiginosi.
Chi, a differenza appunto della campionessa iridata che non vuole sapere niente di classifiche fino all’ultimo piattello, i suoi calcoli sulle pedane di Cape Town invece li ha fatti è Cristian Camporese: magnifico vincitore del titolo planetario degli Juniores.
“Strada facendo, durante la gara – spiega l’atleta padovano – guardavo i punteggi open perché ero consapevole che questa mia ultima prova da Junior potesse riservare anche qualche bella sorpresa e proiettarmi magari al podio della classifica assoluta.”
Cristian ha dimostrato in tutti questi anni non soltanto di rappresentare un talento tiravolistico di rara qualità, ma anche di essere un atleta con i piedi per terra che guarda pragmaticamente al risultato.
“La quarta giornata è stata certamente la più difficile perché lì si trattava davvero di dare concretezza a tutte le speranze dei primi giorni di gara. Ho fatto un 25 alla settima serie e a quel punto l’ultima serie si è rivelata assolutamente determinante: e infatti è stata molto sofferta. Ho fatto però subito uno zero alla prima pedana. In quel momento non è stato un bel segnale, lo ammetto, ma nello stesso tempo ho capito che dovevo avere l’umiltà di comprendere che il traguardo di quella gara era il titolo degli Juniores e ho deciso che dovevo sparare con quell’obbiettivo.”
“Certamente volevo chiudere al top questa stagione – racconta ancora Cristian Camporese – che mi ha già dato tante e belle soddisfazioni come del resto era accaduto anche in altre stagioni precedenti. Alle spalle c’è un percorso meraviglioso di sette anni di Settore Giovanile che resterà un’epoca indimenticabile. Dalla prossima stagione si apre un mondo nuovo, ma io mi sento pronto!”