Identikit dei giovani talenti: Antonio Brunetti & Matteo Bragalli
Sono stati i protagonisti del rush finale della gara degli Juniores al Gran Premio del Settore Giovanile di Skeet a Taranto e adesso si sottopongono volentieri ad un fuoco di fila di domande
(di Massimiliano Naldoni)
È stato un duello vero e proprio, come l’agonismo sempre impone, quello che Antonio Brunetti e Matteo Bragalli (rispettivamente a destra e a sinistra nella foto di copertina) hanno ingaggiato in pedana nello Skeet tra gli Juniores al Gran Premio del Settore Giovanile di Taranto. Ne è risultato un confronto di livello tecnicamente molto elevato in cui Antonio Brunetti – quasi ventunenne materano di Scanzano Jonico, iscritto al secondo anno di Medicina e Chirurgia a Bari e tesserato al Tav Ferrandina – con 116/125 in qualificazione, con il successivo 54/60 in finale e con un secco 6 a 5 a favore in shoot-off, ha svettato sul sedicenne di Pistoia Matteo Bragalli, da pochi mesi inquadrato nelle Fiamme Oro. Abbiamo sottoposto allora Antonio e Matteo ad un fuoco di fila di domande sulla recente gara di Taranto, ma anche su tanti altri aspetti che riguardano la loro carriera sportiva che è certamente ancora non lunghissima, per l’effetto benevolo dell’anagrafe, ma comunque carica di importanti significati tecnici e agonistici.
Nome e cognome: Antonio Brunetti e Matteo Bragalli. Ma in famiglia come vi chiamano?
Antonio: In famiglia mi chiamano Totò.
Matteo: Il mio babbo Stefano mi chiama Dottore o anche Pasticca.
C’è stato o c’è un nickname per gli amici?
Antonio: Toni per gli amici.
Matteo: A scuola mi chiamavano Brax o Braga.
Vi ricordate il luogo e la data in cui avete colpito il vostro primo piattello?
Antonio: Al campo di Policoro ormai molti anni fa
Matteo: Sicuramente a Montecatini con un .410
Qual era la previsione di piazzamento in classifica che avete mentalmente formulato quando facevate colazione nel primo giorno di gara del Gran Premio di Taranto?
Antonio: Pensavo di potermi classificare tra i primi otto tenendo conto che erano presenti più o meno tutti i tiratori della Nazionale, quindi ero conscio del fatto di avere avversari forti. D’altronde anche la gara di Roma di una settimana prima, che non era andata bene, aveva lasciato qualche traccia: quantomeno mi suggeriva di essere prudente nelle previsioni.
Matteo: Prima di partire avevo fatto una scommessa con il babbo e avevo detto: a questo giro vado a Taranto e faccio 121. E ho fatto davvero 121! Stavo sparando bene e quindi c’era senz’altro un’idea di podio. Anche se un conto è la qualifica e un altro conto è la finale: sono due gare diverse.
A proposito di colazione: la vostra colazione-tipo nei giorni di gara?
Antonio: Non si discosta molto dalla colazione che faccio in Università o a casa: generalmente prendo uno yogurt, un caffè e fette biscottate con la confettura
Matteo: Ammetto che la mia non è una colazione da sportivo con l’uovo e il prosciutto cotto. Un caffè, un succo, la brioche con la cioccolata, magari anche uno yogurt con i corn flakes. Salato: assolutamente niente la mattina.
Tra le serie di qualificazione qual è quella in cui siete rimasti più soddisfatti?
Antonio: Sicuramente entrambe le serie del secondo giorno in cui peraltro si sparava con un forte vento. Tra le due scelgo il primo 24 perché è stato quello che in generale ho più apprezzato. Non saprei dare una spiegazione precisa di questa scelta: forse potrei dire per la qualità della rottura dei piattelli. Ma certamente da quella serie ho ricevuto una sensazione migliore.
Matteo: Con la testa c’ero perfettamente in tutte le serie, quindi mi sono piaciute tutte le serie che ho fatto. In due serie ho fatto 25 e in una di quelle alla 5 ho tirato il mio singolo sul palo di fine campo del Pull e l’ho rotto. È stato il segno che con la testa ero perfettamente in gara e molto concentrato.
E la serie che invece vi ha lasciato insoddisfatti?
Antonio: La prima serie, quella del 22, è quella che mi ha lasciato più insoddisfatto. Ho rivisto gli errori: sono zeri che di solito non faccio e che avrei dovuto evitare. Avrei dovuto essere certamente un po’ più concentrato.
Matteo: La prima serie. Ero non proprio in tensione, ma sicuramente un po’ contratto. Infatti sono uscito con due zeri. Uno alla 5 e uno sulla prima doppia alla 4. Nella doppia c’era vento: il secondo è venuto fuori schiacciato e ho fatto lo zero.
La gara più emozionante a cui avete partecipato in questi vostri anni di carriera nel Settore Giovanile?
Antonio: Ho provato un’emozione profonda tre anni fa nel vincere il Trofeo Scalzone che è una gara inserita nel contesto del Trofeo Gli Amici di Lino in programma a Taranto. Ho partecipato poi a tutte le edizioni di quella gara ed è sempre stato molto piacevole.
Matteo: L’Emir Cup del 2023 in cui ho vinto e anche il Gran Premio internazionale di Porpetto: era la prima volta che sparavo da Junior e ho fatto una bella finale con 57/60.
Proviamo a fare un esame degli zeri della finale: ci sono ad esempio errori ripetuti sulle stesse pedane?
Antonio: No, erano tutti errori diversi: li abbiamo poi esaminati accuratamente con Nicola Irene.
Matteo: Tutti sulle inverse perché in questo periodo non mi sono allenato molto su quelle doppie: ho preferito privilegiare la qualifica. E dal momento che non mi ero praticamente mai allenato sulle inverse non è andata per niente male.
Sentivate di poter fare 54/60 in finale o è stato un punteggio al di sopra oppure al di sotto delle vostre previsioni?
Antonio: È stato un punteggio sicuramente al di sopra delle mie aspettative perché sono consapevole di allenarmi poco. E specialmente per la difficoltà delle doppie inverse in finale, quel risultato è stato una bella sorpresa.
Matteo: Ho affrontato la finale non con leggerezza, perché non è mai nelle mie abitudini, ma neppure con stress perché avendo il primo pettorale sapevo che nei pari merito sarei stato comunque avvantaggiato, quindi ero tranquillo. Poi è arrivata la bicicletta agli ultimi due piattelli: alla doppia inversa della 5. È lì che ho sentito il boato di delusione del gruppo della Toscana…
La vostra vacanza ideale è..?
Antonio: Mi piace molto la montagna. Due o tre anni fa siamo stati in vacanza in famiglia in una località del Trentino ed è stata una vacanza bellissima. Quindi il luogo ideale è in montagna: dove sia possibile effettuare escursioni. Curiosamente io abito a un paio di chilometri dal mare ma non amo il mare…
Matteo: Sono abituato ad andare al mare in Sardegna e mi piace molto. Qualche volta sono andato a Formentera, ma voto: Sardegna. Di solito andiamo a Cala Ginepro che fra l’altro è vicino al Tav Orosei.
Con quali sensazioni avete affrontato lo shoot-off?
Antonio: Ad essere sincero durante lo shoot-off ero stranamente molto tranquillo. Sono sempre stato invece molto agitato durante le finali che ho fatto in altre competizioni, ma questa volta, forse appunto consapevole del fatto che in gara ci fossero numerosi ragazzi molto più bravi, mi sentivo tranquillo. Sicuramente concentrato, ma appunto non particolarmente agitato: sono stato senz’altro più in agitazione durante le serie di qualificazione. Forse semmai un po’ di tensione si è affacciata più nelle fasi conclusive della finale quando frattanto mi ero reso conto che in effetti stavo sparando bene e quindi potevo ambire perfino al massimo risultato.
Matteo: Dopo la bicicletta all’ultima doppia della finale ero rimasto un po’ male dal momento che poi avevo già sbagliato due o tre rientri dell’inversa alla 5. Però non mi sono arrabbiato più di tanto: dentro di me ero contento e mi dicevo che, se anche fossi arrivato secondo, sapevo di aver fatto una bella gara. Lo zero nello shoot-off può arrivare: è un gioco fatto di errori questo nostro sport. Sarebbe stato anche bello chiudere al primo posto, ma non cambia il giudizio sulla gara.
Se non foste atleti di Skeet sareste atleti di quale altro sport?
Antonio: Verso i tredici anni sono andato in vacanza sul Pollino: in quella zona si pratica il rafting che mi aveva molto incuriosito. Quindi forse avrei potuto praticare il rafting, ma poi più avanti è arrivato il tiro a volo e quindi mi sono dedicato allo Skeet.
Matteo: Sarei un tennista perché prima di approdare allo Skeet giocavo a Tennis e se mi si concede la definizione strana: ero anche molto bravino. Ho giocato per sette o otto anni, poi ho smesso quando ho iniziato a sparare.
Durante la finale controllate a tratti il tabellone o fate la vostra gara senza nessun calcolo fino alla fine?
Antonio: Sia in finale che nelle serie di qualifica non guardo il tabellone perché guardare il tabellone aumenta a dismisura la mia ansia. Semmai guardo il mio allenatore che, specialmente nel caso di un errore, con uno sguardo mi fa capire dove ho sbagliato.
Matteo: In qualifica guardo all’ultima serie per vedere se sono in finale. In finale ovviamente ti può entrare nell’orecchio la voce del giudice che segnala chi esce e il punteggio, però cerco di non farci troppo caso.
Quante volte in questi anni vi hanno chiesto perché avete scelto lo Skeet?
Antonio: Me lo hanno chiesto tante volte e la domanda era sempre accompagnata da un’altra: che cos’è di preciso lo Skeet?
Matteo: Forse me l’hai chiesto soltanto tu in un’altra intervista una volta che eravamo a Lonato…
Allora ve lo chiedo una volta di più: perché lo Skeet?
Antonio: Io avevo sperimentato qualche altro sport prima di iniziare a sparare: ad esempio il calcio perché il mio papà ha giocato a calcio per molti anni. Però nessuno degli sport che avevo sperimentato aveva stimolato la mia curiosità. Invece lo Skeet, forse perché è molto tecnico e richiede concentrazione e dedizione, mi ha dato subito la sensazione di essere lo sport giusto per me. Potrei dire che l’ho scelto perché mi faceva sentire a mio agio.
Matteo: Semplice, perché quando ho iniziato seguivo il mio babbo che faceva lo Skeet. Mi ha portato su di un campo di Skeet e ha scelto per me il fucile da Skeet. Tra le discipline del tiro a volo comunque lo Skeet è quella che mi piace di più. Però ho sperimentato il mio primo giro assoluto alla Fossa Olimpica un mese fa a Montecatini e ho fatto 22…
Qual è la vostra occupazione abituale in gara nell’intervallo tra una serie e l’altra?
Antonio: Sicuramente appunto non guardo le classifiche in rete. Magari mi ritiro in macchina per ascoltare della musica o per studiare. Ma nell’intervallo tra una serie e un’altra può capitare anche di conversare semplicemente con altri atleti in gara.
Matteo: Ascolto un po’ di musica. Secondo me è bene, sì, isolarsi ma neanche troppo perché altrimenti, a stare molto isolato, finisci un po’ in stress. Preferisco parlare con gli amici. Parlo dieci minuti, uscendo dall’argomento del tiro, e poi magari sto altri dieci minuti ad ascoltare la musica.
Quando eravate alle primissime armi qual era la pedana del percorso dello Skeet che vi ha dato più problemi?
Antonio: La pedana 5 e la pedana 6.
Matteo: Potrei dire la 5 o la 6.
E qual è invece la pedana su cui concentrate di più il vostro allenamento in questo momento?
Antonio: Mi sto allenando un po’ di più sulla 6. Ma come dice sempre Nicola Irene: non lo dobbiamo chiamare problema perché se lo definiamo così lo diventa davvero insinuandosi nei nostri pensieri.
Matteo: Non c’è proprio una pedana che mi crea problemi: in questo momento forse lavoro un po’ di più sulla 3 e sulla 5.
Quanto vi allenate nell’arco di una settimana-tipo?
Antonio: Quando ho le lezioni e quando mi trovo in sessione con un esame alle porte come adesso mi alleno soltanto una volta alla settimana, il sabato o la domenica. Ho l’obbligo di frequenza in facoltà e quindi trascorro la settimana a Bari. Se non sono in sessione e non ho lezioni, allora riesco ad allenarmi anche due volte alla settimana.
Matteo: Quando ci sono le gare tutte le domeniche, non ti puoi allenare troppo durante la settimana perché arriveresti stremato alla gara. Se però non c’è una gara dietro l’altra, mi alleno quattro volte alla settimana a giorni alterni e faccio cinque serie ogni volta. Se invece ho due gare consecutive, allora il lunedì mi fermo: vado ad allenarmi il martedì e il giovedì e poi magari il venerdì faccio altre due serie, al massimo tre.
L’avvenimento sportivo che avete visto in televisione o in rete che vi ha appassionato di più in questi ultimi anni?
Antonio: Non vedo molto la televisione e quindi gli avvenimenti sportivi li seguo ma forse con un po’ di ritardo. Sicuramente mi ha appassionato la finale della prova di Coppa del Mondo vinta da Cassandro. Non seguo moltissimo il tennis, ma ho visto la finale dell’Open d’Australia con la vittoria di Jannik Sinner.
Matteo: Ho seguito Sinner nell’Open di Australia. Se invece parliamo di qualche anno fa: certamente la vittoria di Gabriele Rossetti a Rio.
A quando risale il primo 25/25 della vostra carriera?
Antonio: Mi trovavo a Capua in un Gran Premio di Skeet con formula Issf e avevo 15 anni.
Matteo: Non saprei dire esattamente quando, ma di certo già nel primo anno che facevo attività: da Esordiente nel 2020.
Il podio in pedana degli Juniores dello Skeet al Gran Premio del Settore Giovanile di Taranto: Antonio Brunetti, Matteo Bragalli e Antonio La Volpe
Il vostro idolo dello Skeet è…?
Antonio: Sicuramente Diana Bacosi e Luigi Lodde e anche lo stesso Andrea Benelli per la sua tecnica.
Matteo: Tra gli italiani, come atleta ma anche come amico: Gabriele Rossetti. Ma anche Vincent Hancock. E Anthony Terras che incontravo spesso a Montecatini quando si allenava con Sandro Bellini.
Il consiglio tecnico più prezioso che avete ricevuto?
Antonio: C’è una frase che il mio allenatore ripete sempre: imparare a fare gli zeri e saperli accettare e riconoscere.
Matteo: Sono dell’idea che se sei un osservatore attento, allora impari di più guardando. Quindi se assisto a una finale di Hancock, mi può arrivare qualche suggerimento importante anche se personalmente con Hancock non ho mai parlato.
Il vostro primo pensiero quando avete metabolizzato la collocazione in classifica al Gran Premio di Taranto..?
Antonio: Ero felicissimo del risultato e il primo pensiero è andato alla mia famiglia che mi ha sempre supportato, al mio allenatore e ai miei amici più stretti che mi hanno seguito e sostenuto durante le gare. E un pensiero l’ho dedicato anche a mio nonno, che si chiamava Antonio come me, che è venuto a mancare due anni fa, ma che è stato uno dei primi a sollecitarmi a praticare questo sport e si interessava sempre all’esito di ogni mia gara.
Matteo: A quel punto devi dire che va bene così perché indietro non si torna. Mi sono pentito di aver fatto la bicicletta alla 5. Forse in quel caso avrei fatto bene a buttare un occhio al tabellone prima dell’ultima doppia. Certamente occorreva assicurarsi almeno il primo di quella doppia. Lezione ricevuta, dai: se ne riparla alla prossima…
(Foto di Pavla Dolenska)