La parola al coach Polsinelli

Il Direttore tecnico della Nazionale di Fossa Universale propone la sua interpretazione del responso dell’appuntamento iridato francese

(di Massimiliano Naldoni)

Del Campionato del Mondo della disciplina che si è disputato la scorsa settimana sulle pedane francesi di Ychoux Sandro Polsinelli, Direttore tecnico della Nazionale di Fossa Universale, propone una lettura pragmatica e oggettiva. Il coach azzurro non nasconde certamente il disappunto per non aver fatto risuonare l’inno di Mameli nel corso della cerimonia di premiazione del più recente appuntamento iridato, ma sottolinea legittimamente l’importanza dei molti pregiati piazzamenti conseguiti dagli atleti e dalle atlete della selezione tricolore.

Sandro Polsinelli

Coach Polsinelli, nel corso dei giorni trascorsi dalla conclusione del Mondiale di Ychoux che considerazioni ha formulato su quella gara?

Per citare le parole di Kennedy: i perdenti trovano scuse, i vincenti cercano soluzioni. Io voglio sempre cercare soluzioni. Quale può essere stata la motivazione di quel rendimento generale al di sotto delle possibilità effettive degli atleti e delle atlete? Forse la modalità di viaggio scelta? Oppure il fatto di aver trascorso veramente molte ore in pullman? O invece il fatto di non aver potuto provare sufficientemente i campi? Sicuramente tutti questi elementi ci hanno penalizzato, però rappresentano anche scelte che abbiamo fatto in base alle esperienze passate. Nei fatti la modalità di viaggio è stato quella che rispettiamo da sempre. Nella settimana della competizione siamo sempre arrivati nella sede di gara il martedì per provare i campi qualche volta il giorno stesso o comunque il mercoledì e per iniziare poi la gara sulla distanza dei quattro giorni. Sicuramente questa volta è intervenuta una stanchezza più pronunciata che ha rappresentato un problema collettivo. Il fenomeno è stato in certo modo ingigantito dal fatto che ha coinvolto una quindicina di atleti e atlete su diciotto e quindi ha acquisito un’altra dimensione.

Lei ha giustamente posto l’accento sul fatto che ci sono state alcune buone prove degli azzurri e delle azzurre ma è mancata la conquista dei titoli.

Certamente mi è dispiaciuto non poter ascoltare neppure una volta l’inno di Mameli che invece siamo abituati a sentire spesso nelle nostre gare. Non mi era mai successo di tornare da un Europeo e da un Mondiale senza neppure un titolo, quindi sono rimasto male anche io condividendo la stessa sensazione di delusione dei ragazzi e delle ragazze. Abbiamo parlato a lungo durante il viaggio di ritorno. Ho ascoltato le motivazioni che ognuno degli atleti e ognuna delle atlete hanno portato. Anche se ho attribuito all’affaticamento del viaggio una delle ragioni principali della nostra minore esuberanza, devo dire che non è apparsa una motivazione che abbia accomunato tutte e tutti. Quindi sono convinto che sia la concomitanza di tanti fattori e un insieme di concause che ha prodotto quell’effetto. Anche se ribadisco, si badi bene, che il responso del Mondiale non può essere liquidato come un risultato negativo perché ci sono appunto tanti argenti e tanti bronzi, sebbene con un risultato complessivo al di sotto della media a cui ci siamo abituati in questi anni.

Gli azzurrini Giacomo Incitti, Giuseppe Fiume e Mario Fabrizi sul secondo gradino del podio delle squadre under 20 con la Consigliera federale Roberta Pelosi

Impossibile trascurare che ad esempio da un atleta dalle grandi qualità come Pietro Zecchi, campione mondiale uscente e campione europeo in carica, ci si attendeva di più: come ha interpretato la gara di Zecchi?

Quella di Zecchi è stata un po’ il fac-simile di quello che è successo anche a me: con un cedimento netto nelle ultime due giornate. Zecchi ha sparato in alcune serie con un vento fortissimo e ho visto con i miei occhi dei piattelli letteralmente strappati via dal vento nel momento della fucilata. Per quanto io per primo abbia suggerito a me stesso e agli atleti di non farsi condizionare da fenomeni esterni come appunto il vento, non posso negare che alcuni piattelli sotto l’effetto del vento di Ychoux erano imprendibili e questo, sia nel caso di Zecchi che di altri, ha condizionato davvero molto il responso. Sembra quasi che mi voglia ripetere, ma insisto a dire che se dovessi partire domani per un’altra gara di questa importanza non esiterei a convocare le stesse persone perché sono assolutamente certo delle loro potenzialità agonistiche. Sui volti degli atleti e delle atlete che uscivano dalla pedana con un risultato fortemente negativo ho letto una profonda delusione, spesso quasi al limite delle lacrime, perché c’era la frustrazione di non riuscire a tradurre in risultato l’immenso lavoro di preparazione che tutti e tutte hanno condotto in vista di questo Mondiale. Tu, atleta, sai che ti sei preparato in maniera scrupolosa ma esci dalla pedana con un 18: è evidente che questo produce un momento di sconforto totale.

Bianca Revello, Rachele Amighetti e Serena Caminotto hanno conquistato il secondo posto tra le squadre Ladies sfiorando il successo

La squadra femminile di Bianca Revello, Rachele Amighetti e Serena Caminotto avrebbe meritato di riconfermarsi.

Sì, senza dubbio. Le ragazze erano campionesse del mondo in carica: sono atlete titolate anche individualmente, di provata esperienza, di provato spessore e di indiscusse potenzialità agonistiche che per un solo piattello su seicento non sono riuscite a raggiungere di nuovo il risultato del titolo. E questo certamente ha generato un po’ di amarezza.

Rachele Amighetti, Stefano Narducci e Vincenzo Messina

La sua impressione sul debutto di Vincenzo Messina e Giacomo Incitti?

Vincenzo e Giacomo sono stati gli autentici debuttanti in azzurro di questa trasferta. Hanno sentito entrambi particolarmente il peso della maglia azzurra e non a caso abbiamo parlato a lungo di questa situazione. È un fenomeno normale: sarebbe stato addirittura strano il contrario. Quando in gara l’atleta debuttante incorre in una serie negativa e deve confrontarsi con uno, due, magari anche tre zeri: ecco che si sente ancora più investito di una responsabilità difficile da gestire. Messina peraltro era in squadra con due giganti come Stefano Narducci e Alessandro Camisotti e quindi quel peso si è caricato di ulteriori significati: in quel caso ti senti responsabile del trascinamento verso il basso della squadra e quel genere di tilt non contribuisce a permetterti di gestire serenamente la gara che stai facendo. Messina ha fatto una prima parte di gara in maniera molto buona. Poi c’è stato quel 18 dell’ultima giornata per certi aspetti inspiegabile: è vero che era in prima batteria al campo 1 con una visibilità ridotta, però è certamente un punteggio troppo al di sotto di ogni standard anche negativo. Anni fa scrissi un libro in cui dicevo che il 18 è sempre in agguato: perché ci siamo passati tutti e qualunque tiratore di ogni livello prima o poi nella sua carriera ha dovuto fare i conti con quel punteggio. Vincenzo è uscito dalla pedana profondamente deluso ma io sono accorso a precisare che nessuno va in pedana per fare 18 e che se matura quel risultato ci sono motivazioni esterne di vario tipo che ti hanno trascinato a quel risultato. Fra l’altro posso anche segnalare una bella situazione dal punto di vista umano e sportivo che ha coinciso con quella serie negativa di Messina: i primi ad andare ad abbracciare Vincenzo dopo quella serie disastrosa sono stati infatti proprio Narducci e Camisotti per dimostrare appunto quanto la coesione della squadra vada ben oltre il responso del campo. Vincenzo si è sentito responsabile del podio mancato, ma non è così perché so per certo che lui ha dato tutto quello che era possibile dare in ogni serie: comprese quelle in cui il risultato è stato negativo. Nello stesso modo devo dire che Giacomo Incitti ha fatto la sua gara impegnandosi al massimo e cercando di portare la gara al termine nel migliore dei modi. Lo dico sempre a tutti gli Junior e lo dico idealmente di nuovo anche a Giacomo: se esci dalla pedana stanco e convinto di aver dato tutto, stai tranquillo che più di quello non potevi fare.

(foto: Stefano Terrosi)