Dieci domande a Gabriele Nanni

Il paratleta di Sala Bolognese, bicampione del mondo di PT3, racconta la difficilissima gara del confronto iridato di Lima dello scorso settembre e le sensazioni che sta vivendo in questo magico momento di euforia agonistica

(di Massimiliano Naldoni)

Gabriele, torniamo con il ricordo al Mondiale di Lima: da campione in carica sei entrato in finale in sesta posizione con 90/125. Era il segnale evidente di qualche pronunciata difficoltà in qualificazione?

Sì, in qualificazione ho avuto davvero grandi difficoltà con i lanci del campo di Lima e ne ho avute addirittura fino dal primo giorno in cui abbiamo messo piede in quell’impianto. Io mi sono trovato ad affrontare dei piattelli in un contesto panoramico molto diverso da quello in cui sparo e in cui mi alleno abitualmente. Sparare con il campo visivo occupato da quel tappeto verde che si stende davanti alla pedana e con lo sfondo costituito da questo grande muro verde per me ha rappresentato una situazione del tutto nuova e ho avuto davvero tanta difficoltà. C’erano anche dei piattelli che definirei molto cattivi, quindi anche i lanci e gli schemi hanno contribuito ad accrescere i problemi.

Quindi già nelle serie di prova non stavi rispettando i tuoi punteggi abituali di quel momento?

No, non erano assolutamente i punteggi che stavo facendo in quel momento in allenamento in Italia. A Lima magari ho fatto una serie buona con tanta fatica e poi subito dopo un risultato davvero negativo. Ma per serie buona intendo un 20 o un 21 che era appunto un punteggio al di sotto dei miei standard di quel momento.

Gabriele Nanni esultante subito dopo la conquista del secondo titolo mondiale a Lima insieme allo spagnolo Castillo e all’emiratino Buhaleeba

Il momento davvero più difficile del tuo Mondiale?

Certamente al termine dei primi 75 piattelli perché il primo giorno di gara ho esordito con un 23, poi ho fatto 17 alla seconda e addirittura 13 alla terza. Della serie di partenza ero anche decisamente contento, poi si sono presentati dei problemi nel campo dove ho sparato la seconda serie, ma sono andato addirittura in crisi totale nella terza serie quando ho sparato nel campo in cui il muro sullo sfondo a un certo punto si conclude e crea davvero grandi problemi nella visualizzazione del bersaglio.

In quella terza serie gli zeri sono stati distribuiti?

Sì, ho sofferto un po’ in tutta la serie: ne colpivo due o tre e poi facevo uno zero, ne colpivo un altro e facevo uno zero. È anche vero che in quella serie si è verificato un guasto tecnico al fucile di uno dei miei compagni di batteria e quindi c’è stato uno stop di un quarto d’ora. Un fenomeno che non ha davvero giovato, dal momento che avevo già molti problemi con quei lanci..!

Gabriele Nanni in pedana agli Assoluti di Racconigi del 2023

Uscire con un 13 alla terza serie non è una doccia fredda: è addirittura qualcosa di peggio…

Sinceramente è stato un duro colpo, perché era davvero da tanto che non facevo un risultato come quello. E anche in allenamento lì a Lima, pur con i problemi che si erano manifestati subito, non avevo fatto un punteggio così negativo. Arrivavo dalla Coppa del Mondo in Croazia di qualche settimana prima in cui avevo vinto. Ero campione del mondo in carica. Con quella terza serie del primo giorno un bel po’ di certezze si sono dissolte in un attimo!

In quel momento qual è stato l’appiglio che ti ha permesso di trovare l’energia per riscattarti?

Devo riconoscere che ho avuto un sostegno determinante da parte dei compagni di squadra e dei dirigenti: il Ct Benedetto Barberini, Riccardo Rossi, ma soprattutto la Vicepresidente Emanuela Bonomi e il medico Sandro Polsinelli, quando la sera mi hanno visto veramente abbattuto hanno fatto a gara a prendermi da parte e a convincermi che con le due serie del giorno successivo si poteva ancora recuperare. Mi hanno detto: sappiamo quello che sai fare e sappiamo che lo puoi fare. Io qui sintetizzo molto: in realtà siamo stati insieme più di un’ora ad argomentare della mia situazione, ma è stato davvero un grande conforto. Sono riuscito ad andare a dormire tranquillo confidando di nuovo nelle mie capacità e infatti il giorno dopo sono riuscito a fare due 19 che mi hanno salvato e mi hanno permesso di entrare in finale.

Il podio della PT3 al Mondiale di Lima

C’è un bell’episodio di quel Mondiale che ricorderai a lungo?

È stato molto bello quello che è accaduto subito prima della quinta serie: quella del secondo 19 della seconda giornata. Stavo andando verso la pedana per aspettare il mio turno e mi si è avvicinato lo spagnolo Castillo, che era già stato secondo classificato nel Mondiale del 2022, che mi ha detto: mi raccomando, amico mio, vedi di entrare in finale perché io non voglio fare una finale senza il campione del mondo in carica. È stato un bel gesto. È stato il segno che anche gli avversari stavano facendo sportivamente il tifo per me e quindi ho capito che non potevo deludere tutti coloro che mi stavano sostenendo.

Come hai vissuto quella finale che hai conquistato con tanta fatica?

Ho concluso i primi 25 piattelli con 21. Per abitudine non guardo mai il tabellone e quindi non sapevo alla boa dei 25 come ero collocato in classifica. Guardando poi alla fine della gara ho visto che con il 21 ero già in testa. Ma lo spagnolo Castillo è sempre stato molto vicino: non sono mai riuscito a staccarlo per più di uno o due piattelli e infatti in uno degli step siamo stati addirittura a pari.

Gabriele Nanni è già stato convocato per la prima Coppa del Mondo di Paratrap del 2024 in India

Affrontare il Mondiale di Lima da campione in carica probabilmente ha amplificato quelle difficoltà di approccio emotivo alla gara che hai sempre indicato nel corso della tua carriera.

Venivo da una stagione in cui avevo tirato forte in quasi tutte le tappe. Avevo fatto due 119, qualche 118: quindi in tutto il 2023 mi ero ormai sempre orientato su un buon punteggio. Non conoscevo il campo di Lima e quindi mi attribuivo idealmente un 114 o 115. Devo dire che per certi aspetti trovarmi con 90/125, cioè con un punteggio molto al di sotto delle previsioni, mi è servito perché mi ha costretto a prendere atto con molto realismo che ero, come si dice in questi casi, alla base della montagna e c’era da scalarla tutta. Mi sono detto che occorreva lavorare curando ogni minimo dettaglio della finale e mi sono messo a testa bassa. Devo dire che non pensavo di riuscire a realizzare facilmente quella scalata, considerando appunto l’andamento dei primi giorni del Mondale. Ma devo di nuovo riconoscere che ho beneficiato di un grande supporto di tutta la squadra. A parte i primi quindici piattelli della finale in cui tutti stavano ovviamente a guardare se riuscivo ad ingranare, dopo il quindicesimo, quando era chiaro che ero tornato pienamente in pista, Emanuela in testa e anche gli altri hanno sottolineato ogni mio centro con gli applausi e questo mi ha dato una grande carica. Io avevo le cuffie e gli applausi li sentivo soffusi, in lontananza, ma in quel momento è stato davvero un grande aiuto. L’emozione della gara c’è sempre, però oggi è un’emozione diversa perché ho lavorato molto appunto per riuscire a controllarla. In effetti adesso utilizzo quell’emozione per chiudermi nella mia bolla: in particolare nella finale. Da grande peso che era, adesso quell’emozione è diventata la mia forza.

Tutte le medaglie azzurre del Mondiale di Paratrap 2023

È cambiato il tuo modo di allenarti dopo le vittorie di questi anni?

Facciamo una premessa. Il 2021 è stato l’anno della svolta. Ero un tiratore bravino che faceva i suoi risultati: cioè 116 o anche 117. Avevo fatto anche un 118. In quella stagione c’è stata una bella prova al Campionato italiano, c’è stata la prima convocazione in Nazionale e poi tutto quello che è successo dopo. Effettivamente non avrei mai pensato di riuscire a fare quel salto di qualità. Perché quello che mi ha stupito è che sono riuscito a far crescere fortemente la mia qualità agonistica e a darle solidità: nel periodo di forma riesco a stazionare a lungo sulla media del 23 e anche del 23 e ½. Per rispondere alla domanda: più che in quantità, il mio modo di allenarmi è cambiato in qualità. Perché posso dire addirittura che negli anni precedenti in cui non ero in Nazionale ho sparato anche molto di più. Nel 2023 ho sparato soltanto settemila cartucce per motivi di lavoro e di salute. Ma ho lavorato sulla qualità: la qualità della rottura del piattello, la qualità della fucilata e dei tempi della fucilata. Io ero molto lungo nella chiamata: nel Paratrap abbiamo i quindici secondi e capitava che io li utilizzassi tutti. Però quello comportava uno sforzo notevole, tant’è che adesso mi sono stabilizzato tra gli otto e i nove secondi. È un modo per uscire meno stanco dalla serie. Con il Gruppo delle Fiamme Oro, con la collaborazione di Pierluigi Pescosolido e Riccardo Rossi abbiamo messo giù un piano con cui ho potuto puntare essenzialmente alla qualità. Che è poi l’elemento che ti consente di avere fiducia e coraggio in quello che stai facendo. Quest’anno però l’obbiettivo sono le quindicimila cartucce perché, si badi bene, soltanto la qualità non basta. Per acquisire il massimo della fiducia in quello che fai servono anche i numeri. E poiché la qualità nel Paratrap sta crescendo a vista d’occhio, occorre lavorare con sempre maggior determinazione.