Daniele Di Spigno: a Changwon il Mondiale delle mille sorprese

Il Commissario tecnico della Nazionale under 21 della Fossa Olimpica spiega dettagliatamente il lavoro che ha permesso alla sua squadra di conquistare titoli e medaglie importanti all’appuntamento iridato della Corea

(di Massimiliano Naldoni)

Coach Di Spigno, proviamo a tratteggiare in breve il responso ma anche il teatro delle operazioni di questo Mondiale coreano per il Trap.

Nel complesso valuto molto bene il responso. A voler proprio individuare il punto più debole potrei dire che è mancato qualcosa nel Mixed Team, ma d’altronde non ci può essere sempre l’en-plein come è avvenuto l’anno scorso. Devo anche sottolineare che è stata una gara difficile dal punto di vista ambientale: a differenza dello Skeet che ha gareggiato sotto la pioggia, noi abbiamo avuto molto caldo e molta umidità. Magari effettivamente non temperature altissime, cioè: non oltre i trentadue gradi, ma con l’80% di umidità. In questa situazione stare sul campo per tutto il giorno in una gara che si svolge in tre giorni diventa sfiancante e prosciuga le energie di atlete e atleti. I piattelli, poi, non erano facili. Pur con il fatto che il campo di Changwon offre una buona visibilità, le traiettorie erano molto impegnative, quindi la squadra ha affrontato piattelli cattivi e angolazioni insidiose.

Il Preparatore atletico Carlo Alberto Zandomeneghi e il Ct Daniele Di Spigno

Se non la certezza (che nello sport non può esserci mai), c’era probabilmente la consapevolezza che Matteo D’Ambrosi, Emanuele Iezzi e Gianmarco Barletta potessero accedere tutti alla finale?

Assolutamente sì. Ho operato un solo turn-over rispetto all’anno scorso: ho inserito D’Ambrosi al posto di Edoardo Antonioli per il fatto che Matteo stava sparando molto bene fino dall’inizio di quest’anno. Ma anche Iezzi e Barletta erano lì perché hanno saputo riconfermare il loro ruolo di titolari: tutti i ragazzi e tutte le ragazze sanno benissimo infatti che aver vinto non significa avere il posto assicurato in squadra. Tutti e tutte sono consapevoli che il posto va conquistato nelle gare della stagione: a me interessano relativamente i punteggi, mentre invece guardo sempre con attenzione l’impegno e la qualità del tiro. Se ci sono queste premesse, i punteggi poi arrivano e avevo considerato che questi tre ragazzi erano quelli che esprimevano la maggiore qualità.

Il titolo di D’Ambrosi in questo Mondiale era annunciato fino dalle prime battute o è maturato strada facendo?

Matteo è partito in qualifica alternando il ritmo di tiro: in dei momenti era perfetto, ma qualche volta invece accelerava un po’ la fucilata. In finale però fino dai primi piattelli ho visto una grande costanza nella sua azione, quindi ho pensato che fosse la sua giornata e che lui potesse raggiungere il risultato. Nei primi sette, otto, dieci piattelli sembrava davvero un metronomo: era riuscito ad assumere un ritmo perfetto. È vero che aveva avuto certamente invece ancora delle difficoltà nell’ultima serie in qualifica. È un problema che era emerso anche a Suhl, in realtà. Come posso spiegarlo..? È il peso dell’ultima serie. Non dimentichiamo che in quella situazione tenere la testa sgombra dal pensiero del punteggio ma anche dal pensiero dell’ingresso in finale non è mai facile. Succede anche ai grandissimi: è immaginabile che accada anche a questi ragazzi.

Daniele Di Spigno celebra il doppio oro di Matteo D’Ambrosi in compagnia di Carlo Alberto Zandomeneghi e Emanuele Iezzi

C’era qualche aspettativa maggiore per la gara di Gianmarco Barletta?

Intanto dobbiamo dire che Barletta, come anche D’Ambrosi, si è trovato ad affrontare il primo step importante quando ha dovuto superare lo shoot-off per entrare in finale. Si parla quindi già di uno step prima della finale che impegna fortemente. Quanto al risultato della finale, è un peccato che non sia riuscito a correre per una medaglia perché ha sparato benino. Benino: ribadisco. Non benissimo, va detto. Tant’è che avevo deciso di non utilizzare Gianmarco per il Mixed Team in favore di D’Ambrosi che avevo visto certamente più in forma. In realtà io ho dovuto designare le squadre del Mixed Team prima della giornata conclusiva della gara individuale, quindi non ho escluso Barletta a seguito della valutazione della sua finale. Ho valutato tutti in base alle due serie libere e a quelle dell’allenamento ufficiale. In gara poi Barletta ha confermato di alternare delle gran fucilate con altre in cui incontrava delle difficoltà: magari ad esempio due o tre seconde canne di seguito. Gianmarco è un ottimo tiratore e quindi con l’esperienza che già può mettere in campo è uscito bene da qualche difficoltà, ma si vedeva che non stava attraversando il suo miglior momento di forma. Sicuramente avrebbe giovato la possibilità di condurre un allenamento un po’ più accurato sul campo di gara.

Ecco appunto un tema di grande attualità: tutte le squadre azzurre “di ogni ordine e grado” rivendicano infatti la necessità di allenarsi di più sui campi di ogni specifica gara.

I comitati organizzatori confondono l’allenamento con la rifinitura. I ragazzi e le ragazze, ma vale anche per atlete e atleti di età superiore, non vanno lì sul campo di gara ad allenarsi, perché quando arriviamo ad un appuntamento importante l’allenamento ovviamente è già stato svolto in precedenza. La rifinitura però è altrettanto importante: cambiano le macchine lanciapiattelli, cambiano i piattelli, cambia lo sfondo. Tutte queste cose devono essere tarate e un paio di serie spesso non sono sufficienti per quella che abbiamo definito appunto: rifinitura.

Emanuele Iezzi ha conquistato una medaglia certamente prestigiosa e importante.

Bravo e determinato: tutto quello che posso dire di Iezzi che ha conquistato una grande medaglia. Emanuele ha affrontato questa competizione probabilmente non in formissima, però ha saputo supplire con il suo gran carattere, a testa bassa per tutta la gara. Quando dico: non in formissima intendo dire che non è riuscito a stabilire subito un grande feeling con il campo. Però Iezzi non ha mollato mai: magari avrebbe voluto lanciare il fucile per non lasciare andar via il piattello e fare zero! È una bella conferma per lui: un argento l’anno scorso e un bronzo quest’anno indicano due presenze sul podio al Mondiale in due anni consecutivi e sono davvero tanta roba.

Le pagelle del professor Di Spigno per la squadra maschile.

Per Matteo D’Ambrosi: 9, per Emanuele Iezzi: 8 e ½  e per Gianmarco Barletta: 7 e ½.  Meritano pienamente questi voti alti perché hanno anche inflitto una decina di piattelli di distacco alla seconda squadra classificata: è il segno più netto della loro superiorità individuale e di gruppo.

Gianmarco Barletta, Emanuele Iezzi e Matteo D’Ambrosi ricevono il titolo iridato 2023 delle squadre di Trap

Qual è invece la sorpresa più significativa del comparto femminile?

Sicuramente una ritrovata Giorgia Lenticchia che all’inizio dell’anno si era un po’ persa. In questi mesi Giorgia ha affrontato qualche importante modifica tecnica e ha dimostrato di poter tornare a fare dei punteggi che le permettessero di andare in finale anche nelle gare all’estero. È riuscita a tornare assolutamente competitiva e ha meritato la convocazione. Mi sento in dovere di suggerire soprattutto a lei che il giorno in cui sarà in grado di credere un po’ di più in sé stessa, riuscirà davvero a far bene e soprattutto con più costanza. Giorgia ha una personalità sanguigna e nei momenti in cui ha dei black-out si infuria: si avvelena letteralmente. Qualche volta siamo riusciti a tenere sotto controllo questi momenti e quindi magari dopo uno zero Giorgia è riuscita ad accettare quello zero e ad andare avanti senza conseguenze. Altre volte, invece, l’ho vista fare uno zero e poi altri cinque a cascata per l’effetto nervoso del primo. Anche per Giorgia l’ultima serie di gara in qualifica è stata un po’ traumatica, ma è un effetto comune a tutte le ragazze e a tutti i ragazzi della squadra. Questo soprattutto perché la gara in tre giorni è una gara anomala che fra l’altro noi in Italia non facciamo mai. È una gara in cui quell’ultima serie di qualifica, isolata lì nel terzo giorno, diventa quasi una finale del mattino. Spesso, come è accaduto anche a Changwon, il gruppo di testa della classifica è distribuito in due o tre piattelli, di conseguenza se anche hai un piattello o due di vantaggio, sbagliare quella serie può voler dire perfino uscire dal gruppo della finale. E questo costa molto stress.

Elena Navelli si è dimostrata una solida certezza.

Sì: Elena Navelli dall’inizio di quest’anno ha dimostrato di essere cresciuta davvero tanto. È sempre in finale o molto vicina. Deve sicuramente ancora maturare sotto l’aspetto della gestione emozionale della gara ma è sulla buona strada. È una ragazza tenace che si allena tanto e si prepara tanto e gli effetti positivi di questo lavoro serio sono finalmente visibili.

C’è invece una Sofia Littamè agonisticamente in sofferenza.

Con Sofia abbiamo parlato a lungo prima di partire, poi durante questo Mondiale e anche in aereo nel corso del volo di ritorno. Sicuramente Sofia sta incontrando delle difficoltà. Una significativa responsabilità di questi problemi è da attribuire all’incertezza che si è creata all’inizio dell’anno quando non era apparso chiaro se dovesse rimanere tra le Junior per un altro anno o se invece dovesse già gareggiare tra le Ladies. Forse se avesse avuto la possibilità di misurarsi subito con le atlete “grandi”, sarebbe stato diverso. Sofia ha anche affrontato qualche cambiamento tecnico con il quale ovviamente si riproponeva di incrementare la sua qualità di tiro, ma forse quei cambiamenti non hanno dato l’esito sperato. È fuori discussione che ci troviamo di fronte a una ragazza di grande talento che ha qualche limite determinato dall’età: c’è un carattere molto combattivo, ma alle volte anche fragile. Intorno a questa fragilità si deve lavorare con cura perché Sofia, agonisticamente parlando, possa invece essere attiva e cattiva.

Il Ct Daniele Di Spigno e Sofia Littamé

Professor Di Spigno: cosa recita la pagella della squadra femminile?

La pagella dice per Giorgia Lenticchia: 8. Per Elena Navelli: 7. Per Sofia Littamè: 6 sulla fiducia perché sono convinto che a breve possa ritornare ai suoi livelli migliori.

Il Mixed Team poteva avere un esito più favorevole?

Quando, nell’ultima nostra serata a Changwon, ho formulato il giudizio su tutta la trasferta ho detto: brave e bravi nell’individuale, bravine e bravini nel Mixed Team. Volevo indicare che per la stanchezza le atlete e gli atleti in quell’ultima gara non ci hanno creduto sufficientemente. In realtà se si analizzano i numeri si tratta di uno o due piattelli che hanno fatto la differenza tra andare a medaglia e non andarci. Dunque, bastava crederci appena un po’ di più. Un aspetto interessante è che un po’ tutte le atlete e tutti gli atleti di ogni nazione sparano meglio nel Mixed Team che nell’individuale: forse dipenderà dal fatto di avere il compagno di squadra accanto con cui puoi condividere la tensione della gara. Nel nostro caso devo dire: peccato! Perché anche se in questo quadriennio il Trap Mixed Team non è disciplina olimpica, poteva essere una medaglia che avrebbe fatto bene ai diretti interessati e a tutto il comparto Italia. Mi spiego meglio: far pensare agli altri che possiamo essere battuti, li rende in realtà più forti. Le ragazze e i ragazzi della mia squadra lo hanno capito e non hanno cercato scuse. Hanno compreso che la differenza tra il buon tiratore e il campione sta proprio in quella capacità di individuare le ultime forze che si possono mettere in campo per conseguire quel risultato che conta. Questa volta una medaglia nel Mixed Team sarebbe stato quel risultato che occorreva. E forse di medaglie ne avremmo potute prendere anche due. È una lezione che le ragazze e i ragazzi hanno però compreso perfettamente e sono certo che sapranno far tesoro di questa esperienza già dalle prove successive.

Daniele Di Spigno con Carlo Alberto Zandomeneghi, Giorgia Lenticchia, Matteo D’Ambrosi e Emanuele Iezzi