Universale: parlano le stelle del Mondiale

Le considerazioni di Vincenzo Triscari, Graziano Borlini, Rachele Amighetti e del Dt Sandro Polsinelli sul confronto iridato di Roma che ha illuminato l’estate italiana

(di Massimiliano Naldoni)

È una luce intensa che riverbera ancora sull’estate tiravolistica italiana quella proiettata dal Campionato del mondo di Fossa Universale dei primi di agosto e per i protagonisti e le protagoniste di quell’appuntamento è ormai tempo di bilanci a freddo. Il primattore dell’evento capitolino è stato Vincenzo Triscari: il trentenne messinese di Sant’Agata di Militello che veste la maglia della Polisportiva La Contea ha dominato la classifica open totalizzando 196/200 e poi superando in spareggio (per 25 a 19) un formidabile Graziano Borlini che con una gara realmente rocambolesca (il pieno significato dell’attributo emerge perfettamente dalle parole dell’atleta bergamasco del Trap Pezzaioli) si è aggiudicato l’argento assoluto e il titolo iridato dei Veterani sia individuale che a squadre in complicità con Roberto Coppiello e Francesco Pollicino. Ma folgorante è stata anche la prova di Rachele Amighetti: l’atleta lombarda del Trap Concaverde con 181/200 ha meritato il bronzo nella gara individuale delle Ladies e ha fornito lo slancio necessario per agguantare un prestigioso argento al team completato da Bianca Revello ed Ester Iannotti. È proprio a Vincenzo Triscari, a Graziano Borlini, a Rachele Amighetti e naturalmente al Direttore tecnico azzurro Sandro Polsinelli che abbiamo dato qui la parola per spiegarci le emozioni di oggi e le prospettive per il prossimo futuro dell’Universale.

Sandro Polsinelli

Coach Polsinelli, quali sono le certezze confermate ma anche gli esiti sorprendenti del Mondiale di Roma?

Innanzitutto va detto che quando si parte per un’impresa come un Campionato del Mondo si coltiva sempre il desiderio di dare il massimo e anche di ottenere il massimo. Io sono sempre molto convinto della squadra che convoco per i grandi appuntamenti e per quel motivo, a gara conclusa e a prescindere dal risultato, se anche potessi rigiocare la partita, ogni volta porterei di nuovo la stessa squadra perché la selezione è stata molto accurata e precisa. Se vogliamo parlare di sorprese, vedere Graziano Borlini, un Veterano di esperienza e di fatto, spareggiare per il titolo con Vincenzo Triscari ha rappresentato uno degli esiti più sorprendenti in positivo di questo Mondiale. Nel responso generale della gara sicuramente tutti avremmo sperato di vedere la squadra Man in una posizione di maggior rilievo, però io da sempre indico ai miei atleti qual è il mio criterio di valutazione dell’esito di una gara. Se un atleta esce dalla pedana e mi dice che più di quello non poteva fare, io so che ha dato il massimo e per me sotto il profilo sportivo ha comunque già vinto la sua gara. D’altronde a un Mondiale come quello che abbiamo vissuto nelle scorse settimane, si gareggia ad un livello agonistico stratosferico, quindi, non tanto gli errori, ma addirittura soltanto le lievi imperfezioni non sono ammesse.

Sandro Polsinelli

Più facile o più difficile concorrere per i titoli iridati in casa?

Arrivo alla risposta, ma prima: una premessa. Vorrei sottolineare il fatto che abbiamo avuto l’opportunità di poter soggiornare in un ambiente di grande significato sportivo e agonistico perché nel corso del Mondiale risiedevamo al Centro di Preparazione Olimpica dell’Acqua Acetosa. Questo ci ha permesso di coltivare ancora di più quel concetto olimpico dello spirito di squadra sul quale io punto sempre in occasione delle gare importanti. Di nuovo per mia espressa volontà abbiamo circoscritto i commenti dei risultati quotidiani al briefing di fine giornata per impedire che la tensione agonistica si insinuasse anche nei momenti di relax. Gareggiare in casa sotto gli occhi del tuo pubblico, dei dirigenti federali e dei tanti appassionati è sicuramente più difficile e la tensione spesso prende il sopravvento rispetto a quello che accade magari in trasferte in luoghi molto lontani da casa. Però, intendiamoci, casa o non casa, è comunque un Mondiale che questa volta ha visto concorrere diciassette nazioni di tutti i continenti e sono quindi le prerogative della gara che producono tensione. Però posso dire che anche le new entry della squadra non hanno sofferto troppo questa pressione perché sicuramente siamo arrivati ben preparati all’appuntamento grazie al lavoro fatto da Giuliano Callara, da Vito Cito e anche da Roberta Pelosi, capo delegazione, e dal sottoscritto. Di conseguenza, alla luce di tutto questo, mi dichiaro più che soddisfatto della prestazione di ogni singolo elemento della squadra. Quando in una gara si producono risultati di grande rilievo come in questa occasione, è anche merito dell’organizzazione e di tutte le istituzioni che concorrono alla realizzazione dell’evento. Mi è d’obbligo quindi ringraziare il Presidente della Fitav Luciano Rossi, il Presidente della Fitasc Jean-Francois Palinkas e la Commissione tecnica della Fitasc per il grande lavoro svolto.

Sandro Polsinelli con i collaboratori Giuliano Callara e Vito Cito e il team azzurro delle Ladies

Coach Polsinelli, il Mondiale australiano, se non certamente in senso geografico, in termini di tempo è già dietro l’angolo. Qual è la scaletta di avvicinamento a quell’appuntamento?

La programmazione nei fatti è iniziata nel mese di aprile e in quel momento sono stati resi pubblici anche i criteri di selezione delle squadre. Porteremo tre atleti della qualifica Man con cui concorreremo anche al titolo a squadre e porteremo il primo classificato di ogni qualifica al termine dei test di selezione con la sola esclusione dei Master che non concorreranno alla designazione. Il primo test si svolgerà a Fagnano proprio in questo prossimo ultimo weekend di agosto. Seguiranno poi il test di Lonato che sarà il 20 settembre e la finale di Ponso il 13 ottobre. Sono tre prove a 200 piattelli che metteranno a dura prova. Io mi riserverò di designare il terzo componente della squadra Man: la condizione irrinunciabile per la designazione è che l’atleta abbia partecipato a una delle prove di selezione e alla finale. Mi auguro naturalmente che partecipino in tanti a questa selezione. Nella valutazione non varranno i titoli acquisiti come il titolo open per Triscari e quello dei Veterani per Borlini e quindi si ripartirà da zero per tutti e per tutte. E sarà sicuramente un test molto impegnativo ma anche molto appassionante.

Vincenzo Triscari

Vincenzo, a qualche settimana di distanza come giudichi la tua strepitosa avventura al Mondiale di Roma?

Ero sicuramente certo delle buone possibilità di ottenere un bel risultato. Certamente avrei sperato di essere convocato in squadra e di affrontare il Mondiale da azzurro: so che a livello di regolamento non c’erano i requisiti per quella convocazione e ho accettato la situazione anche se ovviamente con un po’ di amarezza. Nella fase di preparazione della gara Adriano Avveduto, direttore tecnico della mia scuderia, la Polisportiva La Contea, mi ha caricato da autentico coach: Adriano diceva di essere sicuro che potessi fare un bel risultato. Ed è stato proprio lui a convincermi definitivamente ad andare a partecipare al Mondiale nonostante che al Campionato italiano avessi sparato male: e del resto quella è stata in realtà l’unica gara dell’anno in cui non ho fatto un risultato di buon livello. Ma nelle settimane prima del Mondiale Adriano appunto insisteva dicendomi: hai ottime possibilità, stai sparando benissimo. D’altronde, se pratico questo sport con passione, è decisamente grazie ad Adriano: grazie a quelle parole che lui, da esperto atleta e allenatore, sa pronunciare per darti la carica o per tranquillizzarti. Effettivamente ho affrontato il Mondiale così determinato che sentivo davvero di poter dare il massimo. Poi, certamente ci sono state situazioni specifiche della gara che hanno rappresentato la chiave della vittoria: ad esempio, non mi sarei aspettato di riuscire a totalizzare un 50/50 nell’ultimo giorno che è stato poi il risultato che ha fatto volare il mio punteggio. Appena ho capito che avevo vinto il titolo mondiale, mi è venuto in mente quello che mi disse simpaticamente il mio collega di scuderia Francesco Pollicino nello scorso dicembre commentando la mia professione e la mia passione sportiva. Francesco disse: Vincenzo, se spari come fai il torrone, sarai di certo campione del mondo.

Vincenzo Triscari

Ci confermi che c’è stata una fase precisa della gara in cui hai avuto una vera e propria illuminazione e hai capito che potevi vincere?

Sì, è stato nella prima serie del secondo giorno: per tre volte il mio fucile ha esploso i due colpi contemporaneamente e al terzo episodio, da regolamento, mi è stato attribuito lo zero. Immediatamente dopo ho fatto un altro zero per la deconcentrazione che quel fenomeno mi aveva creato. Allora ho deciso di usare un colpo solo per i piattelli che rimanevano per non incorrere di nuovo in quel problema tecnico. E ho continuato ad affrontare quella dozzina di piattelli che rimanevano per concludere la serie con un colpo solo: e non ho mai sbagliato. A quel punto ho capito che quello era il mio Mondiale. Anche se poi naturalmente, grazie ad un intervento tecnico, ho potuto subito recuperare la piena funzionalità della mia arma per le serie successive. Dal punto di vista del punteggio, invece, è il 48 del terzo giorno quel risultato che è stato determinante. Perché alla boa dei cento piattelli in realtà il mio 98 era dietro ad alcuni 99. Invece il vento forte del terzo giorno ha abbassato fortemente la media di molti atleti che erano in testa davanti a me e con quel 48 sono passato io al vertice.

Graziano Borlini e Vincenzo Triscari

Raccontaci le emozioni delle ultime fasi di questo tuo Mondiale strepitoso.

Posso dire che l’ultimo giorno, prima di entrare in pedana per la settima serie, mi ha telefonato mia sorella che mi ha confermato che tutta la mia famiglia mi stava seguendo a distanza, oltretutto in realtà sostituendomi al lavoro, e quello mi ha dato una carica pazzesca. Quella mia determinazione si è estesa poi anche allo spareggio: quando sono entrato in pedana per lo spareggio sentivo che erano da percorrere soltanto gli ultimissimi gradini per raggiungere il vertice del podio e non potevo sbagliare. Sono entrato in pedana con la volontà di fare quello che so fare. L’importante era non cedere alla paura di vincere, che è una sensazione che a volte ti aggredisce in quei momenti, ma era necessario anche non temere di sbagliare. Non ho fatto calcoli in quello spareggio, però, nonostante che fossimo in sei in pedana, quando ho sentito che qualche zero di Graziano Borlini stava maturando, mi sono chiuso nella mia bolla per cercare di non sbagliare e conservare quindi il vantaggio. Graziano è davvero un carissimo amico e quindi sul podio ho voluto che fosse con me sul primo gradino perché in realtà quella maturata in questo Mondiale è una vittoria condivisa.

Graziano Borlini

Graziano, già alla vigilia del Mondiale sentivi di avere nelle canne un punteggio di questa portata?

Rispondo senza esitazioni: no, no e poi ancora no. Per il semplice fatto che ho ottenuto, sì, la convocazione, ma in tutta la stagione ho avuto seri problemi di salute e quindi sono andato al Mondiale solo con il proposito di assicurare l’oro alla squadra. Alla partenza per il Mondiale quello era davvero l’unico proposito. In allenamento in realtà nelle settimane prima del Mondiale non superavo il 22 e mi servivano pure almeno due o tre seconde canne per fare quel risultato. Allora, alla ricerca di una soluzione, il mercoledì sera della settimana del Mondiale, cioè: esattamente la sera che precedeva il primo giorno di gara, ho fatto proprio quello che un tiratore non dovrebbe mai fare alla vigilia di una gara: modificare drasticamente il calcio del fucile. Nel sorteggio sono capitato nella prima giornata al campo 1 e 2 che un po’ tutti avevano descritto come i campi più difficili. In realtà ne sono uscito con un 48/50 andando fra l’altro a sbagliare l’ultimo piattello della seconda serie. Ma lì ho capito che la partita era aperta, perché proprio dai campi difficili dovevano passare gli altri atleti nei giorni successivi. E infatti nei giorni successivi i più forti degli spagnoli e dei francesi proprio lì, in quei campi, hanno sofferto e di piattelli ne hanno lasciati, mentre io ho continuato con i due 49 del secondo e del terzo giorno. Alla vigilia dell’ultimo giorno, quando eravamo un gruppetto di tiratori a pari merito, era chiaro che chi faceva 50 poteva andare a vincere il titolo assoluto. Però con me a 146 c’erano tiratori molto forti che puntavano legittimamente a quel titolo. Io in effetti avevo già un discreto vantaggio sull’inseguitore più vicino dei Veterani, quindi sentivo che il podio della mia qualifica era alla portata. Poi, quando ho fatto il primo 25 dell’ultimo giorno, sinceramente continuava a macinarmi quel pensiero nel cervello e sentivo quella voce da dentro che mi diceva: sta’ attento, Graziano, che qui fai il botto! Dopo tre ore vado sotto di nuovo, ma, nonostante che fossi in corsa per il titolo, ero incredibilmente tranquillo e dicevo: quello che viene, viene. Ma a quel punto le fucilate andavano dentro da sole. Nei duecento piattelli, infatti, avrò fatto al massimo sei seconde canne. E pensare che prima di quella modifica al calcio del fucile facevo magari delle lamette oppure colpivo dei piattelli malissimo: prima non riuscivo proprio a dare anticipo e non entravano le fucilate e invece dopo la modifica la fucilata era perfetta.

Graziano Borlini e Vincenzo Triscari

Il momento più commovente di questo Mondiale?

Quando Vincenzo Triscari mi è venuto incontro a farmi i complimenti non sono proprio riuscito a trattenere le lacrime dalla commozione. 196/200 alla mia età è un risultato eccezionale e infatti anche gli amici spagnoli sono venuti a complimentarsi perché per la qualifica Veterani il mio punteggio è davvero un record. Nessuno si ricorda un punteggio così nella mia qualifica al Mondiale o all’Europeo.

Graziano, che cosa è mancato nello spareggio per il titolo assoluto?

Nello spareggio mi è mancata la fame di vincere. Avevo già mangiato abbastanza in quei quattro giorni. Ero contento di avere già in tasca l’oro individuale e l’oro a squadre dei Veterani. E in più sapevo che, se anche fosse andata male nello spareggio, avrei conquistato l’argento della classifica assoluta. Diciamo che a 66 anni è mancata la grinta necessaria per quello spareggio. Ma per il mio primo anno da Veterano, direi che sono contento così. D’altronde Triscari ha strameritato di vincere mentre io ero troppo appagato. E dirò di più: Vincenzo addirittura doveva vincere il titolo senza dover affrontare lo spareggio, perché senza l’inconveniente tecnico della seconda serie avrebbe sicuramente vinto per il punteggio. Lo dico come amico, ma soprattutto come sportivo.

Graziano Borlini sul podio dei Veterani con Roberto Coppiello e lo spagnolo Fernando Fuertes Garcia

C’è il Mondiale australiano all’orizzonte?

Non andrò comunque al Mondiale in Australia. La trasferta è troppo impegnativa per le mie condizioni di salute. Che vada il migliore della mia qualifica e torni vincitore. Mettiamola così: penso all’Europeo del 2026.

Rachele Amighetti

Rachele, il traguardo raggiunto al Mondiale di Roma corrisponde alle aspettative della vigilia?

La mia aspettativa per il Mondiale era precisamente quella di conquistare il podio nella gara a squadre e di stare nelle prime cinque nell’individuale. Poi invece il piazzamento individuale è stato anche migliore ed è stato abbastanza una sorpresa perché con i numeri che stavo facendo, sia in allenamento che nelle prime serie, non prevedevo davvero di andare a medaglia. Quei numeri di solito non sono davvero sufficienti per accedere al podio. Basta considerare che all’Europeo con 186 sono arrivata settima nella gara individuale. Quindi, questa di Roma è stata una situazione molto diversa rispetto all’Europeo: in questo Mondiale era diverso naturalmente il campo, ma molto diversi anche i piattelli e quindi più difficile per tutti conseguire i punteggi che si erano prodotti invece al Campionato d’Europa. Il campo di Roma è un bel campo, ma è molto tecnico ed è un impianto in cui non è sempre facile riuscire ad adattarsi bene ai lanci.

Rachele Amighetti sul terzo gradino del podio iridato delle Ladies

C’è un po’ di rammarico per non aver agguantato addirittura il titolo?

Di rammarico non ce n’è perché non ho proprio l’abitudine di guardare le classifiche nel corso delle gare e quindi ho scoperto soltanto all’ultima serie di essere sul podio. Con il senno di poi, guardando la sequenza, adesso posso dire che bastava un piattellino qua e un piattellino là, ad esempio nelle serie dei 22: con un piattello o due in più in alcune delle serie più basse avrei accumulato un po’ più di vantaggio e quella situazione mi avrebbe portato certamente anche più sicurezza nell’ultima giornata. Ma è un ragionamento che funziona sempre soltanto fino a un certo punto perché non puoi comunque sparare di nuovo la serie che non ti è piaciuta… Nell’ultima giornata fra l’altro ho sparato sull’8 e sull’1 che sono stati disastrosi per tanti altri atleti e tante altre atlete, anche tra i miei compagni di squadra, quindi aver fatto abbastanza bene su quei campi e non aver fatto scivoloni clamorosi ha rappresentato già un buon risultato. In effetti sono soddisfatta della costanza che ho rispettato in gara e ritengo che sia stata proprio quella regolarità che mi ha premiato.

Rachele Amighetti

Rachele, gettiamo uno sguardo al futuro immediato…

Mi ritengo fortunata dal momento che, vivendo al nord, sono vicina a tutte le sedi di qualificazione per il prossimo Mondiale e quindi potrò effettuare tutte le prove. La conclusione dell’estate e l’inizio dell’autunno saranno anche molto intensi perché la Società del Concaverde mi ha chiamata a comporre la squadra che concorrerà al Campionato delle Società di Fossa Olimpica a metà settembre e alla fine di settembre sarò invece impegnata di nuovo come atleta al Trofeo delle Regioni per i colori della Lombardia. Per il prossimo Campionato del mondo tutto naturalmente dipenderà da come andranno le selezioni, ma soprattutto devo dire che, nel caso fossi qualificata per il Mondiale, l’ultima parola spetterà al mio datore di lavoro che deciderà se potrò avere una settimana a disposizione a febbraio per la partecipazione alla gara. Questa è la situazione tipica di tutte e tutti noi che facciamo sport agonistico, ma non abbiamo piena libertà nella professione. Per il futuro prossimo il mio programma, a livello agonistico, è quello di partecipare a tappeto alle gare societarie di fine dicembre e di ripartire subito a gennaio con i regionali per cercare di fare più quantità possibile di piattelli in gara. Poi, magari, prevedo di anticipare anche la preparazione fisica. Insomma è un calendario anticipato di un buon paio di mesi rispetto alle altre stagioni. Ma in tutto questo programma ci sono ancora tante incognite che intanto potrà sciogliere soltanto l’esito delle qualificazioni.

Foto: Clikkami