Preparazione atletica: Fabio Partigiani risponde

In questa seconda parte dell’intervista il Preparatore atletico delle Nazionali olimpiche insiste sulla necessità di comprendere che ogni programma di preparazione atletica deve essere accuratamente ritagliato sulle prerogative specifiche del soggetto (di Massimiliano Naldoni)

Professor Partigiani, risulta che molte volte le sia stato chiesto per quale motivo la preparazione atletica dei tiravolisti si rivolge con attenzione particolare alla resistenza sebbene il tiro a volo sia nei fatti un’attività sportiva statica. Come possiamo spiegare in termini semplici questa apparente contraddizione?

“Effettivamente è una delle domande più frequenti che mi vengono poste: perché noi curiamo così accuratamente la resistenza per uno sport che è fondamentalmente statico? È vero che gli unici movimenti che il tiratore esegue sono quelli per spostarsi da una pedana all’altra e sappiamo che si tratta di pochissimi metri. Quesi metri possono diventare perfino quasi dieci se si considera tutto il movimento dalla pedana 5 alla 1, ma restano certamente distanze circoscritte. La resistenza è però determinante perché stabilizza la frequenza cardiaca e questo aspetto si rivela ancora più importante nella prospettiva dei grandi appuntamenti che l’atleta affronta che ovviamente sono quelli che sollecitano soprattutto una risposta anche emotiva. Prendiamo ad esempio l’atleta che sta affrontando la sua prima gara internazionale oppure una gara di grande impatto emotivo come un Campionato del Mondo oppure un’Olimpiade, oppure ancora il giovane atleta che partecipa alla prima finale della sua carriera nel Settore Giovanile. Ecco, in tutte queste situazioni l’atleta deve imparare a gestire la sua frequenza cardiaca con degli atti respiratori appropriati. Questo è l’obbiettivo del lavoro aerobico. Ma è essenziale considerare, come ho già precisato in precedenza, che un programma di allenamento è in realtà sempre un abito su misura. Il preparatore atletico deve essere un bravo sarto che taglia l’abito perfetto sulle prerogative specifiche dell’atleta. Proprio per questo è utile un continuo feedback tra atleta e preparatore perché quello ci conferma strada facendo la correttezza del programma oppure ci permette di modellarlo diversamente. Quindi il suggerimento è: non copiamo la preparazione dal programma del campione ma adattiamo sempre un modello base alle nostre specifiche esigenze.”

Apriamo una finestra sull’attività di vertice. Le atlete e gli atleti della nazionale e i loro Ct hanno recentemente posto l’accento sulla difficoltà di conservare energie e concentrazione per gare che spesso, tra prove individuali e a squadre, si protraggono per molti giorni. Come sono cambiate le sue indicazioni di preparazione atletica rispetto al passato per effetto di questi calendari agonistici più concentrati?

“Con queste nuove finali si vede veramente l’atleta preparato fisicamente: colui o colei che sono, come si dice in gergo, in condizione. Perché la qualificazione è un conto, mentre la finale è completamente un’altra storia. La qualificazione è quel segmento di gara in cui si usano due colpi, mentre nelle semifinali e nelle finali si usa un colpo solo. Anche soltanto questo aspetto comporta uno stato emotivo completamente diverso. L’attuale configurazione delle semifinali e delle finali impone anche dei tempi di attesa che l’atleta deve saper gestire. Ma da tutto questo si comprende bene che la condizione fisica deve essere ottimale e che quella condizione, diversamente da quello che si è pensato in un passato ormai lontano, è davvero determinante per il risultato. Effettivamente questo problema della lunga durata delle gare si è proposto in modo evidentissimo nel Campionato europeo di Cipro e nel Mondiale della Croazia degli ultimi mesi. Questa nuova calendarizzazione delle gare ha costretto anche me a compiere imponenti trasformazioni nel programma di preparazione delle atlete e degli atleti rispetto al programma che si adottava negli anni Novanta o nei primi anni Duemila. Con questo calendario si deve infatti assolutamente privilegiare la resistenza, ma anche tutti quegli esercizi che sviluppano la concentrazione: ad esempio il lavoro in palestra con le palline da tennis o con gli attrezzi per l’equilibrio. Un altro aspetto fondamentale nella preparazione atletica dei nostri tempi è l’abitudine alla sofferenza mentale che è un processo che si rivela utilissimo quando appunto una gara si protrae a lungo e prevede magari lunghi shoot-off. La sofferenza mentale è quella che noi impariamo a gestire in allenamento ad esempio quando ci imponiamo di andare a correre all’aperto al freddo mentre invece potremmo stare a riposo al caldo della nostra abitazione. È con questo sforzo della volontà che prepariamo il giusto atteggiamento per affrontare i momenti più faticosi di una gara.”

Professor Partigiani, pur essendo impegnato essenzialmente con l’attività internazionale, lei è spesso presente anche a molti appuntamenti nazionali. Al di fuori di quel gruppo di atlete e atleti di vertice che hanno ormai abbracciato senza esitazione la causa della preparazione atletica ha notato in questi anni un sistematico aumento di interesse verso la sua disciplina anche da parte della fascia media dei praticanti?

“La preparazione fisica ha ormai preso piede. Certamente ho avuto tanta difficoltà a far comprendere l’importanza della preparazione atletica negli anni Ottanta ma anche nei primi anni Novanta: gli anni in cui le atlete e gli atleti italiani vincevano tutto, ma, occorre dirlo per onestà intellettuale, prestavano pochissima attenzione alla preparazione fisica e alle corrette regole alimentari. Il fatto che le vittorie maturassero con relativa facilità rendeva appunto ancora più difficile la mia missione. È stata un’operazione graduale quella che mi ha permesso di far comprendere che la preparazione atletica avrebbe consentito di migliorare i risultati. Devo dire invece che oggi, sia nelle specialità olimpiche che in quelle non olimpiche, c’è grande interesse per la materia. E ad esempio anche a livello di Settore Giovanile la preparazione fisica è curata tantissimo e di questo mi complimento con le atlete e gli atleti e con i loro Istruttori. D’altronde, le giovani atlete e i giovani atleti comprendono perfettamente che dal livello della loro dedizione alla preparazione atletica dipende il loro transito alle nazionali maggiori. Ma devo dire che vengo contattato regolarmente anche da atlete e atleti delle discipline non olimpiche che mi chiedono un programma di preparazione calibrato sulle loro esigenze. Mi sento di concludere ribadendo qualcosa che ho anticipato anche nelle prime domande di questa intervista: ovvero che certamente il tiro a volo è da sempre uno sport anomalo in cui la prestazione agonistica anche di altissimo livello può essere conseguita da atlete e atleti di età anche molto diverse e con una condizione fisica complessiva altrettanto differente. Per scendere all’esempio, il programma di preparazione atletica di Gabriele Rossetti non è lo stesso di Giovanni Pellielo semplicemente per il fatto che tra i due atleti, che pure sono in grado di conseguire analoghe prestazioni agonistiche, intercorrono quasi trent’anni di differenza anagrafica. Questo ci spiega dunque perfettamente il concetto di base della preparazione atletica che ho già espresso e sul quale voglio insistere: la preparazione fisico-atletica è un processo che è fortemente connesso alle caratteristiche specifiche dell’individuo ed è per questo motivo che ogni atleta dovrà accuratamente lavorare con il proprio preparatore per calibrare il corretto calendario di lavoro al fine di raggiungere quella condizione ottimale che permetterà poi di eccellere in pedana.”