Mauro De Filippis: l’urlo della vittoria
L’atleta tarantino delle Fiamme Oro racconta minuziosamente il percorso che lo ha condotto alla conquista della carta olimpica per Parigi 2024 con l’impresa compiuta sulle pedane degli EuroGames
(di Massimiliano Naldoni)
Mauro De Filippis non può fare a meno di indicare in quell’urlo liberatorio, a cui si è abbandonato sulle pedane di Cracovia e che ha seguito immediatamente il conseguimento della vittoria agli EuroGames e la conquista della carta olimpica, l’emblema del ruolo riconquistato di primo attore della scena tiravolistica mondiale. Per l’atleta tarantino delle Fiamme Oro l’affermazione all’appuntamento polacco è peraltro il punto di arrivo di un lungo percorso arduo, qualche volta accidentato, altre volte più agevole, ma sempre compiuto con la convinzione di poter tornare ad essere, come già era accaduto in occasione delle Olimpiadi di Tokyo, l’atleta di punta del Trap azzurro.
Mauro, da dove arriva esattamente questa vittoria?
Occorre ripercorre un po’ tutta la storia. Questo 2023 era iniziato con delle significative novità tecniche. Io sto sparando con un prototipo di fucile che ha prodotto la mia azienda sponsor e lo avevo testato già nella stagione scorsa, ma naturalmente è soltanto dall’inizio di quest’anno che l’ho adottato ufficialmente. Ci sono aspetti molto positivi in quell’attrezzo che mi piacevano e che infatti, con l’utilizzo, si sono rivelati proprio come avevo intuito dai test. In questo senso devo ringraziare anche il Ct Marco Conti che ha compreso perfettamente le esigenze di quel mio momento di studio dell’arma nuova. Con lui avevamo infatti concordato che non avrei partecipato alla prima prova di Coppa del Mondo proprio perché avessi tempo di collaudare l’arma nuova. Con Conti avevamo quindi progettato invece la mia partecipazione alla terza prova di Coppa del Mondo e proprio su suo consiglio intanto ero andato a partecipare al Gran Premio internazionale di Doha. In quell’occasione ho ricevuto delle sensazioni giuste e ho visto che eravamo sulla strada giusta.
Mauro De Filippis e il Ct della Fossa Olimpica Marco Conti
Poi, però, c’è stata la partecipazione alla World Cup di Cipro che ha rappresentato una situazione interlocutoria.
Sì, la World Cup di Cipro è una prova che è andata bene dal punto di vista della programmazione di gara, ma un po’ meno bene dal punto di vista del responso. Io dico sempre che la sfortuna non esiste e quindi non attribuirò a quella la responsabilità del risultato non brillantissimo che ho ottenuto in quella prova: certamente in quella gara nell’ultima serie per una serie di circostanze sfavorevoli era maturato uno zero di troppo che mi aveva costretto ad affrontare lo shoot-off e proprio nello shoot-off, al tredicesimo piattello, ero poi uscito dalla finale. Pur nell’amarezza del responso insoddisfacente, esaminando la prova a freddo in fin dei conti avevo capito che stavo comunque percorrendo la strada giusta. All’indomani di Cipro con il Ct Conti abbiamo lavorato ancora sulla trasformazione della mia tecnica di tiro sapendo che, avendo frattanto sistemato l’arma, il percorso di preparazione sarebbe stato completato in vista degli EuroGames passando per l’ulteriore tappa della World Cup del Kazakhstan in cui ho fatto 120 e non sono entrato in finale di nuovo soltanto per effetto dello shoot-off.
Nel 2023 però il traguardo dei traguardi era la carta olimpica.
Certamente quest’anno l’obbiettivo era quello: la carta olimpica. Sapevamo davvero che non era semplice con una sola carta in palio in questi EuroGames. Sapevamo anche che tutti i contendenti sarebbero stati super agguerriti in questa occasione. Nell’ultimo mese, però, abbiamo fatto due allenamenti importanti in cui siamo riusciti a mettere a punto gli ultimissimi dettagli e devo dire sinceramente che sono partito da casa sereno e convinto pienamente di aver fatto tutto quello che andava fatto. Oltretutto mi sentivo particolarmente bene sia dal punto di vista fisico che da quello mentale. Sentivo che quel punto di quadratura era raggiunto e che quindi ero certamente nella condizione di fare una buona gara. È vero che poi in ogni gara c’è l’emozione, c’è l’adrenalina, c’è l’ansia, c’è la tensione, c’è la voglia di far bene. Le nostre gare sono tutto questo.
Il podio del Trap maschile agli European Games 2023 con Mauro De Filippis al vertice davanti al ceco Vladimir Stepan e allo svedese Rickard Levin Andersson
Com’è stato il primo approccio con il campo di Cracovia?
Purtroppo non ho avuto la possibilità di allenarmi come avrei voluto perché noi del Trap abbiamo sparato per ultimi, come del resto anche in altre gare di questa stagione, e quindi in realtà c’è stato un solo giorno per il test dei campi. Ho avuto quindi la possibilità di testare una sola serie per ogni campo: comunque quelle prove ci hanno dato l’opportunità di fare delle valutazioni con il Ct. Ho visto che tornava un po’ tutto: stavo sparando bene anche in allenamento percgé nelle prove ho fatto un 25 alla prima serie e due 24. Ma naturalmente nelle serie di prova ero più attento a prendere le misure del terreno di gara che non a guardare al risultato. Io la gara la valuto sempre nel complesso e per me il profilo degli EuroGames è descritto dal 123 con tre seconde canne complessive. In quella serie del 23 c’è stata una mia valutazione tecnica non totalmente corretta che mi ha creato quell’attimo di distrazione. D’altronde, al di là dei punteggi alti che molti hanno conseguito, i campi erano certamente molto impegnativi ed è per quel motivo che mi sono dedicato alla cura di un particolare tecnico che mi ha fatto trascurare altri aspetti che poi hanno prodotto quei due errori. Due esitazioni nella prima parte di quella serie sono costate appunto due zeri: questo spiega meglio di ogni altra descrizione la grande difficoltà dell’impianto di Cracovoia in cui abbiamo gareggiato. Dopo il secondo zero mi sono confrontato al volo con uno sguardo con il Ct Conti e abbiamo risolto il problema a distanza e infatti sono arrivato fino alla fine della serie con tutte prime canne. Devo anche dire che dopo quattro serie in cui avevo fatto sempre 25 mi sono anche reso conto che un paio di zeri contavano poco: nel senso che non erano il segno di un problema grave, ma soltanto appunto una valutazione non perfetta di un dettaglio. Certamente da lì in poi non era possibile sbagliare perché appunto il livello di tutti è stato molto alto.
Che problema ha rappresentato l’incertezza della formula di finale e poi la consapevolezza di dover gareggiare con la tipologia che frattanto è stata soppiantata?
Effettivamente se c’è stato qualcosa che nelle tappe di avvicinamento un po’ impensieriva era proprio la formula di finale. È risaputo che in ogni gara vince sempre il più forte, però la situazione presentava qualche motivo di preoccupazione. Avevamo disputato le ultime gare con il regolamento internazionale frattanto trasformato e qui invece eravamo costretti a giocarci la carta olimpica con il regolamento precedente peraltro in vista dell’appuntamento olimpico di Parigi 2024 in cui non gareggeremo appunto con la formula con cui si stava assegnando il pass agli EuroGames. Tutto questo un minimo di incertezza l’ha creata.
Mauro De Filippis esultante sulle pedane di Cracovia con gli altri medagliati della gara di Trap
C’è stato un momento che descriveresti come critico in questa gara?
L’unico momento veramente critico è stata la prima semifinale, ma si è trattato di un momento di difficoltà che abbiamo vissuto un po’ tutti, tant’è che i punteggi di quella semifinale non sono risultati della stessa qualità della fase di qualificazione. Probabilmente si faceva sentire la fatica di una gara con una posta in palio molto alta. Però mi sentivo bene e questo mi ha comunque confortato anche a fronte di un calo di rendimento mio e degli altri. Verso la fine della serie sono incappato in una bicicletta. Come al solito il Ct Conti mi ha indicato a distanza il motivo dell’errore e quindi mi sono ripreso subito. In parallelo sapevo che anche per gli altri il campanello era suonato molto, quindi ho detto: rompo questi tre piattelli che mi restano, mi butto in finale e poi appunto in finale ne riparliamo. Sicuramente ho utilizzato bene quei sette/otto minuti di intervallo prima della finale per valutare quello che mi aveva detto il Ct. In finale poi ho fatto 15/15. Dopo c’è stato uno zero alla ripartenza, ma uno zero in quella situazione ci sta: stava piovendo, tirava vento… Quello zero non mi ha preoccupato più di tanto. Magari mi ha sorpreso di più l’ultimo zero della gara: un destro in quinta pedana. Avevo fatto tutto bene, ero convinto di aver compiuto tutti i gesti in maniera perfetta e invece l’ho visto andar via integro. Dalla quinta pedana alla prima ho percorso ogni passo andando un po’ alla ricerca delle motivazioni di quell’errore. Allora mi sono impostato in prima dicendo di nuovo idealmente: adesso rompo questi due, poi vediamo. Sentivo di essere lì davanti a tutti e mi sono imposto di affrontare i miei piattelli senza stare a fare altri calcoli.
Tutta quella carica di tensione si è poi dissolta con l’urlo della vittoria?
Sì, l’urlo liberatorio è stato il punto di arrivo del conseguimento di quella carta che stavo inseguendo con tutte le mie forze e anche di tutti gli sforzi compiuti in queste ultime stagioni. Sono stato l’atleta che ha difeso i colori dell’Italia alle ultime Olimpiadi, avevo vinto praticamente due carte nel quadriennio precedente: quella del ranking e poi quella che avevo conquistato in gara. I Giochi a Tokyo poi sono andati bene dal punto di vista della prova tecnica e agonistica anche se non siamo riusciti a poprtare a casa la medaglia. Insomma tutto questa fa di te l’atleta di punta, senti che tutti ti stanno osservando in questo percorso. Non l’ho però mai vissuto come un peso, ma piuttosto come una giusta responsabilità. Io dico sempre che la pressione è privilegio: il fatto di provare pressione vuol dire che hai il privilegio di rappresentare il tuo Paese. Sta di fatto che era mia intenzione conquistare la carta alla prima occasione possibile perché non volevo arrivare come nel quadriennio precedente ad inseguire quel traguardo in maniera estenuante. Vincere la gara alla prima opportunità significava dare tranquillità a tutto il movimento.
Occorre dire che gli EuroGames hanno prodotto un successo collettivo ben distribuito per tutta la squadra azzurra di Fossa Olimpica.
Esattamente. Questa è stata una prova straordinaria: l’altra carta olimpica del Trap vinta da Jessica con una gara strepitosa, l’oro e il bronzo nel Mixed Team, l’oro nel team femminile e noi del team maschile che abbiamo sfiorato una medaglia. Insomma, è il segno che il lavoro che stai facendo è corretto e questo contribuisce ad allentare le tensioni, a dare soddisfazione alle attese, ad attribuire serenità al gruppo. Quando, partendo da casa, pensi a una gara e poi riesci a realizzarla proprio come l’avevi immaginata, raggiungi davvero uno stato di pace e di soddisfazione che è il premio più grande. Quindi: che dire..? Proprio tutto bello!