Giovanissimevolmente: stelle dell’Uno d’Oro
La prima ricognizione dei talenti evidenziati dalla competizione tripartita dello scorso weekend vede oggi alla ribalta Giada Tiziana Antonellini, Ilaria Bagnato, Enrico Carpi e Matteo D’Amico
(di Massimiliano Naldoni)
L’edizione 2025 dell’Uno d’Oro di Fossa Olimpica e Skeet in programma sui palcoscenici del Delle Alpi, di Conselice e di Spinella ha rappresentato una valida occasione per attribuire o restituire evidenza a nomi noti e a talenti in ascesa del comparto under 21. Chi ha colto brillantemente la palla al balzo per riconquistare un posto sotto i riflettori nel test sulle pedane vercellesi di Cigliano è stato Enrico Carpi. L’atleta genovese che avrà 21 anni a ottobre (nel suo caso il riferimento alla palla al balzo non è del tutto fuori luogo in considerazione della sua radicata fede calcistica genoana) al suo ultimo anno di Settore Giovanile ha saputo centrare una vittoria brillante tra gli Juniores del Trap con una qualificazione di grande personalità (72/75), con una semifinale di contenimento e con un esaltante 22 di finale che ha permesso all’atleta della scuderia di Pecetto di costringere ai gradini bassi del podio Piergiuseppe Frus e Filippo Paradiso.
Enrico, qual è il giudizio della tua gara a qualche giorno dall’evento?
La prima serie di gara probabilmente ha dato subito l’impronta a tutta la mia prova. Ho fatto venticinque prime canne. Come si dice in questi casi: ho iniziato bene e ho finito meglio. Poi ho saputo amministrare bene le altre serie in qualifica, mi riconosco di aver gestito bene anche lo scontro diretto con Matteo Maglio in cui ho fatto 20 e poi certamente in finale con altre ventidue prime canne. Nello scontro diretto ero certamente un po’ teso perché non avevo mai sperimentato un confronto diretto di questo genere con questa formula tennistica: infatti non ho iniziato benissimo la serie, poi mi sono ripreso. È stata sicuramente la serie più sofferta di tutta la gara.
Enrico Carpi (al centro) con Piergiuseppe Frus e Filippo Paradiso
In una intervista di qualche tempo fa ti eri definito un freddo in pedana: vale ancora quella definizione?
Sì, effettivamente mi sono sempre riconosciuto una certa freddezza in gara e confermo di esserlo ancora: è una condizione che mi permette di affrontare con relativa tranquillità le gare, anche se certamente devo ammettere che un po’ di tensione qua e là questa volta si è affacciata, quantomeno nello scontro diretto. Questo è un periodo in cui sto sparando bene: all’Uno d’Oro mi sentivo rilassato e quindi avevo l’impressione di poter fare il risultato. Forse anche in finale quella mia freddezza ha un po’ vacillato, perché ho iniziato davvero male. Con tre zeri nei primi cinque piattelli, quella finale sembrava compromessa, ma subito dopo sono riuscito invece a innescare una lunga galoppata. Diciamo che non ero correttamente concentrato all’inizio e ho dovuto trovare quella concentrazione strada facendo. Una finale a tre è certamente strana e poi si sa che ogni finale ha la sua emozione, ma dopo lo smarrimento iniziale sono riuscito a interpretare molto bene la gara.
Anche quello di Giada Tiziana Antonellini è un rientro alla grande sulla scena dopo un volontario anno sabbatico in cui l’atleta di Bagnacavallo che milita nelle Giovani Speranze del Trap ha lavorato in silenzio e nell’ombra per riconquistare slanci e motivazioni. Sulle pedane di Conselice la quindicenne romagnola ha meritato il vertice del podio precedendo nomi noti del comparto come quelli di Giorgia Carducci e Lisa Taccola.
Giada, questo ritorno in grande stile sulla scena agonistica era nell’aria?
Direi proprio di no, perché né i miei allenatori Eros Scarpino e Diego Gasperini, né il mio papà e tantomeno io ci aspettavamo di vedere quello che sono riuscita a fare. Infatti io posso dire soltanto di essere davvero molto contenta del responso di questa gara. Più di un anno fa, dopo una bella stagione di risultati positivi e prove importanti, ho capito che c’era qualcosa che non andava e allora i miei allenatori ed io abbiamo deciso che serviva prendersi una pausa in cui mi sono dedicata soltanto all’allenamento. Ma mi sono allenata davvero duramente con il proposito di tornare in gara più forte di prima. Diciamo quindi che in questa gara sono andata in pedana con un programma molto semplice: sparare con tranquillità, facendo quello che mi hanno insegnato fino ad ora, senza farmi aggredire da troppa ansia. A quel punto il concetto di fondo è stato: venga quel che venga. Non avevo aspettative e diciamo pure che almeno per questa gara nessuno davvero si attendeva niente da me.
Giada Antonellini al vertice del podio delle Giovani Speranze a Conselice con Giorgia Carducci e Lisa Taccola
Quindi non avevi fatto neppure vaghe previsioni di punteggio?
In questo senso: zero! Parlando di risultati, non avevo proprio pensato a niente: ho cercato soltanto di sparare serena. Anche in allenamento attualmente non guardo davvero mai al punteggio. Il punteggio è importantissimo, d’accordo, ma meno ci pensi e meglio spari. E infatti al punteggio, in questo momento della mia carriera sportiva, non penso più. Nel 21 della prima serie, ad esempio, sono riuscita a pensare soltanto al gesto: al movimento che dovevo fare e ho notato che adottando questo sistema in effetti il punteggio viene da sé. Oggi posso dire che ho raggiunto la consapevolezza che il punteggio è proprio l’ultima cosa a cui si deve pensare quando si spara. Perfino in finale, mi sono proprio divertita. Vedevo che i piattelli si rompevano da soli. Anche lì per me il punteggio valeva poco: non avevo la preoccupazione del risultato. Volevo soltanto applicare bene tutto quello che mi hanno insegnato. Il risultato l’ho messo proprio da parte in questo momento: ho veramente cambiato modo di pensare ed evidentemente è un sistema che funziona.
È invece una piacevole rivelazione la vittoria di Ilaria Bagnato tra le Allieve della Fossa Olimpica in gara sulle pedane brindisine di Spinella. La diciassettenne calabrese di Varapodio in realtà ha iniziato il suo percorso tiravolistico soltanto nel novembre dello scorso anno e nel mese di gennaio del 2025 ha affrontato le prime gare. L’atleta reggina della scuderia del Tav La Tranquilla è però certamente abituata a una seria disciplina agonistica perché nei suoi trascorsi sportivi ci sono dieci anni di intensa attività nella danza e nel nuoto. Ma per sua stessa ammissione Ilaria Bagnato in questi mesi recenti ha compreso che quelle attività sportive non erano proprio la sua strada, mentre il percorso che vuole compiere è invece proprio quello del tiro a volo.
Ilaria, che impressioni hai riportato di questa tua prima vera affermazione importante nella Fossa Olimpica?
Sono molto contenta, anche se so che avrei potuto fare qualcosa di più: c’è stato qualche errore tecnico che ha limitato appena un po’ il risultato nella fase di qualificazione. In allenamento riesco a fare anche punteggi migliori di quelli che ho fatto all’Uno d’Oro, ma certamente poi, proprio per un fatto di gestione mentale dell’evento agonistico, non riesco sempre a trasferire in gara il risultato che ottengo in allenamento. In allenamento ormai stabilmente riesco a raggiungere il 23 e anche il 24. Manca ancora il 25, ma arriverà. Quello che è molto importante è che in questa gara, rispetto a quelle dei primi mesi dell’anno, sono riuscita a gestire meglio la pressione psicologica. In altri casi non sono riuscita a compiere correttamente la gestione di quella e dell’ansia e quindi si è rivelato difficile applicare la concentrazione. Ad esempio in gara fino ad ora avevo difficoltà anche a gestire la mia reazione nei confronti degli zeri. Per questa gara ho fatto allora un allenamento intenso, tecnicamente ma anche e soprattutto mentalmente, e ho visto appunto dei progressi in tutte quelle situazioni.
Ilaria Bagnato
Non sei invece soddisfatta dell’esito della tua partecipazione ai Gran Premi del Settore Giovanile?
Nei Gran Premi non sono riuscita mai ad accedere alla finale, magari anche soltanto per uno o due piattelli. Facevo un buon punteggio nella prima parte della gara, poi però nell’ultima serie non riuscivo a conservare la media, forse un po’ condizionata dall’idea che appunto con un buon punteggio in quella serie sarei riuscita ad entrare in finale. In questo senso, il risultato dell’Uno d’Oro è stato davvero una sorpresa e sono soddisfatta, ma so che c’è davvero ancora molto da lavorare.
Anche il 17 di quella che è stata la tua prima finale a un colpo è da considerare davvero un gran traguardo.
C’è una spiegazione paradossalmente abbastanza facile per quel risultato nella finale a un colpo. Quando faccio le serie a due colpi, quasi sempre comunque colpisco più o meno diciassette piattelli di prima canna. Quindi, rispettando la media, sapevo di poter fare quel punteggio. Semmai è importante sapere che sono riuscita a replicare in gara quel risultato.
Per quanto riguarda Matteo D’Amico, vedi alla voce: certezze. Le imprese dell’atleta catanese delle Fiamme Oro sono ormai una costante del panorama agonistico degli Allievi dello Skeet, ma è certamente sempre interessante scoprire come il sedicenne siciliano che ha dominato sulle pedane di Spinella sappia analizzare con accuratezza tutte le fasi della propria prestazione.
Matteo, che bilancio tracci di questa tua nuova vittoria?
Decisamente contento, anche se non posso fare a meno di guardare a qualche difficoltà che si è manifestata nella prima e nella terza serie della qualifica. C’è un problema un po’ ricorrente in questi ultimi tempi: c’è della tensione che si accumula durante la serie e poi si traduce in errore. Però quello che è importante è che nella serie di semifinale e poi in finale ho mantenuto una calma particolare che mi ha permesso di fare il punteggio.
Matteo D’Amico
Come si sono prodotti gli errori nelle serie a cui facevi riferimento?
Nella prima serie la tensione ha causato accelerazioni sbagliate. Quando sono calmo riesco ad eseguire perfettamente il gesto tecnico. La tensione invece amplifica il pensiero nei confronti del gesto tecnico e questo produce gesti irruenti. Diciamo che lo strappo è sempre in agguato quando si affollano i pensieri. La prima e la terza serie sono state simili. Nella prima serie, tra la pedana 1 e la 3 ho fatto soltanto uno zero. Alla terza serie sono arrivato pieno alla 4, poi alla 5 una lieve interruzione ha turbato il ritmo consueto e mi ha costretto all’errore. Proprio per la tensione a quel punto ho effettuato dei movimenti irruenti e alla 5 ho sbagliato il singolo e il primo della doppia. Poi sono arrivati lo zero alla 7 e due zeri alla 4 e hanno danneggiato tutta la serie. Devo dire che in effetti i pensieri sono sempre giusti e ben indirizzati, perché si rivolgono all’esame del gesto tecnico, però sappiamo bene che non devi pensare durante l’azione di tiro. L’azione di tiro deve sempre essere istintiva.
Possiamo dire che l’Uno d’Oro è stato anche uno stress-test in senso fisico atletico?
Certamente. È stata una gara pesante: in precedenza avevo sparato al massimo 100 piattelli in un giorno e affrontarne invece 125 fra l’altro con combinazioni diverse è stato un test difficile. So però che atleticamente sono in grado di affrontare uno sforzo di questo tipo grazie al lavoro che svolgo regolarmente. La preparazione atletica e l’attenzione alla forma fisica mi consentono di gestire bene anche situazioni particolari come quella che abbiamo trovato a Spinella. Per questo ribadisco che nel tiro a volo in parallelo alla tecnica di pedana occorre sempre curare con molta attenzione la preparazione fisica.
Foto: Sofia Salinaro, Tav Delle Alpi, Tav Conselice, Marco Puppo