Antonio Brunetti: il mio futuro da studente-atleta
Il ventunenne materano di Scanzano Jonico è il campione italiano di Prima categoria di Skeet ma anche un brillante studente di Medicina all’Università di Bari
(di Massimiliano Naldoni)
Nella scorsa primavera Antonio Brunetti era stato protagonista di una delle interviste proposte nel Magazine dopo la vittoria al Gran Premio del Settore Giovanile di Taranto. Frattanto però il ventunenne di Scanzano Jonico allievo di Nicola Irene (con il quale Brunetti posa nella foto di copertina) si è laureato campione italiano di Prima categoria: a Laterina nello scorso settembre l’atleta materano del Tav Ferrandina ha totalizzato 115/125 in qualificazione e poi ha dominato la finale con 53/60 precedendo il 48 di Ivano Santucci. Con questo importante traguardo si è dunque trasformato l’orizzonte dello Skeet per lo studente-atleta?
Antonio, è vero che la conquista del titolo è qualcosa che inseguivi da tempo?
Sì, effettivamente da alcune stagioni cercavo di perseguire questo traguardo e finalmente all’ultimo anno del Settore Giovanile è stato possibile realizzare il proposito. Quindi il risultato mi ha prodotto una grande felicità perché mi è anche piaciuto concludere il periodo del Settore Giovanile con un titolo, seppur di categoria.
Non ha un valore quantomeno analogo lo scudetto di Prima rispetto al titolo del Settore Giovanile?
Diciamo che la questione riguarda il fatto di competere con atleti della tua stessa età. Nella mia personale visione c’è una netta differenza tra competere nel Settore Giovanile e gareggiare per la categoria perché ho sempre considerato che gli atleti del Settore siano davvero molto bravi e molto preparati. Non so quindi se la gara avrebbe avuto lo stesso esito favorevole per me se avessi gareggiato per il titolo del Settore.
Che cosa ti ha dettato la scelta di gareggiare in Prima categoria?
La consapevolezza che nei mesi precedenti al Campionato italiano l’impegno da me profuso per lo studio e per condurre in porto il secondo anno di Università mi aveva costretto a trascurare la preparazione tecnica e pertanto la realistica considerazione che, con un allenamento esiguo, nella gara per il titolo di categoria la situazione potesse essere più a mio favore.
Antonio Brunetti al vertice del podio di Prima categoria con Ivano Santucci e Ubaldo Falvo
Nella gara di Laterina che ti ha consegnato il titolo c’è stata una partenza travolgente con un 25 e un 24, ma con un 21 alla terza serie: che cosa è successo?
Quella tensione che si ingenera quando, dopo due serie positive, si vuole continuare a mantenere un certo livello di risultato mi ha penalizzato in quella terza serie e mi ha portato a sbagliare qualche piattello in più. È un problema che si è presentato anche in altre gare. In sostanza la paura di sbagliare e di rovinare il punteggio che hai acquisito è proprio quella che ti porta poi a sbagliare. Con il tempo ho imparato a riconoscere questa sensazione ed è una circostanza che conosce bene anche il mio allenatore Nicola Irene che è sempre stato in grado di fornirmi gli strumenti per fronteggiare quei momenti.
La possibilità di confrontarti con Nicola Irene proprio durante il Campionato italiano ha rappresentato un supporto importante?
Naturalmente è sempre importantissima la sua presenza. In questo caso è stato anche un solido supporto per me durante la finale. Anche se è stata tutto sommato una presenza discreta rispetto ad altre competizioni in cui mi ha trasmesso più consigli. Però la sola sua presenza per me è sempre necessaria perché mi tranquillizza.
Il punteggio di qualificazione e di finale del Campionato italiano rispecchia i punteggi con cui a primavera avevi vinto il primo Gran Premio del Settore Giovanile: ne deriva che anche con un allenamento ridotto riesci a rispettare degli ottimi punteggi?
Sì, infatti sono molto soddisfatto di questo. L’allenamento ridotto determina il fatto che qualche mio movimento non sia così fluido e che magari qualche piattello non sia colpito in maniera perfetta ma soltanto scheggiato. Ma d’altronde nel nostro sport valgono anche le lamette… D’altronde lo stesso Nicola Irene mi assicura che, con un livello tecnico consolidato, anche un allenamento non proprio largo permette di ottenere buoni risultati.
In allenamento rivolgi la tua attenzione anche alla finale?
Sì, con Nicola Irene organizziamo sempre il lavoro per curare tutte le fasi della gara. Magari inizio con un giro completo, poi mi soffermo sulle pedane che creano qualche problema, come ad esempio la 5 e la 6, e poi mi dedico alle doppie e alle doppie inverse simulando la finale. Questo naturalmente durante l’anno avviene in prossimità di quelle gare in cui si disputerà appunto la finale.
Antonio Brunetti festeggiato dal coach, dalla famiglia e dagli amici
Antonio, stai concludendo il Settore Giovanile con il titolo di Prima categoria e l’approdo ai Senior da Eccellenza: forse è perfino al di sopra delle tue aspettative di qualche tempo fa?
Assolutamente sì. Non mi aspettavo appunto di vincere il Campionato italiano quindi si è trattato di una grande soddisfazione. Ma d’altronde anche la vittoria nel Gran Premio a primavera era arrivata inattesa perché non avevo nessun tipo di aspettativa. E forse proprio questa situazione mi ha tenuto al riparo da una condizione di ansia che avrebbe potuto danneggiarmi.
Qual è il tuo rapporto con l’errore: il famigerato zero?
Mi piace citare quanto dice sempre Nicola Irene. Che si deve applaudire il 25, ma anche il 24 ottenuto con uno zero magari all’1 Pull perché dimostra che quell’atleta ha avuto la forza di accettare il primo zero e di compiere poi il resto della serie in maniera perfetta. Quando si inizia a fare questo nostro sport si immagina di fare subito 25 o comunque un bel punteggio e se invece matura appunto qualche zero all’inizio del percorso, innervosirsi è molto facile. Ma quell’atteggiamento può compromettere totalmente la gara. Non è qualcosa che si impara subito: è con il tempo che anche io ho acquisito questa maggiore tranquillità.
L’orizzonte dell’Eccellenza ti suggerisce di curare maggiormente la preparazione pur tenendo conto delle esigenze della studio?
È una bella domanda. Diciamo che in questi anni non ho mai immaginato di raggiungere comunque livelli molto alti nonostante che ci sia sempre stata l’ambizione di ottenere dei risultati. Quindi in questo momento quasi non saprei rispondere. Anche perché gli atleti come me non svolgono l’allenamento e non partecipano alle gare come fanno invece i professionisti. Adesso però non so davvero se si verificheranno le condizioni per farmi immaginare di poter essere un atleta professionista. Sarebbe certamente interessante. È vero però che il percorso di studi che sto compiendo è molto lungo e non vorrei prolungarlo più di tanto inserendo attività parallele di grande impegno.
E professionalmente quali sono i tuoi orizzonti?
Mi piace la medicina nella sua interezza e quindi non intendo procedere con una ultra-specializzazione. Sono orientato verso la medicina interna o l’endocrinologia.
Qual è la prerogativa che più ti attrae dello Skeet?
Sicuramente il fatto che è uno sport che garantisce a tutti i praticanti di tutti i livelli di intrattenere un contatto stretto anche con atleti e atlete che dispongono di un’esperienza infinita e che hanno ottenuto vittorie prestigiosissime a livello internazionale. E questo fenomeno, specialmente ad esempio per atleti e atlete del Settore Giovanile, è un aspetto straordinariamente formativo.