La gioventù azzurra dello Skeet

Le campionesse e i campioni dello Skeet under 21 raccontano l’impresa dell’Europeo del Concaverde

(di Massimiliano Naldoni)

Non poteva mancare un’intervista corale e intermittente per andare a scandagliare e a celebrare il successo rotondo e completo dello Skett italiano under 21 al Campionato europeo di Lonato. È il Commissario tecnico Sandro Bellini a inaugurare le dichiarazioni, ma immediatamente dopo, a più voci come avevamo già proposto per la Fossa Olimpica, sono le ragazze e i ragazzi dello Skeet a raccontare la loro impresa. Ma prima, come tradizione vuole, i titoli di testa…

Personaggi e ruoli:

Sandro Bellini: Commissario tecnico della squadra azzurra delle Juniores e degli Juniores di Skeet – Arianna Nember: campionessa europea individuale e a squadre – Riccardo Mignozzetti: campione europeo individuale – Eleonora Ruta: campionessa europea a squadre e nel Mixed Team – Matteo Bragalli: campione europeo a squadre campione europeo nel Mixed Team – Marco Coco: medaglia d’argento individuale e campione europeo a squadre – Viola Picciolli: campionessa europea a squadre – Antonio La Volpe: campione europeo a squadre – Dalia Buselli

Coach Bellini, si attendeva un successo di queste dimensioni?

Cinque ori con cinque titoli in palio non sono un risultato che capita proprio tutti i giorni. Dico la verità: sapevo di avere una grande squadra nel comparto maschile con un potenziale importante. Marco Coco non è certo una scoperta di questi giorni e anche Riccardo Mignozzetti è un tiratore che ha dimostrato di poter fare bene, però avevo designato un atleta di sedici anni come Matteo Bragalli e un altro atleta diciassettenne come Antonio La Volpe che erano nei fatti alla prima convocazione in una gara internazionale di alto livello. Certamente questi due elementi erano maturati molto nell’ultimo anno. Questa prima convocazione a quell’età in un Europeo rappresentava un po’ una incognita. Però avevo fiducia e la fiducia è stata ripagata perché a titolo di esempio i tre ragazzi hanno vinto il titolo a squadre con molti piattelli di vantaggio. Sono poi entrati tutti in finale e nell’individuale abbiamo conquistato le due medaglie più importanti.

Arianna, il 118 di questo Europeo è un punteggio decisamente più alto di quelli che avevi totalizzato nelle gare degli ultimi mesi. Che magia hai saputo sfoderare?

Sicuramente il raduno di Porpetto che ha preceduto l’Europeo è servito moltissimo sia dal punto di vista tecnico che da quello mentale per poter affrontare la gara al Concaverde nel modo migliore. Il lavoro condotto in quel raduno è dunque quello che ha davvero influito molto sulla qualità del punteggio. E poi sono riuscita ad entrare nella mia bolla e anche quello mi è servito molto.

Riccardo, anche tu avevi fatto qualche previsione a proposito del punteggio da realizzare al Campionato europeo?

Avevo fatto 118 al Gran Premio di una settimana prima. E quello era anche lo stesso punteggio che avevo fatto un anno fa alla Coppa del Mondo a Suhl, anche se in quel caso serviva il 119 per entrare in finale. Questa volta a Lonato nell’allenamento ufficiale non stavo sparando tanto bene, infatti con Sandro Bellini abbiamo un po’ dovuto metter mano a qualche soluzione per recuperare. La prima serie di gara è stato un 23 ma in realtà ho fatto due zeri tutti insieme alle doppie alla 4. Poi c’è stato il 24 che mi ha fatto chiudere bene la prima giornata. Nella seconda giornata invece ho iniziato con un 22: non dico di essermi fatto prendere dall’agitazione, ma il tempo era brutto, la visibilità non era delle migliori e allora probabilmente mi sono fatto condizionare da tutte queste situazioni. Ho sbagliato il 2 pull in doppia, il 3 pull in doppia e poi ho fatto un altro zero su una doppia alla 4.  Però ho risposto con un 25 che mi ha caricato: a quel punto ero convinto di quello che potevo fare e mi sentivo sicuro di me. Il 25 dell’ultimo giorno, poi, è venuto praticamente perché sapevo che dovevo farlo per forza: altrimenti rischiavo anche di non andare in finale.

Eleonora, è facile dire tutto bene di un brillante titolo nel Mixed Team, ma in realtà anche la tua gara individuale nei fatti è stata una bella prova: concordi?

Assolutamente sì. Come primo vero impegno internazionale in maglia azzurra è stata una grandissima lotta ma soprattutto una lotta con me stessa perché reggere l’ansia e acquisire la consapevolezza di essere in gara in un confronto europeo con altre contendenti di altissimo livello è un’esperienza indimenticabile e unica.

Matteo, hai totalizzato un brillantissimo 123 al Gran Premio Fitav di Lonato ad una settimana dall’Europeo: sentivi di poter proiettare e trasferire quel punteggio anche nello scenario internazionale che ti attendeva?

Sì, perché prima di affrontare l’Europeo ci siamo spostati a Porpetto per il raduno e anche lì stavo continuando a sparare bene. È vero che non basta sparar bene in un Gran Premio e poi a un raduno per essere sicuri di continuare a sparare bene anche nella gara successiva, però i segnali erano buoni. Fra l’altro non ho voluto concentrarmi sull’idea del Campionato europeo come appuntamento speciale, perché poi in realtà anche in un Europeo i piattelli sono gli stessi che hai sparato in tante altre gare.

Marco, in questa occasione eri senz’altro il più esperto del gruppo. Avevi anche la certezza di poter produrre un punteggio di alto livello in qualificazione?

Sinceramente mi aspettavo che sarebbe uscito quel punteggio: avevo sparato bene al Fitav a Lonato e poi tutta la settimana in allenamento. Diciamo che avevo fatto di tutto per fare uscire quel punteggio all’Europeo.

Arianna, entrare in finale in una gara così importante da Nember One – come abbiamo scritto in modo spiritoso qualche anno fa – lì per lì ha prodotto qualche contraccolpo?

Io sono entrata in finale con l’obbiettivo di dare il massimo. Magari anche di raggiungere il podio, certo, però il vero proposito era riuscire ad esprimermi al meglio. Naturalmente poi qualunque traguardo raggiunto sarebbe andato benissimo perché d’altronde si è trattato della mia prima esperienza agonistica internazionale e della prima vera trasferta.

Coach Bellini, nelle parole delle ragazze e dei ragazzi si avverte chiaramente che il raduno di Porpetto è stato un momento di grande valore tecnico.

Intanto occorre precisare che abbiamo scelto di fare il raduno a Porpetto perché era abbastanza vicino alla sede di gara senza però coincidere con la sede stessa e poi perché alcune atlete e alcuni atleti parteciperanno poi tra qualche settimana alla Coppa del Mondo in programma a Porpetto. A Lonato abbiamo poi fatto appena una serie di prova e due serie negli allenamenti ufficiali. Non ho attribuito grande importanza alle serie di prova nell’imminenza della gara: d’altronde Mignozzetti, che poi ha vinto, in prova aveva fatto una serie a dir poco disastrosa. Naturalmente nel corso della preparazione dell’Europeo c’è stato qualche momento letteralmente di paura e di tensione pre-gara: occorreva assumere la mentalità giusta da gara importante. In alcune e alcuni c’era in certo modo il dubbio se andare all’Europeo per provare a vincere o invece andare soltanto per provare a fare bene. Questa incertezza nella fase di preparazione ha portato tutte e tutti a fare qualche errore di troppo. Abbiamo dovuto lavorare per cambiare l’atteggiamento e assumere il giusto approccio alla gara che stavano andando ad affrontare. Devo dire che questo stato di incertezza apparteneva effettivamente un po’ a tutti e a tutte: anche alle più esperte e ai più esperti. Anzi, proprie le più esperte e i più esperti del gruppo magari non accettavano lo zero che scaturiva in allenamento e si innescava un nervosismo di mancata accettazione. Invece sappiamo che lo zero fa parte del nostro gioco. Tutto dipende da come lo approcciamo. Io ho sempre detto alle mie atlete e ai miei atleti che le gare si vincono in allenamento e appunto l’accettazione dello zero è uno di quei processi indispensabili da elaborare in allenamento.

Riccardo, come hai gestito l’ingresso in finale?

Prima di entrare in pedana per la finale ero molto tranquillo. Non ero davvero agitato per niente, anche se per me era la prima finale di una gara davvero importante. Ero sicuro di me e consapevole del fatto che potevo fare veramente bene. Addirittura l’ho affrontata quasi in maniera spensierata. E infatti l’ho anche sempre controllata come punteggio. Devo dire che ci siamo anche sostenuti molto con Marco e Matteo: abbiamo fatto il riscaldamento pre-pedana tutti insieme con Carlo Alberto Zandomeneghi e poi, dopo il momento di concentrazione in forma separata, siamo entrati in gara come una vera squadra.

Viola, l’Europeo è stato sicuramente una bella esperienza con un responso tecnico però un po’ insoddisfacente. Cos’è successo?

Io mi considero ormai la veterana del gruppo, ma le emozioni anche per me sono sempre forti perché l’idea di essere una squadra, di vivere tutti insieme e condividere la paura e l’ansia, ma poi anche la gioia del risultato, è bellissima. Se guardo alla mia prestazione, certamente ci sono rimasta male perché avevo comunque investito tante energie nella preparazione di questa gara dal momento che sapevo che sarebbe stato il mio ultimo Europeo da Junior. Analizzando questa gara ho formulato l’ipotesi che nella preparazione c’era stato qualcosa di sbagliato, ma a questo punto è mia intenzione prendere questo risultato come un punto di partenza: che mi serva da lezione per migliorarmi e farmi trovare pronta alla prossima occasione.

Antonio, c’è stata una partenza un po’ faticosa, ma complessivamente il tuo Europeo è una buona gara in cui hai fatto un punteggio che si colloca nel tuo standard delle ultime gare: sei d’accordo con questa lettura?    

La partenza della prima serie è stata faticosa soprattutto perché era la prima esperienza di una gara così importante. Ho cercato però di mantenere il giusto ritmo fino alla fine anche per la squadra e il risultato è stato comunque molto appagante.

Eleonora, hai affrontato la gara individuale e quella di Mixed Team che poi hai vinto in maniera diversa?

Sinceramente nelle giornate della qualificazione della gara individuale non sono andata in pedana pensando al punteggio o con l’obbiettivo preciso di uscirne ad esempio con il 24 o il 25, ma invece andando in pedana mi continuavo a ripetere: Eleonora, fai quello che sai fare perché lo sai fare molto bene. Quindi l’unico traguardo che mi sono proposta era quello di credere in me stessa. Poi, certamente, mi rendo conto che in finale si è fatta sentire l’ansia, specialmente tra il ventesimo e il trentesimo piattello, perché a questa gara tenevo davvero molto e quindi è entrata in gioco la tensione. Infatti, nella finale del Mixed Team, forse anche grazie alla lezione del giorno precedente, sono riuscita a prendere in mano la situazione con maggiore abilità.  Anche in qualificazione nell’individuale c’era stato un momento di cedimento e ne era scaturito un 21 alla seconda giornata a cui ho rimediato poi con il 23 nell’ultima serie. Nel Mixed Team sono andata invece sempre in crescendo e ho certamente raccolto l’esperienza della gara precedente anche se ormai ho maturato la convinzione che molto spesso si vince o non si vince per un solo piattello e quindi in qualunque fase di ogni gara non si deve davvero mai mollare.

Marco, che differenza c’è tra l’Europeo di Cipro di due anni fa e questo?

Nel 2022 l’emozione era di più: era la mia seconda trasferta all’estero in una gara subito molto importante. Qui sono stato certamente più tranquillo e consapevole di quello che facevo.

Arianna, come hai fronteggiato quei primi errori in finale nelle prime due pedane?

Per quanto riguarda il reverse double alla 3, quello è un piattello che, se anche proprio non posso dire di soffrire, però dal mio punto di vista è molto difficile. Mettiamola così: sto ancora cercando di capirlo. Quindi proprio per questo mi sono detta: ok, ci sta di sbagliarlo. Alla 4 ho capito l’errore che ho fatto e quindi di nuovo non è che mi abbia scombussolato più di tanto. E infatti credo che avendo capito l’errore che avevo fatto sono riuscita a reagire subito.

Dalia, che impressioni hai ricevuto da questa bella esperienza dell’Europeo?

Posso dire che mi sono divertita tantissimo e che ho imparato anche davvero tanto. Sono grata alla Federazione e al Commissario tecnico Sandro Bellini per aver riposto fiducia in me. So anche bene che non sono tante le atlete che alla mia età hanno avuto l’occasione di partecipare ad una gara così importante. E certamente, sì, sono anche sorpresa dal mio risultato nelle prime serie; poi, d’accordo, c’è stato un cedimento alla fine della gara per un forte accumulo di tensione. Ma resterà un’esperienza molto formativa e soprattutto indimenticabile.

Matteo, qual è il lancio della finale individuale che ha la responsabilità di averti impedito di correre per il podio? 

I due zeri all’inversa alla 5 hanno pesato. Ed è fra l’altro un piattello su cui anche in allenamento e al raduno di Porpetto ho totto sempre senza troppi problemi.

Ct Bellini, lei ha fatto intendere che, indipendentemente dall’esperienza agonistica, ci sono state alcune delle atlete o alcuni degli atleti che hanno saputo assumere subito un giusto atteggiamento nei confronti dell’Europeo. È stato quindi quell’atteggiamento a cambiare le carte in tavola?

Prendiamo il caso di Arianna Nember. Pur con un bagaglio di esperienza tecnica ancora tutto da arricchire, Arianna ad esempio era entrata nella giusta mentalità dell’avvicinamento alla gara importante fino dai giorni dell’allenamento. Aveva il desiderio di imparare, di capire ogni meccanismo e ha dimostrato di avere una mente molto aperta ai consigli che le venivano dati. Ho visto che entrava in una bolla, in un suo mondo che l’ha portata ad ottenere quel bellissimo risultato della vittoria con un punteggio che lei addirittura non aveva mai fatto neppure in allenamento. Ha acquisito una sua serenità che le ha permesso, pur con la naturale sofferenza che genera una prova impegnativa, di godersi la bella opportunità che stava vivendo. Ecco, per confermare appunto quello che dicevo prima a proposito del momento dell’allenamento e del momento della gara: nel caso di Arianna Nember si capiva che lei poteva fare bene dal modo in cui stava preparando la gara in allenamento. Ma potrei fare anche l’esempio di Riccardo Mignozzetti che appunto in allenamento a Lonato non stava sparando benissimo. Anche Riccardo è stato bravo ad ascoltarmi e a credere in quello che gli dicevo ed è stato bravo soprattutto nel porsi in un atteggiamento positvo che consiste innanzitutto nell’accettazione dello zero ma anche nel valorizzare sempre il piattello colpito se anche ti sei accorto che hai sbagliato qualcosa nell’impostazione o nel movimento. E in alcune occasioni in cui Riccardo ha colpito un piattello pur sbagliando qualcosa, l’ho visto uscire dalla pedana e sorridermi. La mentalità che ha cambiato la storia di questo Europeo è tutta lì. Lì è maturata la sua vittoria.

Marco, hai rivisto la tua finale nei giorni successivi? Hai fatto qualche considerazione?

Tecnicamente ero giusto e pulito come in qualificazione, però ho avuto problemi alla pedana 3 sulla seconda doppia: non vedevo bene il secondo piattello e infatti sono venuti fuori numerosi zeri su quel lancio che hanno poi condizionato il risultato.

Matteo, in questo Europeo c’era anche da valutare l’impatto di una gara con una distribuzione insolita.

Effettivamente non siamo abituati ad una gara su tre giorni, ad esempio con intervalli di quattro ore tra una serie e l’altra, quindi più che nell’importanza della gara per me la difficoltà è stata nell’adeguarsi ad un ritmo che per noi è estraneo.

Antonio, la conquista del titolo a squadre soddisfa le tue aspettative o avresti voluto qualcosa di più?

Sono contento per i miei compagni e della conquista della medaglia d’oro nella gara a squadre. Certamente avrei voluto fare qualcosa di più se considero le belle prove di quest’ultimo periodo, però come prima esperienza va bene così.

Arianna, in finale allo step successivo ai primi venti piattelli si è verificato di nuovo qualche zero tra la 3 e la 4: forse quello è stato un altro momento critico?

Nel caso del primo zero alla 3 avevo fatto un accenno di obiezione perché avevo l’impressione di averlo colpito. E anche il mio Ct Bellini in realtà mi ha confermato quell’impressione. Ma ho accettato naturalmente la decisione arbitrale. Quanto agli altri due, in realtà è stata una replica di quanto era accaduto all’inizio e ho fatto lo stesso ragionamento del primo giro. Al reverse double alla 3 ho accettato di nuovo l’errore perché è quel lancio su cui devo ancora lavorare e quindi ho detto di nuovo: ci può stare. Stessa situazione alla 4: ho fatto l’errore, ma come era già accaduto al primo giro ho capito subito dove avevo sbagliato.

Viola, dal momento che hai riflettuto a lungo sul responso di questo Europeo, qual è secondo te il motivo che ha impedito di fare una bella gara?

Avevo aspettative troppo alte, ho cercato troppo il risultato e questo ha creato una situazione mentale non delle migliori per poter invece gareggiare serenamente. È una situazione che ha creato le condizioni per farmi abbattere subito al primo zero che arrivava invece di darmi la solidità di reagire sempre positivamente. Fra l’altro alla vigilia di questo Europeo avevo problemi soprattutto nella seconda parte della serie: alle pedane 5 e 6. Invece poi in gara gli zeri li ho fatti alle prime pedane: principalmente alla 2 e alla 3. Qualcosa di positivo però posso estrarre da questa esperienza: ad esempio nelle serie del secondo giorno ho fatto numerosi zeri soprattutto nei primi piattelli, ma sono sempre riuscita a portare in fondo dignitosamente la serie. C’è stata insomma la maturità di non mollare del tutto e tenere in piedi il punteggio anche e soprattutto per non pregiudicare il risultato della squadra. In quel 22 dell’ultima serie di qualificazione c’è infatti veramente tutto il mio sforzo di dare il mio contributo per la vittoria della squadra che poi è arrivata.

Matteo, possiamo chiamare la tua gara di Mixed Team un piccolo-grande capolavoro?

Sono certamente molto soddisfatto perché in precedenza avevo sparato poco al Mixed Team. All’Europeo non ero partito benissimo con quel 22 alla prima serie: un risultato non tanto brillante di cui sono responsabile io e un po’ magari anche il vento. Gli zeri al pull della 3 e poi al 4 Mark singolo sono certamente responsabilità mia, ma ad esempio l’altro zero alla seconda doppia alla 4 è maturato su un piattello schiacciato dal vento. Poi i due 25 delle serie successive hanno ovviamente risolto un po’ tutto.

Arianna, al termine della finale sei risultata davvero incredula di aver vinto…

Non sapevo assolutamente quale fosse la mia situazione in classifica. Soltanto quando ho completato i miei sessanta piattelli, uscendo dalla pedana, ho guardato il tabellone e mi sono resa conto che con Madeleine Russell eravamo pari. Poi mi sono girata a guardare il suo ultimo doppio e ho visto che ha sbagliato il secondo, ma è stato tutto così rapido che ancora in quel momento non capivo di aver vinto. Solo quando ho guardato Sandro Bellini e Carlo Zandomeneghi allora ho avuto la conferma ed è stata un’emozione enorme.

(foto: Alessia Tonizzo)