Fabio Domenico Pipari: quello scudetto è un trampolino
A ventiquattro anni l’atleta di Reggio Calabria ha conquistato il titolo italiano di Prima categoria di Fossa Olimpica e guarda con emozione al suo debutto tra i big della specialità
(di Massimiliano Naldoni)
Gavetta sembra un termine fuori corso nella consolidata cultura odierna del tutto e subito. Invece Fabio Domenico Pipari ha dimostrato di voler dare ancora a quel concetto un valore assolutamente non negoziabile. L’atleta ventiquattrenne di Reggio Calabria è colui che senza troppi clamori nello scorso settembre ha conquistato il titolo italiano di Prima categoria di Fossa Olimpica guadagnando così a pieni voti anche la promozione alla massima divisione. Pipari si era avvicinato al tiro a volo, appena diciassettenne, nel 2017: inizialmente aveva indirizzato il suo interesse al Compak, ma non appena ha sperimentato la Fossa Olimpica, su quelle pedane di Bova Marina in cui aveva già compiuto il suo debutto in pedana nella disciplina non olimpica, ha compreso che quella era la sua specialità. Da allora ha compiuto il suo percorso nel Settore Giovanile e nel primo anno di militanza, da Allievo, si è ritrovato in finale al Campionato italiano. In quell’occasione non riuscì a centrare il podio ma ricevette la conferma che la strada era quella giusta: sempre fortemente incoraggiato dal padre Giovanni che era stato l’artefice del suo avvicinamento al nostro sport. Anche negli anni successivi, ancora nel Settore Giovanile, Fabio Domenico Pipari si è sempre ritagliato un suo spazio di qualità nelle classifiche stagionali. Poi con il passaggio ai Seniores ha saputo far crescere ancora le proprie doti con pazienza. Il transito dalla Seconda categoria alla Prima risale ai mesi a cavallo tra il 2022 e il 2023 e adesso infine – sulle pedane del Tav Roma nello scorso settembre – è arrivato anche lo scudetto di Prima categoria (con 118/125 nelle serie di qualificazione e 42/50 in finale) che proietta l’atleta calabrese dal gennaio 2025 nel frizzante mondo dell’Eccellenza. Si tratta di un altro passaggio di grado conseguito nei fatti con il massimo dei voti proprio in quell’anno che ha visto Fabio Domenico Pipari centrare il successo in numerosi appuntamenti importanti del calendario nazionale: la stagione che si sta concludendo è infatti anche quella che ha visto l’atleta calabrese totalizzare un sonoro 100/100 nel Trap Uno su Nave Garibaldi.
Fabio che cosa ha significato vincere questo scudetto in questa stagione?
Il Campionato italiano è una gara che ha un valore molto importante per tutti coloro che a quella gara partecipano e a maggior ragione per coloro che emergono. Ma per me questa è una vittoria che ha un valore ancora più alto perché nel mio caso in questi mesi, durante tutte le fasi di allenamento, si erano manifestati dei problemi sia di ordine tecnico che di ordine psicologico. Infatti appunto per questi motivi questa stessa annata non era iniziata nel migliore dei modi. È stato poi nel corso dell’anno che sono riuscito a fronteggiare questa serie di problemi e a conseguire gradualmente dei buoni risultati.
Al Campionato italiano sei stato autore di una gara molto regolare, ma c’è stata una partenza un po’ difficile con il 22 della prima serie: che cosa ha determinato quell’avvio in affanno?
Non sono state difficoltà legate ai lanci di quella serie, ma piuttosto difficoltà psicologiche: di approccio alla gara. Mi sono trovato ad affrontare la gara con una certa mancanza di concentrazione, con poca fiducia e invece con tanta tensione. È ovvio che appunto il fatto che si trattasse del Campionato italiano, e quindi di una gara certamente più importante di quelle che ho affrontato durante tutto l’anno, ha accentuato quella situazione. Il primo zero nei primi piattelli della serie di esordio e poi i due zeri in sequenza a metà di quella serie hanno descritto perfettamente questo stato di forte tensione.
Però hai saputo reagire molto bene nelle serie successive con una sequenza di 24.
Sì, ho lavorato su di me nell’intervallo tra una serie e l’altra e anche nel corso di ogni serie. Sono riuscito a trovare l’equilibrio giusto. Nell’intervallo tra una serie e l’altra ormai da tempo adotto lo stesso sistema: un po’ di relax in macchina oppure, se avverto ancora un eccesso di tensione, mi metto a camminare lontano dall’area del campo e magari mi faccio accompagnare dal mio papà, Giovanni, che, mentre siamo in movimento, mi dispensa qualche consiglio. E non ultimo: qualche volta mi confronto telefonicamente con il mio allenatore della palestra, Quintino Latella, che mi sta seguendo per l’alimentazione e per la preparazione atletica, ma che sa anche suggerirmi qualche routine da adottare tra una serie e l’altra.
Come hai gestito poi la finale?
Quando al termine della qualificazione ho visto che il mio punteggio, il 118, era il secondo più alto della gara mi sono tranquillizzato. Ho detto: la prima parte è andata, occupiamoci della seconda parte che è quella più importante. Naturalmente è anche vero che la tensione, nel caso della finale, aiuta a conservare alto il livello di concentrazione, quindi in questi casi occorre riconquistare tranquillità senza però sconfinare in una sorta di rilassamento appagato. La finale è iniziata bene: ho concluso con 22 i primi 25 piattelli, poi però c’è stato un leggero calo di rendimento negli ultimi quindici piattelli e sono stato costretto a stringere i denti.
A Roma, prima della gara, in base alle tue condizioni, avevi fatto una previsione di punteggio per la qualificazione e per la finale?
Di solito non faccio previsioni di punteggio per le gare a cui partecipo. È vero che nelle due settimane prima del Campionato italiano ho rispettato la media del 24, però si sa che in gara e in allenamento c’è uno stato d’animo completamente diverso e ogni piattello è una gara a sé.
Avevi fatto un allenamento a un colpo in vista della finale?
Avevo fatto qualche serie a un colpo, giusto per vedere che tipo di concentrazione occorreva avere e anche per verificare la sensazione che si ha quando si spara un colpo solo, per saggiare la motivazione e la focalizzazione del piattello.
Un tuo collega appena un po’ più giovane in un’intervista ha dichiarato proprio in questi giorni che in allenamento spara per il 70% a un colpo. Che ne pensi?
Posso dire che per me nel raggiungimento del bersaglio in qualificazione c’è un rapporto 50/50 tra prima e seconda canna. La seconda canna resta insomma un elemento importante della mia strategia di gara.
E da domani: Eccellenza…
Sono davvero al settimo cielo all’idea di gareggiare tra gli Eccellenza il prossimo anno e questa prospettiva mi farà dare il massimo. Sono disposto a fare molti sacrifici per dare il meglio di me perché si tratta davvero di un grande risultato. E dirò di più: all’inizio di quest’anno non avrei davvero detto che sarei riuscito a vincere il titolo italiano di Prima categoria.