Parlano gli eroi del Para Trap

I campioni del mondo Gabriele Nanni e Oreste Lai e il “vice coach” Riccardo Rossi commentano l’exploit azzurro al Mondiale di Al Ain (di Massimiliano Naldoni)

Per Gabriele Nanni e Oreste Lai il 2022 rimarrà scolpito negli annali: i due azzurri del Para Trap hanno infatti inanellato un successo dietro l’altro nella stagione che si è appena conclusa e hanno contribuito a decretare la nazionale italiana del Ct Benedetto Barberini in assoluto la più titolata della stagione. Ma sentiamo dalla viva voce dei due super-campioni le impressioni ricevute nell’impresa più recente.

 Gabriele, nelle interviste successive all’Europeo hai sempre dichiarato di aver costruito con forza in questo 2022 la tua partecipazione al Mondiale: come hai vissuto questo momento che rappresenta per ogni atleta il massimo traguardo?

“Posso sintetizzare tutto dicendo che è stata una straordinaria avventura. Ma naturalmente ci sono tante sfumature che caratterizzano la trasferta. Ad esempio nei tiri di prova mi sono sentito abbastanza tranquillo perché veniva tutto semplice, ma poi è arrivato il giorno della gara e le cose sono cambiate. Neille prime tre serie in gara ho fatto due 22 e un 21 e quel punteggio mi ha collocato al quinto posto. Confesso che ho reagito con molta amarezza al responso di quel primo giorno di gara ed ero davvero innervosito per il fatto che l’emozione mi avesse giocato quel tiro. Contavo decisamente di fare di più il primo giorno perché in allenamento avevo sempre sparato con una media tra il 22 e il 23. Trovarmi ad arrivare faticosamente al 21 mi aveva francamente molto abbattuto. Il grande aiuto mi è arrivato da alcuni dei miei compagni di squadra come Francesco Nespeca e Oreste Lai e poi dal coach Benedetto Barberini e da Riccardo Rossi. Sono loro che in quella circostanza mi hanno detto semplicemente: non ci sono dubbi che sai sparare, fai quello che sai fare e pensa solo a quello che sai fare!”

Gabriele, come hai gestito poi la finale?

“In finale c’è stato un episodio che ha rappresentato la svolta. Ho fumato un piattello, il quarantaquattresimo, che non mi è stato attribuito. Io non ho mai guardato il tabellone per tutta la finale, quindi in realtà non sapevo che cosa avrebbe potuto determinare quel piattello, se considerato colpito o invece considerato zero. Proprio perché non avevo idea della mia situazuone di tabellone, mi sono detto: Gabri, non sai niente di come stai, devi metterti a testa bassa e continuare a colpire. E mi sono ripetuto: continua a stare concentrato, poi si vedrà! Quel piattello è stata davvero la svolta perché il mio avversario diretto ha perso la concentrazione. Fino a quel momento eravamo testa a testa, magari una volta un piattello avanti io, poi in parità e magari dopo uno avanti lui. Ma con quello zero attribuito a me, curiosamente lui è andato completamente in crisi. Io invece ho continuato a colpire. Dovevo concludere in pedana 1, quindi quando dalla 5 sono tornato verso la 1 ho visto Nespeca e Barberini che esultavano e mi indicavano che avevo vinto ed effettivamente a quel punto l’ultimo piattello l’ho sparato piangendo di commozione. L’ho sbagliato. Sarebbe stato sufficiente per ritoccare il nuovo record. Ma va bene così: la prossima volta, dai!”

 

Proprio Riccardo Rossi, che ha affrontato ad Al Ain la prima grande trasferta internazionale nel ruolo di vice del Ct Barberini, ha svolto nella circostanza una funzione determinante di supporto per gli atleti.

 

Riccardo, che sensazioni hai provato in questo Mondiale 2022?

“Nelle passate stagioni – spiega il tecnico delle Fiamme Oro – avevo già seguito alcune rappresentative nazionali in Kazakhstan e in Kuwait, oltre ad aver seguito in maniera ravvicinatissima il recente Europeo di Lonato, e quindi ho respirato più volte, per così dire, l’atmosfera del grande appuntamento internazionale. Certamente questa del Mondiale è stata una grande emozione e a livello personale mi sento in dovere di esprimere un particolare ringraziamento al Presidente federale Luciano Rossi, alla Vicepresidente Emanuela Croce Bonomi e al Ct Benedetto Barberini per avermi offerto questa opportunità. Quando segui una squadra in questa funzione, ti accorgi che il tuo ruolo è, sì, sfumato ma importantissimo: come è accaduto ad Al Ain, qualche volta è sufficiente un gesto veloce o uno sguardo per dare incoraggiamento o per infondere nuova fiducia. Certamente in tutto questo gioca un ruolo fondamentale il clima di armonia che Benedetto Barberini ha saputo costruire nel tempo: siamo una grande famiglia e ci viene riconosciuto anche dalle altre rappresentative. E in questa famiglia c’è un atleta, Oreste Lai, che è idealmente il capitano perché la quantità di vittorie che ha inanellato e continuerà a raccogliere è veramente incredibile.”

Impossibile dunque non interpellre il “capitano” sul responso di questo Mondiale.

 

Oreste, è un valore aggiunto questa fama di campione imbattibile che ti sei ritagliato negli anni?

“Proprio in queste ultime gare della stagione ho capito perfettamente che la preparazione tecnica e fisica è un supporto fondamentale, ma può essere validamente sostenuta dalla forza mentale. Ad esempio adesso so che l’effetto psicologico delle tue capacità finisce per essere un’arma incredibile anche nei confronti degli avversari. L’ho percepito distintamente anche in questa finale del Mondiale. Ho capito che ero considerato inevitabilmente il più forte e il fatto che tutti i miei colleghi della finale mi vedessero a testa bassa procedere senza sosta rappresentava già in partenza un grandissimo vantaggio per me nei loro confronti.”

Si è trattato di un Mondiale difficile sotto il profilo della gestione complessiva della gara?

“Innanzitutto è stata una trasferta faticosissima per gli spostamenti e per gli orari. Ci alzavamo molto presto perché eravamo costretti a prendere il pulmino delle sei per poter essere in tempo sul campo. Poi sicuramente in alcuni momenti della gara i tempi ristretti hanno creato qualche difficoltà. Questa volta, ad esempio, allo shoot-off mi sono presentato non sufficientemente aggressivo e carico forse proprio per i tempi molto ristretti tra la fase di qualificazione e poi appunto la sosta per il pranzo e lo shoot-off. Quello shoot-off è stata un po’ una delusione per me. In realtà io da molto tempo non arrivo mai al termine dei piattelli regolamentari di qualificazione a corto di energie. Mi tengo, per così dire, sempre una riserva di energia. Questo lo faccio perché in qualificazione serve produrre il punteggio che ti qualifica alla finale, ma non avrebbe senso combattere fino a finire le energie in qualificazione per produrre qualche piattello in più che non cambierebbe poi molto nella situazione della finale. Evidentemente questa volta, complice magari la situazione generale, non sono arrivato con le energie sufficienti. Nello shoot-off non ho neanche finito di imbracciare che ho chiamato il piattello: è stata una distrazione. Però può darsi che questo mi abbia dato una carica ulteriore di energia per la finale, perché in effetti, quando mi sono accorto di essere in quinta posizione, mi sono detto: non ho vantaggio di posizione e quindi devo far bene, piatto per piatto.”

Infatti hai gestito perfettamente la finale.

“Ho fatto 19 nel primo giro, e nei dieci piattelli successivi avevo solo uno zero. Sono venuti fuori i cinque zeri soltanto negli ultimi dieci piattelli. Sicuramente ho abbassato un po’ la tensone anche io quando ho capito che il margine di vantaggio nei confronti degli altri tiratori era molto alto. Generalmente in finale è proprio nei primi lanci che fai qualche errore perché i fumogeni hanno un peso diverso e ti richiedono una tempistica diversa di aggancio. Ma quando hai preso il tempo e ti sei stabilizzato, a quel punto non sbagli più. E quando non sbagli più, come dicevo prima, gli avversari lo capiscono e la forza è dalla tua parte!”