Cinque domande a Sandro Bellini

Il Commissario tecnico della Nazionale under 21 di Skeet analizza il responso del Campionato europeo di Osijek

(di Massimiliano Naldoni)

Una partenza tutta in salita e poi un vero trionfo nelle gare del Mixed Team e delle squadre: è questo in estrema sintesi il profilo della partecipazione delle azzurrine e degli azzurrini al confronto continentale in Croazia. È il Ct Sandro Bellini (al centro della foto di copertina con Sara Bongini e Andrea Galardini) a interpretare tutti i dettagli di questa competizione che ha visto le ragazze e i ragazzi dello Skeet esercitare un autentico dominio nelle sfide collettive.

Coach Bellini, quali sono stati i segnali inequivocabili che hanno trasmesso subito l’impressione che le gare individuali non prendessero la piega desiderata?

Nel caso delle ragazze, tutte hanno avuto qualche problema imprevisto, nonostante che al Campionato italiano avessero fatto dei buoni risultati e avessero svolto bene anche il raduno. Fra l’altro, al Campionato italiano non avevamo forzato agonisticamente proprio per arrivare pronti all’Europeo e sia Sara Bongini che Damiana Paolacci e Viola Picciolli stavano sparando tutte veramente bene. All’Europeo Damiana aveva iniziato addirittura con un bel 24, poi aveva proseguito con un 22 in cui è vero che erano emersi alcuni lievi problemi tecnici ma che stavamo risolvendo facilmente. Poi, però, alla terza serie è arrivato quel 20 con tre zeri sulla pedana 2: praticamente ne è risultata una pedana vuota. In quella stessa serie è poi arrivato ad esempio un altro zero imprevisto alla 8 che ha spiegato tutte le grandi difficoltà di quel campo. È chiaro che a quel punto la gara è risultata tutta in salita. Analizzando la situazione, certamente su quel campo c’era un problema di visibilità, infatti nel secondo giorno a Damiana ho suggerito di posizionare le canne diversamente per risolvere quei problemi di percezione del bersaglio che avevano originato gli errori della prima giornata. Certamente, ripeto, sono stati zeri non prevedibili per lo stato generale che Damiana aveva dimostrato nella fase di avvicinamento all’Europeo e anche nelle primissime serie di quella gara. Per Sara è accaduta la stessa situazione. Stavamo proprio commentando la sua ottima condizione dall’area tecnica alle spalle del campo con Carlo Alberto Zandomeneghi ed esattamente in quel momento sono arrivati i tre zeri alla pedana 3. A quel punto siamo intervenuti con Sara per cercare di ritrovare subito le sensazioni giuste: e le abbiamo ritrovate il giorno successivo ripartendo dalle basi. E, infatti ripartendo dai fondamentali, Sara è riuscita a fare delle gare eccezionali ad alto livello nella seconda parte dell’Europeo. In realtà questo è il meccanismo ordinario per il nostro sport: con la tiratrice o con il tiratore in ogni gara, che è sempre una storia a sé, devi sapere recuperare l’equilibrio giusto.

Sandro Bellini celebra la vittoria nel femminile a squadre con Damiana Paolacci, Sara Bongini e Viola Picciolli

Un dato certo è che la formazione ha saputo dimostrare una coesione eccezionale nelle prove collettive.

Sono davvero contento di tutte e di tutti: della formazione femminile composta da Sara Bongini, Damiana Paolacci e Viola Picciolli e di quella maschile di Andrea Galardini, Marco Coco e Francesco Bernardini. Sono orgoglioso di aver visto una squadra che ha funzionato perfettamente come gruppo. Infatti nelle gare collettive è emersa proprio la grande qualità e la grande coesione di questo gruppo di atlete e di atleti. Devo dire che è stata davvero una grande soddisfazione vedere le ragazze e i ragazzi lottare insieme per il risultato. Il lavoro con i più giovani è sempre gratificante e ancora di più quando percepisci che le atlete e gli atleti ascoltano i tuoi consigli e le tue indicazioni e mettono subito in pratica in pedana quello che tu hai suggerito. Io per primo, d’altronde, ogni mattina di questo Europeo sono riuscito a ritrovare una carica particolare per affrontare la giornata e credo di essere riuscito a trasmetterla a tutte le atlete e a tutti gli atleti.

Un Europeo a fine stagione è un impegno gravoso sia fisicamente che psicologicamente?

Sicuramente eravamo un po’ stanchi tra raduni e Campionato italiano e ho compreso che questa condizione non poteva essere ignorata. So di essere stato anche un po’ severo con le atlete con gli atleti e ho detto: non dobbiamo assolutamente convincerci di questa situazione e non dobbiamo soprattutto fino da ora sentirla come una giustificazione perché sia in questo momento, cioè: in questo Europeo, che in qualunque altra gara che affronterete in futuro non potrete andare a cercare la scusa che siete stanchi. Allora siamo riusciti a gareggiare nei giorni successivi staccandoci completamente dal pensiero della gara nella sua totalità e andando a fare singole gare di un piattello alla volta. Ho trasmesso questo messaggio: fingiamo di essere ad un raduno, in un allenamento in cui io e voi soltanto affrontiamo un piattello per volta.

Sandro Bellini e il preparatore atletico Carlo Alberto Zandomeneghi con Andrea Galardini, Marco Coco e Francesco Bernardini

La contiguità tra le gare importanti del calendario nazionale e quelle del calendario internazionale ha costretto a qualche peripezia di programmazione?

Il Campionato italiano è sempre la gara più importante tra quelle che celebriamo in Italia ed è sempre la competizione che dà i suggerimenti anche per la stagione successiva. È per quello che ho scelto di non far competere le atlete e gli atleti nel Mixed Team per non sottoporli appunto, tra Assoluti ed Europeo, a una gara di quindici giorni senza interruzione.

Il Ct azzurro con Sara Bongini e Andrea Galardini sul podio del Mixed Team

La medaglia di Galardini nell’individuale è un risultato eccellente: avrebbe potuto essere di un metallo più pregiato?

Per Andrea Galardini è stato quel passaggio a vuoto alla pedana 5 a condizionare totalmente l’esito della finale, però va anche detto che nello sport non c’è mai la riprova del contrario di quello che è accaduto. La situazione è questa: ogni volta che Andrea esce dalla pedana ci scambiamo sempre uno sguardo che è il nostro modo di darci reciprocamente un parere. In finale dalla pedana 4, dopo aver colpito tutti e quattro i piattelli, è uscito senza rivolgermi lo sguardo. Io ho cercato di richiamare la sua attenzione nel modo discreto in cui si può fare in quel caso perché sappiamo che non è ammesso un dialogo diretto con il coach. Ho notato che era molto concentrato, ma il fatto che non ricambiasse lo sguardo consueto mi ha fatto supporre che qualcosa non stesse andando nel verso giusto. Alla pedana 5 c’era stato un problema in gara che avevamo risolto decidendo di affrontare diversamente quei due lanci: ovvero portando molto il primo piattello. Se Andrea mi avesse guardato uscendo dalla 4, io gli avrei confermato con lo sguardo di attenersi a quello che avevamo deciso la mattina stessa: cioè, appunto allungare un po’ il tempo sul primo piattello. Andrea in quel momento ha privilegiato la concentrazione, non siamo riusciti a comunicare nella maniera consueta, è andato alla 5 e ha sparato due fucilate veloci, esattamente come a lui era risultato naturale all’inizio della gara, prima appunto che corressimo ai ripari con il suggerimento di allungare il primo piattello. L’ho detto prima: non c’è mai la riprova che sarebbe andata diversamente con un’occhiata, però, come ho fatto notare proprio ad Andrea dopo la gara, non è escluso che una verifica in più, con il consueto sistema degli sguardi, nel passaggio dalla 4 alla 5 avrebbe potuto trasformare l’esito della gara. Ma ripeto: è soltanto un’ipotesi e sappiamo che nello sport più delle ipotesi vale quello che un atleta e il suo coach riescono a fare. E il risultato ottenuto è comunque davvero molto positivo.