Roberto Proietti e Giovanni Biancuzzo: l’Elica italiana vola alto
La medaglia di bronzo del ternano e il quarto posto del messinese all’appuntamento iridato della disciplina hanno confermato l’alto rango della scuola azzurra: ecco l’analisi a freddo dei due protagonisti
(di Massimiliano Naldoni)
L’Elica tricolore al Mondiale de Il Cairo dello scorso novembre si è ritagliata uno spazio in piena luce e se questo è avvenuto si deve anche al talento di Roberto Proietti (nella foto di copertina sul podio della gara open) e Giovanni Biancuzzo: due atleti dalla storia sportiva certamente diversa che, tra i quasi trecento contendenti in gara per l’alloro iridato 2024 della disciplina, hanno sfiorato l’impresa conquistando rispettivamente il terzo e il quarto posto nella classifica assoluta. Nella gara egiziana il titolo mondiale stagionale è andato al giovanissimo statunitense Andrew William Shahidi che ha fermato il volo di 29 delle 30 eliche di programma. Con 28 centri Proietti e Biancuzzo si sono collocati nel gruppo che tallonava da vicino l’atleta del Dallas Gub Club insieme alla statunitense Macie Alexis Page e all’egiziano Hassan Al Korey. Lo spareggio ha eletto seconda classificata la texana Page (10/10) davanti al supertitolato Roberto Proietti (medaglia di bronzo con 9/10) e al quarantanovenne di Castanea Giovanni Biancuzzo (8/10). Ma a qualche settimana di distanza dalla grande sfida de Il Cairo, come guardano i due protagonisti azzurri a quell’impresa?
Roberto, sei uno degli elicisti più titolati del mondo: come è maturata la conquista della medaglia di bronzo in questo recente Mondiale del Cairo?
In maniera imprevista perché il 2024 è stato un anno per me complicatissimo per motivi familiari ma anche per problemi fisici, con allenamento quasi zero quindi direi: no, nell’avvicinamento alla gara non mi aspettavo assolutamente un risultato del genere. In realtà ho fatto questa trasferta in Egitto per rivedere un po’ di amici e per provare a tornare in pedana dal momento che appunto quest’anno avevo sparato pochissimo e non avevo potuto partecipare né all’Europeo né al Campionato italiano.
Strada facendo, però, in Egitto la situazione è cambiata.
Sì, è cambiata proprio nei giorni che hanno preceduto il Mondiale. Ho sentito che potevo stare in gara, per dirla semplicemente. E l’ho visto nelle competizioni dei primi giorni della trasferta: vedevo chiaramente che stavo sparando meglio di giorno in giorno.
La stretta di mano al termine dello spareggio de Il Cairo tra Roberto Proietti e Macie Page
Il 28 con cui hai completato il Mondiale è un ottimo punteggio, però hai fatto comprendere che sui due errori della gara hai un po’ da recriminare. In che senso?
Probabilmente l’assenza da gare importanti per un discreto periodo di tempo ha pesato su quel risultato. A questi livelli l’allenamento conta veramente molto.
Ma nei due zeri commessi al Mondiale hanno pesato le prerogative balistiche dei lanci o i motivi sono altri?
No, è la questione della mentalità con cui ho affrontato la gara.
Giovanni, qual è invece il tuo giudizio del Mondiale a qualche settimana di distanza?
Sintetizzo così: è andata benino, ma poteva andare meglio. Sapevo che potevo fare un buon risultato. Diciamo che se mi sento nella giornata giusta, so perfettamente che il risultato arriva. Certamente il Mondiale è una gara un po’ più complicata di altre e ci vuole carattere.
Nonostante che tu sia arrivato nei primi quattro del mondo, ad un passo dal punteggio che ha attribuito il titolo mondiale, non ti dichiari soddisfatto.
Quello che ho fatto all’Europeo in Portogallo, 26/30 che mi ha fruttato il venticinquesimo posto, davvero non era nelle mie aspettative: per me non è un punteggio quello. Ma non è un punteggio neppure quello del Mondiale. Io punto all’en-plein: è il 30/30 l’unico punteggio che mi fa dire: sono soddisfatto.
Giovanni Biancuzzo
Quindi anche il 28 del Mondiale egiziano nel tuo giudizio così severo non si salva?
No, perché il 29 era a portata di mano e non sono riuscito a conseguirlo per un mio errore. Ho valutato male quell’elica che ho sbagliato: me la sono voluta assicurare, ho ritardato il colpo ed è uscita. Ed era fra l’altro una delle eliche più facili che ho affrontato al Mondiale. Una quarta cassetta: la ventiduesima del Mondiale, l’ultima elica della seconda giornata. Mi erano rimaste la quarta e la quinta, quindi ho atteso l’elica puntando al centro delle due casstte. È uscita la quarta, alta verso destra: un’elica facilissima.
Roberto, questo Mondiale tra gli americani ha rivelato un giovanissimo atleta, Shahidi, e una giovanissima atleta, Page, che hanno conquistato i primi due posti. Secondo te la scuola americana ottiene questi risultati perché conduce un allenamento più intenso rispetto agli altri contendenti?
Sicuramente sparano molto di più. Io li ho visti spesso in allenamento durante la trasferta egiziana: loro ad esempio si allenano molto anche il giorno stesso della gara, al mattino. Si vede chiaramente che sono abituati a sparare molto più di noi e soprattutto fanno molte più gare. E in aggiunta le loro gare sono tutte a 30 eliche. Loro partecipano a gare che si snodano dal venerdì alla domenica e appunto sono tutte gare lunghe. Di conseguenza nella gara lunga sono avvantaggiati e quindi approcciano una gara come il Mondiale con la giusta mentalità per conseguire il risultato.
Roberto Proietti
Servirebbe quindi adottare l’abitudine di un allenamento più intenso anche in Italia?
Certamente sì. Noi abbiamo il problema che spesso i campi in cui ci alleniamo e in cui facciamo le gare sono distanti dal luogo di residenza. Io vivo a Terni e devo andare a Roma ogni volta e questo significa grande impegno di tempo e di risorse. Oppure potrei andare alle Cascine a Firenze dove si spara però soltanto il sabato pomeriggio. Però va detto che nell’Elica, diversamente da quello che avviene nelle discipline del piattello, più che l’allenamento assiduo e costante per conseguire un alto livello tecnico sono fondamentali l’atmosfera e il ritmo della gara e la mentalità della gara: la scuola americana sotto questo aspetto è appunto avvantaggiata perché il loro allenamento si svolge essenzialmente nelle gare e nello specifico in gare lunghe e in un calendario molto folto.
Giovanni, perché lo spareggio per le medaglie non ti ha trovato al massimo della condizione?
Sono partito malissimo: ero il primo dei quattro a sparare e ho fatto due zeri proprio alla prima e alla seconda elica. Dopo invece ho rotto otto eliche di fila, ma a quel punto non bastava più. Riconosco che ho sentito un po’ la tensione di quello spareggio. Però se ripenso adesso a tutto il percorso del Mondiale, non sono quei due zeri dello spareggio su cui ho da recriminare, ma è lo zero che mi ha impedito di fare 29/30. I due zeri dello spareggio malgrado tutto li accetto perché vedevo chiaramente che non ero proprio tranquillo in quella situazione che produceva molta tensione. E poi so benissimo che mentre affrontavo lo spareggio per le medaglie, in realtà ancora mi mordevo le mani per il secondo zero della gara.
Allora psicologicamente c’è da lavorare sul fatto che non conviene giocare a “tutto o niente”, ma invece puntare ad esempio anche a un traguardo intermedio come una medaglia?
Sì: quelle come il Mondiale sono gare lunghe in cui devo imparare a guardare al risultato complessivo e in questo caso una medaglia mi avrebbe premiato. Sono arrivato quarto assoluto al Mondiale ma oggi posso dire che se fossi riuscito a conquistare il terzo posto sarebbe stato meglio. Anche se nella mia testa c’è sempre quel 30/30..!