Foligno: il perfetto allineamento dei pianeti

Capitan Michael Spada e il ct Massimo Allegrucci per Foligno, il coach Renzo Zucchetti per Belvedere e super Francesco D’Aniello per Roma raccontano l’appassionante sfida dell’intersocietario di Trap

(di Massimiliano Naldoni)

La classifica del Campionato italiano delle Società di Fossa Olimpica, per quanto riguarda la Prima categoria vede il team del Tav Foligno (in copertina) al vertice con un largo vantaggio nei confronti delle formazioni avversarie e anche con una sequenza omogenea di punteggi. Ma in realtà la prova della squadra umbra è stata molto tormentata: lo spiegano efficacemente il selezionatore Massimo Angelucci e capitan Michael Spada nell’intervista che vi proponiamo. Con il fuoriclasse del Compak e dello Sporting nel ruolo di quasi inedito leader del Trap, la squadra di Foligno ha totalizzato 549/600 beneficiando delle prove di Leandro Roberto Prado, Francesco Lattanzi, Davide Allegrucci, Alessandro Lince e Michele Nicoletti. Come risulta dal vivace racconto del coach Alegrucci e di capitan Spada, il successo di Foligno è scaturito dall’improvviso allineamento di un gruppo di pianetti che nei fatti, fino ad un attimo prima, sembravano orbitare senza nessuna regola. Ma la grande magia dello sport ha compiuto il prodigio. Nell’occasione però abbiamo interpellato anche Renzo Zucchetti che, con il gemello Roberto, ha guidato il Tav Belvedere alla conquista del secondo posto con il team composto da Antonio Balbi, Gian Vittorio Moreno, Daniele Fedeli, Alessio Righetti, Adolfo D’Artagnan e Pasquale Salvatore. Porta la firma di Francesco D’Anielllo la medaglia di bronzo conquistata dal Tav Roma: con il doublista d’argento di Pechino 2008 impegnato in pedana e qui di seguito a raccontare le sue gesta, questa volta a dar forma ad un prestigioso terzo posto per il sodalizio capitolino hanno provveduto anche Roberto D’Emilia, Emiliano Fedeli, Walter Sforza, Graziano Panella e Amerigo Cristini in staffetta con Raffaele Talamo.

Michael, sei stato protagonista di una prova straordinaria e anche un po’ inattesa nella fossa Olimpica…

Sì, qualcuno si è sorpreso che io sia stato certamente abbastanza brillante anche alla Fossa Olimpica dal momento che sono conosciuto come uno specialista nazionale e internazionale di Compak e di Sporting. Mettiamola così: se hai il fucile in mano tutti i giorni, anche se stabilmente alle prese con i lanci del Compak, allora di certo ti difendi anche al Trap. Ma in realtà non mi alleno neppure mai alla Fossa. E anzi, ho dovuto fronteggiare perfino un inconveniente neanche tanto lieve alla vigilia del Campionato delle Società di Roma. Il giorno prima della gara il fucile che uso per il Trap, che non è naturalmente lo stesso del Compak, ha avuto un guasto. Papà Veniero mi ha procurato allora un altro fucile: un vecchio modello con delle canne leggere da 75, quasi più un fucile da Skeet, a cui ho applicato il mio calcio. Ho fatto soltanto due serie di allenamento il sabato e poi ho fatto tutta la gara con quello. Sapevamo di avere una squadra forte nelle individualità, però non abbiamo fatto allenamenti insieme e avevamo tutti caratteristiche molto diverse. Io, appunto, non sparo mai alla Fossa e ho fatto una sola settimana di allenamento specifico. Altri due elementi del gruppo, Davide Allegrucci e Alessandro Lince, a loro volta hanno sparato pochissimo in questa stagione. Francesco Lattanzi la stagione di Trap l’ha seguita, sì, ma comunque non aveva sparato tantissimo. Gli unici che semmai hanno svolto la loro stagione in modo regolare sono stati Michele Nicoletti e Leandro Prado. Da parte mia ho cercato soprattutto di dare un contributo di esperienza portando la squadra nel vero clima di gara.

La formazione del Tav Foligno con il coach Massimo Allegrucci

139 al primo giro dava però già l’impressione che la squadra girasse bene?

Ma d’altronde la squadra sulla carta aveva tutte le prerogative giuste: basta considerare che anche l’anno scorso abbiamo partecipato al Campionato delle Società più o meno con lo stesso gruppo e siamo arrivati quarti a tre piattelli dalla prima. Il problema semmai, appunto, è che per un anno poi non spariamo insieme! Quel 139 è stato provvidenziale perché fra l’altro nella giornata di sabato per un momento siamo stati a un passo dalla rinuncia: io ho avuto appunto i problemi tecnici che dicevo prima e Davide Allegrucci era uscito proprio male dalle due serie di prova. Il risultato della prima serie di gara, invece, a quel punto ci ha caricato e ci ha aiutato a fare gruppo: che è poi sempre il segreto delle gare a squadre.

Michael, è vero che hai fatto un intervento da vero capitano prima dell’ultima serie?

Sì, devo dire che in quel momento ho preso in pugno la squadra, ma semplicemente per il fatto che nel gruppo sono quello che ha l’esperienza maggiore di gare importanti a livello nazionale e internazionale. So bene quali sono in ogni gara i momenti che contano e, proprio per la lunga militanza in Nazionale sui campi di tutto il mondo, so anche quanto sia difficile gestirli bene. I ragazzi si fidavano molto di me e c’era bisogno di un messaggio preciso: in quel momento occorreva dare tutto. La squadra ha recepito quel mio messaggio e infatti nell’ultima serie siamo stati concentrati dal primo all’ultimo piattello. Ho fatto anche io la mia serie migliore. Ma d’altronde, avevo fatto quel discorso alla squadra proprio per sollecitarli a dare tutto e quindi dovevo dimostrare di essere in grado di dare tutto anche io!

Ma dopo questo exploit vedremo più spesso Michael Spada misurarsi al Trap?

Per dirla un po’ solennemente, ci ho messo una vita, quantomeno una vita sportiva, per creare un personaggio con caratteristiche agonistiche ben definite al Compak e allo Sporting. E quindi il mio mondo è quello. Possiamo dire poi che un atleta che spara al Compak e allo Sporting ai più alti livelli, proprio per le caratteristiche di quelle discipline, all’occorrenza riesce a muoversi abbastanza bene anche nelle specialità olimpiche, ma questo non presuppone un impegno stabile in quelle. Per raggiungere i massimi livelli in un comparto come quello dello Sporting e del Compak a un atleta si richiede impegno costante e non sarebbe possibile condividere il tempo e l’impegno con altre discipline.

Selfie di rito per la squadra di Foligno

Coach Allegrucci, le sue impressioni del dopo-vittoria?

Confesso che era un mio desiderio preciso quello di raggiungere questo successo. Ma sapevo bene, come ogni anno del resto, che siamo un gruppo a cui manca l’allenamento collegiale costante. Quest’anno, poi, mio figlio Davide, dopo le serie di prova, mi aveva detto che lui non sarebbe stato proprio in grado di assicurare un punteggio utile per la squadra e che intendeva rinunciare. Michael, per altri versi, era sulla stessa strada. Nel pomeriggio di sabato ci siamo consultati con Veniero Spada e non sapevamo quasi come fare. Ma nello sport quando le cose devono andare per il verso giusto, poi ci vanno. Sono riuscito a convincere mio figlio e anche Michael e abbiamo deciso di partecipare. Ma non erano finite le disavventure di questa trasferta. Domenica mattina ci muoviamo quasi tutti dall’Umbria per raggiungere Roma. L’unico che era già sul posto fino dal giorno precedente era Michele Nicoletti che la mattina della gara ha avuto la brillante idea di svegliarsi tardi e di arrivare al campo di Lunghezza soltanto dieci minuti prima di andare in pedana. Insomma, tutto continuava a congiurare contro di noi. Per complicare l’avvio di gara, mio figlio Davide, che ha sempre qualche problema con i dritti, al primo piattello della prima serie si è ritrovato ad affrontare proprio un dritto e lo ha sbagliato. Sembrava davvero che le disavventure non finissero mai. Però, poi, è arrivato quel 139 alla prima serie ed è stata la svolta!

La formazione del Tav Belvedere

Coach Zucchetti, prevale la soddisfazione per la medaglia d’argento o un lieve rimpianto per non aver centrato l’oro?

La convinzione mia e di mio fratello Roberto è che quando si va a podio, va sempre bene. Vincere, certamente, ha un altro sapore, ma la medaglia d’argento è molto bella e rimpianti non ce ne sono. Anche perché non è scritto da nessuna parte che si ottiene il podio quando si merita: magari spari bene, ma arrivi quarto e allora sì che è brutto! Diciamo che realisticamente noi due coach della squadra, mio fratello Roberto ed io, nelle ultime settimane avevano la consapevolezza che la squadra meritasse il podio, ma poi è il responso del campo che lo decreta. Anche al Presidente Scaglione e al gruppo dirigente il giorno precedente avevamo effettivamente confermato che la squadra stava sparando bene come nelle previsioni.

Come è avvenuta la designazione del sestetto d’argento di Belvedere?

Con l’osservazione capillare di tutti gli elementi che avevano le credenziali per entrare in squadra. Magari alcuni di loro neppure si accorgono che li osserviamo tutte le volte che sono in gara nell’arco della stagione, ma in realtà per molti mesi Roberto ed io siamo andati in tutti i campi ad osservare e a fare le nostre considerazioni. Non è però una valutazione solo aritmetica: anche in questa squadra abbiamo designato almeno un paio di atleti che non avevano proprio i numeri dalla loro parte, ma sapevamo che sul campo di Roma avrebbero potuto offrire una bella prova. Se ti fermi ai numeri, rischi di considerare quegli atleti che sul campo di casa ti producono sempre il 49/50, ma che poi di sicuro non replicano quel punteggio in un’altra sede. Insomma, ci vuole più esperienza che calcolatrice…

Che cosa ha determinato il calo di rendimento della terza serie che in realtà ha poi pregiudicato la vittoria?

Un improvviso cambiamento delle condizioni di luce. È andato via il sole proprio in concomitanza con la nostra terza serie e alcuni atleti non sono riusciti a individuare bene i piattelli. Non è stato neppure un problema soltanto nostro. Ad un’analisi generale dei punteggi si vede che anche altre squadre sono calate nel rendimento in quel momento di trasformazione delle condizioni di visibilità.

Il podio del Campionato italiano delle Società di Prima categoria di Trap con Foligno al vertice davanti a Belvedere e Roma

Francesco, un podio in casa è una soddisfazione anche maggiore?

La soddisfazione più grande sono i complimenti di tanti atleti e quando ti senti dire dai dirigenti dei campi più importanti d’Italia: è stato veramente un piacere sparare qui, ci siamo davvero divertiti. Quello va a compensare tutti i sacrifici che fai dalla mattina alla sera. Sul piano agonistico, non è stato facile perché quattro sesti della formazione erano, sì, il blocco fondamentale e già designato, ma altri due atleti li ho letteralmente raccattati all’ultimo momento. Amerigo Cristini e Graziano Panella per i loro impegni di lavoro non possono essere presenti in maniera regolare e perciò era impossibile considerarli titolari con molto anticipo come invece è avvenuto per gli altri. Raffaele Talamo, che ho designato come riserva, mi ha assicurato che tutta la gara l’avrebbe affrontata con difficoltà, ma sarebbe stato in grado di offrire il meglio di sé per due serie. E allora ho previsto la staffetta di Talamo con Cristini a metà gara ed è stata una scelta azzeccata: Raffaele ha fatto un 24 alla terza serie e un 22 alla quarta. Per tutti questi motivi sapevo però che ambire al podio era difficile. Non siamo partiti alla grande: alla prima serie devi rompere il ghiaccio, poi senti sempre un po’ l’effetto di giocare in casa. Io stesso mi sono un po’ innervosito: ho fatto tre zeri in sequenza e non avevo mai fatto prima un triciclo in carriera. Poi però mi sono ricomposto: sapevo che dovevo dare fiducia alla squadra e infatti da quel momento il gruppo ha ritrovato il giusto ritmo di marcia. D’altronde ero certo che se funzionava a dovere l’unità della squadra e il gruppo sfoderava la grinta giusta, in un posto sul podio ci si poteva sperare. La media del 23 all’ultima serie è stata poi determinante per quella medaglia. E allora l’ho fatto presente subito ai ragazzi: non abbiamo perso il primo posto e neppure il secondo, ma abbiamo vinto il terzo!

Foto: Katiuscia Spada/Tav Foligno, Tav Belvedere, Tav Roma