Giovanissimevolmente: Sofia Gori

L’atleta romagnola che ha primeggiato nella Fossa Olimpica al Grand Prix di Porpetto parla del presente, del recente passato e del prossimo futuro

(di Massimiliano Naldoni)

È Sofia Gori l’atleta che ha saputo imprimere con maggiore autorevolezza il proprio sigillo sulla gara delle Juniores di Fossa Olimpica al Grand Prix internazionale di Porpetto: per l’atleta romagnola (nella foto di copertina al vertice del podio di Porpetto con Martina Montani e Sofia Chiampesan) la vittoria all’ormai tradizionale agone friulano, con il 112/125 della qualificazione e soprattutto con un testa a testa avvincente in finale con l’astro nascente Martina Montani che si è risolto appunto a favore di Sofia Gori per 43/50 a 42, costituisce la conferma che l’azzurrina della Marina Militare sta vivendo un nuovo brillante stato di forma: una condizione peraltro già confermata dal 114/125 che l’atleta forlivese aveva totalizzato in qualificazione all’Issf Junior World Cup di Suhl. In quell’occasione, per effetto del regolamento internazionale che fissa un massimo di tre atlete della stessa nazione nel round conclusivo, Gori aveva dovuto rinunciare alla partecipazione alla finale poiché appunto le altre tre sue compagne di squadra si erano qualificate a quella finale con un punteggio superiore. Alla luce di queste recenti brillanti prove, abbiamo interpellato proprio Sofia Gori per capire quale lettura fornisce dell’oggi e del domani.

Sofia, se dovessi sintetizzare con un messaggio telegrafico il connotato della tua gara a Porpetto, cosa diresti?

Direi che è stata un prova impegnativa soprattutto per le alte temperature con cui abbiamo gareggiato, ma io sono davvero molto soddisfatta dell’esito della gara.

Il risultato complessivo coincide con le tue previsioni della vigilia?

Quello della finale sicuramente no: nel senso che il punteggio che ho realizzato appunto in finale è stato una sorpresa positiva. In qualificazione, invece, avrei potuto fare sicuramente meglio, però ci sono state situazioni un po’ particolari che qua e là hanno tolto un po’ di qualità. Ad esempio nella seconda serie del primo giorno ho concluso con 20 e ho fatto una fatica devastante a riuscire ad arrivare alla fine di quella serie. Ero talmente in difficoltà in quella serie che ho sbagliato gli ultimi due piattelli: non riuscivo proprio più a resistere in pedana. Quindi, ripeto: in qualificazione si può certamente fare di meglio di quel 112, ma in finale invece, adesso che ci penso, sono convinta di non aver mai fatto un punteggio così alto in tutta la mia carriera.

Le ultime settimane sono state anche un periodo di attività davvero molto intensa.

Sì, non ho partecipato al Gran Premio di Cieli Aperti proprio perché avrebbe creato un ingorgo di attività. Sono stata impegnata più o meno una decina di giorni con la Coppa del Mondo di Suhl e partecipare al Gran Premio avrebbe significato rimettersi in movimento proprio due giorni dopo il ritorno da quella trasferta: sarebbe stato faticoso e probabilmente avrebbe prodotto un risultato tecnico non soddisfacente.

A qualche settimana di distanza, quali impressioni restano di Suhl?

Sono certamente contenta di una prova che infatti in termini di punteggio mi avrebbe qualificato alla finale. Sono anche sicura che proprio in finale me la sarei potuto giocare. Certamente c’è un po’ di disappunto per non aver potuto completare il percorso della gara, ma queste sono le regole. Sono contenta per le mie compagne di squadra che hanno fatto davvero una bella prova.

Sofia Gori con Martina Montani e Camilla Stella Piazza sul podio delle squadre nazionali di Trap a Porpetto

Il risultato tecnico di Suhl e il responso di Porpetto dicono che appunto stai attraversando veramente un buon momento.

Sì, possiamo definirla una situazione positiva. Ma il momento è davvero positivo soltanto se riesco a far coincidere sempre la condizione tecnica con l’impostazione mentale corretta. Deve esserci un 50 e 50 di queste due componenti. Anzi, in gara spesso vale più la testa della tecnica.

Quella flessione tecnica della seconda serie a Porpetto la possiamo quindi attribuire a un improvviso squilibrio di questo bilanciamento che hai indicato?

In quel caso il caldo effettivamente ha prodotto un forte calo di concentrazione. Ad esempio, a un certo punto mi sono resa conto di prestare attenzione anche al campanello delle altre atlete che erano in batteria con me. Era il segno che mi stavo irritando e che mi risultava difficile gestire tutto di quella serie. Una condizione di quel genere produce ovviamente errori di tutti i tipi. Invece, appunto, nelle altre serie i miei errori sono stati tutti riconducibili alla stessa tipologia di piattello.

Quale esattamente?

Ad esempio il montante destro, specialmente in prima pedana.

È vero che hai preso una sorta di anno sabbatico dagli studi di psicologia all’università per dedicarti al tiro a volo?

Sì, ho congelato la mia attività universitaria nello scorso ottobre. Questa scelta mi ha permesso di concentrare le mie forze sul tiro a volo che in questi mesi è diventato un po’ il centro di tutto. Ed è anche una scelta che mi ha permesso quindi di preparare meglio alcune gare, di svolgere meglio gli allenamenti e di ottenere quindi certi risultati. Anzi, diciamo perfino che in queste settimane, susseguendosi in rapida sequenza eventi nazionali e internazionali, sono perfino più le gare degli allenamenti. Ma il prossimo ottobre tornerò a dedicarmi allo studio: in parallelo al tiro a volo, naturalmente.