Giovanissimevolmente: Eleonora Ruta e Cristian Giudici
I campioni del mondo under 21 di Skeet Mixed Team ripercorrono tutte le fasi della loro grande impresa al confronto iridato di Lima
(di Massimiliano Naldoni)
Eleonora Ruta e Cristian Giudici al Mondiale under 21 hanno compiuto un percorso parallelo: dopo una gara individuale con qualche asperità, la prova di Mixed Team è stata invece trionfale e ha permesso alla skeettista di Cisterna di Latina e al suo compagno di squadra di Rieti di assicurarsi meritatamente il titolo iridato in un gold medal match che di fatto è stato un derby azzurro tra due squadre del coach Sandro Bellini: quella appunto di Eleonora Ruta e Cristian Giudici che si è imposta e quella di Arianna Nember e Riccardo Mignozzetti che ha meritato l’argento. Sentiamo allora direttamente dai due protagonisti dell’impresa come è stata vissuta la trasferta peruviana.
Eleonora, la tua gara individuale al Mondiale peruviano non ha avuto certamente l’esito che speravi: che cosa non ti ha permesso di ingranare?
Semplicemente avrei dovuto essere in uno stato mentale migliore: stare più tranquilla e riuscire a limitarmi a fare quello che sentivo di saper fare bene. Invece è intervenuto uno stato d’ansia che mi ha danneggiato. Sono partita anche bene con le serie di gara perché il 23/25 al primo turno era un buon risultato. Ma alla seconda serie si è verificato un fenomeno che poi si è ripetuto anche il giorno successivo nel 19 della quinta serie. Alla doppia alla 4 mi è partito il primo colpo con un leggero anticipo: ho provato a prendere il secondo ma non ci sono riuscita e quindi a quel punto in quella pedana ho lasciato due zeri.
Quella partenza inavvertita del colpo è il segno di una tensione che ha caratterizzato la tua gara?
Sì, lo penso anche io. Magari non in forma cosciente, ma è un fenomeno da ricondurre alla tensione della gara. Nel senso che sei sul campo e ti sembra che tutto vada bene, ma evidentemente a livello inconscio invece non va tutto bene.
Cristian, a proposito della gara individuale nel tuo caso in qualificazione eri partito alla grande con un 25, poi però è emersa qualche difficoltà.
Nonostante la bella partenza, non mi sono trovato subito completamente a mio agio con quel campo di Lima che è un po’ particolare. C’erano momenti in cui si alternava la paura alla tranquillità. Quindi in alcune serie ho fatto molta fatica a gestire tutto quello che provavo nel corso della gara. Gli errori sono stati perciò determinati da questo: dall’alternarsi delle sensazioni. C’era stato qualche segnale di questa situazione anche in allenamento, ma il mio allenatore mi ha trasmesso tanta sicurezza e ha riposto piena fiducia in me e grazie al suo intervento molte sensazioni negative le ho trasformate in positive. Devo dire che le serie più critiche della gara, quelle dei 22/25 per intendersi, le ho sapute gestire anche bene perché in allenamento, quando veniva lo zero, mi innervosivo facilmente e quindi in gara sarebbe potuto accadere che in una serie di zeri ne mettessi anche più di tre. In allenamento, ad esempio, ho fatto addirittura un 18! In gara la pedana che mi ha dato più fastidio è stata incredibilmente la 8 in cui ho fatto due zeri, uno al Pull e uno al Mark: e li ho fatti in occasione dei due 24 ed è stata quindi proprio brutta da digerire. Fra l’altro lì per lì si può dire che quei due zeri non hanno pregiudicato perché sono riuscito comunque ad accedere alla finale, ma in realtà con un punteggio più alto avrei potuto avere anche un dorsale più alto e in finale appunto la storia poteva essere diversa.
Nel tuo caso, Eleonora, quali sono state le pedane in cui hai sofferto maggiormente nel corso del Mondiale?
In quella seconda serie in cui ho fatto due zeri maldestri alla 4 ho sbagliato anche un 7 pull e la 7 è proprio una delle pedane in cui ho sbagliato di più nel Mondiale. E infatti ho dovuto fare un potente lavoro di recupero di me stessa dopo quella seconda serie perché sapevo che non potevo mollare soltanto perché era venuto fuori un 20. Mi sono rimboccata le maniche e sono andata avanti. Ed è venuto fuori fra l’altro il 23 della terza serie che in quel momento mi ha permesso anche di rientrare in gara.
E anche alla quinta serie della qualificazione si è riproposto il problema del colpo partito inavvertitamente?
Sì, anche lì mi è partita la botta alla 4: quasi una replica di quello che era successo il giorno precedente. Ho cercato naturalmente di non farmi prendere dalla rabbia perché significava commettere lo stesso errore per due volte in un Mondiale. Oltre tutto alla quinta serie fino a quella pedana non avevo commesso errori. Naturalmente quell’errore ne ha provocati altri a cascata: alla 7 che è stata appunto un’altra pedana critica, poi ancora alla 4 e anche alla 8.
I problemi alla 4 e alla 7 che hanno determinato il risulato negativo della tua gara individuale erano emersi anche nelle settimane di preparazione?
Il problema alla 4 prima del Mondiale non c’era. D’accordo: uno zero alla 4 poteva anche uscire, però non sentivo di avere un problema tecnico a quella pedana. Alla 7 invece mi sentivo un po’ insicura già nei giorni che hanno preceduto il Mondiale perché quella pedana la si considera tra le cosiddette più facili e allora sono proprio le pedane facili che volte trasmettono l’ansia.
Cristian, che impressioni conservi del Mondiale a qualche settimana di distanza?
Solo adesso lo sto metabolizzando e mi sto rendendo conto di quello che è successo. All’inizio ho stentato un po’ a credere anche soltanto di viverlo direttamente quel Mondiale, perché per un atleta è sempre un bel traguardo. Nell’individuale, appunto, la gara non è andata proprio come avrei voluto, però sono stato contento perché il traguardo che mi ero prefissato prima di partire era quello di andarmela a giocare: di provare a giocarmela in finale. Peccato per qualche zero che in finale è uscito sulla 5, ma ci può stare…
Lo zero al Pull della prima doppia della finale ti ha allarmato?
Non più di tanto perché la 3 era una pedana che stavo soffrendo già da un po’: specialmente nella doppia normale il primo piattello era quello che mi stava creando problemi perché andavo sempre un po’ troppo largo ed è esattamente quello che è capitato in finale su quella prima doppia. Ma devo dire che ho accettato bene lo zero con la consapevolezza che avrei dovuto fare più attenzione nei giri successivi..
Eleonora, dopo la delusione dell’individuale ti sei però riscattata alla grande nel Mixed Team.
Certamente con la gara dell’individuale ero molto insicura e scoraggiata perché non ero riuscita a raggiungere il mio obbiettivo. Quindi ho dovuto velocemente resettare me stessa in vista della gara del Mixed Team. In quel momento ho sentito fortemente la responsabilità nei confronti del mio collega Cristian Giudici: il dovere di non pregiudicare il lavoro della nostra squadra.
I tre 24 della qualificazione nel Mixed Team dimostrano che avevi riconquistato piena padronanza dei tuoi mezzi.
Sì, mi sono sentita di nuovo sicura: è come se fossi riuscita a mandare in archivio la gara individuale e tutti i suoi problemi. Mi sono messa a lavorare a testa bassa come se non ci fosse mai stata la gara dell’individuale.
Come hai vissuto poi la finale in cui il tuo risultato è stato determinante per la vittoria?
In quel momento era anche e soprattutto una sfida contro me stessa: un po’ perché, per quanto idealmente avessi voluto rimuovere il pensiero dell’individuale, comunque sentivo l’esigenza di riscattarmi e poi perché certamente sentivo molto la pressione della gara di Mixed Team. Mi ricordo perfettamente che prima di affrontare le ultime doppie della finale di Mixed Team, quelle decisive, mi sono ritrovata alle spalle di quella pedana, in attesa del mio turno, a parlar con me stessa e a dire quasi a voce alta: Tranquilla, Ele, questa pedana la sai fare benissimo e non ti devi far intimorire. E dopo aver colpito i primi due piattelli ho ripetuto la stessa frase. E quando ho colpito anche quella seconda doppia e ho rivolto lo sguardo a Cristian per esultare, ecco: il quel momento ho capito perfettamente che tutti gli sforzi e tutti i sacrifici di questi ultimi tempi avevano prodotto il risultato.
Anche nel tuo caso, Cristian, la bellissima gara del Mixed Team ha subito dissolto le nubi dell’individuale?
Il Mixed Team è stata una gara in cui con Eleonora abbiamo creduto molto l’uno nell’altra e ci siamo dati molta fiducia. Siamo arrivati a un piattello dal record del mondo, non abbiamo mai mollato e soprattutto non abbiamo mai smesso di credere che avremmo potuto fare una bella gara. Sì, per me è tornato il problema al Pull della pedana 3, ma soprattutto il problema grosso è stato alla 5 quando ho messo in difficoltà la mia compagna con quel grappolo di zeri. Io in realtà sono entrato in pedana tranquillo con la consapevolezza che sapevo sparare quei piattelli. Il problema è che non ho rispettato per niente tutti i movimenti che dovevo fare: ho fatto esattamente tutto il contrario.
Forse ha agito la consapevolezza di essere in corsa per la vittoria?
In realtà non avevo guardato mai il tabellone quindi davvero non sapevo di preciso se stavamo vincendo. Sono stati tre errori che neanche adesso saprei identificare di preciso.
Eleonora, gareggiare per il titolo in un derby contro i tuoi compagni di squadra Arianna Nember e Riccardo Mignozzetti ha reso più facile o più difficile quella finale?
Certamente mi sentivo, per così dire, più a casa perché ad esempio al Campionato italiano di Mixed Team ho affrontato ovviamente situazioni simili. Ma credo che sarei stata comunque la stessa Ele anche se la squadra avversaria fosse stata un’altra.
E per te, Cristian, il derby italiano in finale è stato un vantaggio o uno svantaggio?
Non se più facile o meno facile, ma di sicuro è stata una finale molto bella, perché voglio molto bene sia a Riccardo che ad Arianna, quindi non sono sceso in pedana con l’intento di batterli per forza, ma mi sono dedicato alla nostra gara: la mia e di Eleonora. Tutto sommato ha prevalso la bellezza del nostro sport in quella situazione perché quella finale tutta italiana ha gratificato sia il mio lavoro e quello di Eleonora e anche quello di Riccardo e Arianna. E spero davvero che questa grande bellezza possa capitare a tutti noi ancora tante altre volte.